Il mondo della moda e del lusso è indubbiamente uno dei più colpiti dalle conseguenze della pandemia del Covid-19. In un rapporto pubblicato un paio di giorni fa (e che potete leggere qui) Bain stima che i ricavi del settore personal luxury goods nel 2020 potrebbero calare nei diversi scenari ipotizzati da un minimo del 15% a un massimo del 35%. Si tratta di una stima che significa, nello scenario peggiore, la scomparsa di un centinaio di miliardi di dollari di fatturato (!).
Quello che preoccupa di più non sono le inevitabili conseguenze della chiusura forzata dei negozi, quanto la (comprensibile) perdita di interesse dei consumatori per gli acquisti fashion testimoniata dal forte calo registrato anche dalle vendite on line. Un recentissimo studio di McKinsey sul mercato americano (disponibile qui) evidenzia infatti come le vendite di moda on line fossero crollate mediamente del 20% due settimane fa per passare a un -30% nella scorsa settimana.
Che non si tratti solo di un problema legato alla impossibilità di procurarsi il prodotto lo rivela del resto quanto riportava qualche giorno fa WWD su Target, una delle catene che tiene aperti i negozi perché vende prodotti di prima necessità. Per questo retailer le vendite di abbigliamento nel mese di marzo sono calate del 20% a fronte di un incremento degli acquisti food del 50%. Numeri sostanzialmente analoghi sono stati citati relativamente al mercato europeo da Emanuele Pedrotti di McKinsey in un seminario che si è tenuto giovedì e sul mercato italiano l’ultima ricerca McKinsey (disponibile qui) rivela che il 75% dei consumatori italiani prevede di ridurre ulteriormente nelle prossime due settimane gli acquisti di abbigliamento (per accessori e gioielli il dato è ancora peggiore).
Non vanno molto meglio le cose sul mercato cinese, un mercato che oltre a essere il traino dei consumi del lusso mondiale è anche più avanti degli altri sulla strada verso il superamento della pandemia. Nel corso del citato seminario McKinsey Daniel Zipser, un Senior Partner basato a Shenzen, ha spiegato che nonostante i consumatori cinesi siano mediamente ottimisti sulla ripresa post COVI-19, fin qui oltre un terzo ha azzerato gli acquisti di beni discrezionali. Una ricerca di China Luxury Advisors citata su WWD di oggi conferma che il 59% dei consumatori cinesi intende ridurre quest’anno gli acquisti di abbigliamento e borse di lusso.
Le conseguenze di questo fenomeno per il settore della moda e del lusso nell’anno in corso saranno inevitabilmente devastanti, basti pensare al fatto che negli ultimi giorni si parla insistentemente del possibile imminente fallimento di Neiman Marcus, l’azienda che possiede anche il leggendario Bergdorf Goodman. Non sarà la fine di un settore, ma per sopravvivere le aziende dovranno adottare strategie molto diverse da quelle attuali; io dall’analisi dei report e le ricerche di questi giorni ne ho identificate quattro:
1. Riscoprire il cliente locale. La crescita della moda e del lusso è stata trainata negli ultimi anni dagli acquisti dei “global shopper” (soprattutto cinesi) in giro per il mondo. Ora la sopravvivenza dei punti vendita è legata alla capacità di fidelizzare in primo luogo la clientela locale, il cliente abituale che forse negli ultimi anni qualcuno ha un po’ trascurato. Questo scenario apre prospettive interessanti anche per la distribuzione attraverso i retailer plurimarca, in particolare nelle città non coperte dai grandi brand.
2. Mettere i valori al centro. Nel post di inizio anno (che potete rileggere qui) avevo citato sostenibilità ed etica come i temi centrali per la moda del 2020. L’esperienza drammatica che stiamo vivendo accentuerà la sensibilità dei consumatori verso questi temi e verso il modo in cui i brand stanno rispondendo alla crisi sostenendo i collaboratori e la collettività.
3. Arricchire le esperienze on line. Uno dei vincitori di questa crisi sarà sicuramente l’ecommerce, destinato ad accelerare la conquista di quote di mercato. In un lusso nel quale la componente esperienziale resta centrale, è importante lavorare per rendere più ricche e gratificanti le esperienze on line: l’esplosione di iniziative di questi giorni dalle dirette Instagram agli aperitivi Zoom indicano alcune possibili direzioni di marcia.
4. Rivedere le collezioni. Su questo fronte c’è un tema di breve termine e uno di lungo. Nel breve termine le abitudini di queste settimane di lavoro da casa avranno indubbiamente un riflesso sul modo di vestirsi che vede una ulteriore accelerazione dello sportswear, se non addirittura del loungewear. Nel lungo termine si assisterà invece a quello che Antonio Achille di McKinsey descrive come uno spostamento “dal bling bling al fashion for yourself”, un ritorno all’essenzialità e alla sostanza. Come ha dichiarato Alessandro Dell’Acqua in un’intervista sul Corriere della Sera di sabato “troppe collezioni, ci stiamo rendendo conto che tutti questi vestiti non servono”; ci attende un periodo in cui vincerà chi saprà fare meglio e meno.
PS Ringrazio Antonio Achille, Senior Partner McKinsey, per gli spunti stimolanti che mi ha offerto nel corso del seminario che la sua azienda ha organizzato su questi temi giovedì scorso.
Era ora! Basta con il lusso e vestiti portati solo una volta ed impagabili! Basta con gli armadi pieni di accessori e di straccetti, borse firmate, gioielli nascosti nelle casseforti, scarpe di tutti I tipi. I jeans stracciati, una derisione alla poverta’. La moda non deve piu’ manipolare la gente. Ben venga il made in Italy, la qualita’ Italiana accessibile a tutti, variopinta, personalizzata.!
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Molto interessante il connubio ecommerce e “mettere i valori al centro” che pone l’accento sull’importanza, ormai non più trascurabile, sulla cura di un e-commerce utile alle vendite, alla comunicazione, e soprattutto piacevole per il visitatore, enfatizzando l’esperienza connessa al brand e magari facendolo divertire, sfruttando i nuovi design per i siti web e aggiungendo un pizzico di gamification. La comunicazione del sito web, social network è fondamentale per mantenere vivo il ricordo del brand, permettendo un’interazione sempre più apprezzata, oltre alle notevoli pubblicità contemporanee che pongono l’attenzione sulla dura realtà legando il tema della sostenibilità ed etica ai valori del brand , un esempiop calzante anche se non dal mondo lusso è Barilla.
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