Simona, Pittarosso e il retail management

Vi è piaciuta la pubblicità di Pittarosso con Simona Ventura? Chi ha risposto sì a questa domanda può iniziare a fregarsi le mani perché è in arrivo la nuova pubblicità che vede insieme Simona Ventura e il retailer padovano. Chi ha risposto no, invece, si prepari semplicemente a cambiare canale. La cosa interessante per chi si occupa di marketing, però, è che sono pochi quelli che a un anno di distanza avranno risposto di averla dimenticata o, addirittura, di non averla notata.

pittarosso_03A una pubblicità che non aveva il compito di posizionare il brand, ma quello di far sapere ai consumatori che l’azienda esisteva e che aveva cambiato nome, non si poteva francamente chiedere di più. La viralizzazione delle parodie sullo spot con la Ventura (per coerenza con la policy di questo blog non è possibile dire qui quale è stata la più cliccata, con centinaia di migliaia di visualizzazioni …) ha contribuito ad ottenere dei risultati straordinari in considerazione del budget investito sull’operazione. Lo spot può piacere o non piacere, ma visto che sicuramente non offende nessuno e non contiene elementi eticamente controversi, ben vengano il dibattito sui social network e l’ironia di chi l’ha considerato una icona del trash dando vita a fenomeni bizzarri come l’abitudine di scattarsi dei selfie all’entrata dei negozi insieme alle gigantografie di Simona Ventura.

È questo uno dei temi che più ha incuriosito i numerosi studenti di Economia accorsi lunedì all’Università di Padova per ascoltare Andrea Cipolloni, amministratore delegato di Pittarosso e regista del recente boom dell’azienda. Tra i tanti spunti interessanti offerti dall’intervento ci sono però almeno altre due scelte manageriali che meritano di essere sottolineate perché per molti versi vanno contro alle pratiche gestionali adottate, spesso acriticamente, nella maggior parte dei retailer.

In primo luogo l’azienda ha tolto l’enfasi (e la centralità che di solito questi ricoprono nei sistemi di incentivazione) dai risultati dei singoli punti vendita. Chiaro che il monitoraggio dei KPI resta importante, ma il sistema di incentivi che guida tutti i manager Pittarosso, dallo store manager di Brescia all’Amministratore Delegato, è incentrato esclusivamente sui risultati a livello aziendale: niente più obiettivi parziali individuali o di negozio. In Pittarosso si ritiene che questo sia l’unico modo per chiarire senza ambiguità che in fin dei conti fatturato ed Ebitda dell’azienda sono più importanti dei risultati dei singoli negozi; gli effetti di questa scelta si vedono tra l’altro quando è necessario spostare merce da un punto vendita all’altro per ribilanciare gli stock, o quando si deve sottrarre a un negozio del valido personale di vendita per gestire una nuova apertura. Pensare ai risultati aziendali invece che a quelli del singolo negozio serve allora a superare le abituali resistenze degli store manager in questo genere di situazioni.

La seconda scelta interessante sulla quale riflettere è l’aver bandito dalle politiche di vendita il cross-selling che per tanti retailer è invece uno dei mantra di ogni percorso di formazione per il personale di vendita. L’azienda ritiene che il cliente entrato in negozio per spendere 50 euro per un paio di scarpe che esce avendo speso invece 100 euro per averci abbinato una cintura e un portafogli non sia un cliente soddisfatto, ma una persona che rischia di torna a casa con la sgradevole sensazione di aver speso troppo. Per sviluppare e mantenere una relazione di fiducia di lungo periodo con il consumatore, quindi, il retailer padovano preferisce rinunciare a qualche pezzo per scontrino in più, soprattutto quando questo è conseguito con tattiche di vendita aggressive. Quel che viene perso in termini di pezzi per scontrino verrà recuperato più avanti attraverso una più elevata frequenza di visita dei clienti fidelizzati.

Strategia di comunicazione, sistemi di incentivazione, politiche di vendita: si tratta di un nuovo modello da imitare per i tanti retailer messi in difficoltà da consumatori meno disposti a spendere?

24 pensieri riguardo “Simona, Pittarosso e il retail management

  1. Se dovessi associare un aggettivo alla pubblicità di Pittarosso direi: Fantastico!!!
    Quale strategia di comunicazione migliore se non un bel flash mob con un leader d’opinione come Simona Ventura? Direi binomio perfetto…sono convinto che tale strategia sia entrata nella mente di tutti e questo ha portato sicuramente ad ottenere maggiori ingressi negli store Pittarosso.
    Dopodichè se il prodotto è anche valido le vendite arrivano senz’altro…
    ma nonostante ciò ribadisco che la strategia comunicativa è importante…. Sono sicuro che se vi cito alcune frasi comunicative che hanno fatto la storia della pubblicità in TV riconoscerete subito di chi si tratta:
    Notti calde, sogni belli, filtrofiore ………
    Bella,buona, sana, ………
    …………….., Sapore vero!
    Sono convinto che tutti avrete indovinato, bene anche in questo caso sono stati molto bravi a trasmetterci il valore della marca. Per questo puntiamo molto sulla strategia comunicativa.
    Per rispondere ad un’altra domanda, non sono d’accordo nel bandire il cobranding anzi sono assolutamente favorevole alle strategie di cobranding perché intanto il brand da associare me lo scelgo e quindi chiederò ai migliori… inoltre se poi il cliente è davvero interessato ad un prodotto da associare perché devo perdermi la possibilità di aumentare lo scontrino medio?

    Lorenzo Scaglione

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  2. Il superamento del cross-selling è un chiaro esempio della politica customer-oriented di Pittarosso: il consumatore ormai è consapevole di ciò che vuole e di certo non ha bisogno di un tartassante commesso che, oltre alle scarpe, gli faccia provare ogni tipo di soletta in assortimento!
    Certo, le vendite sono la base per un’azienda retail ma un approccio un po’ più soft rispetto a quelli adottati dai competitors (ad esempio Foot Locker) non può che giovare perchè permette di differenziarsi agli occhi dei consumatori.

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  3. A mio parere la strategia di “fidelizzazione” adottata da Pittarosso non si evince solamente dall’abolizione del cross-selling. Infatti, i clienti Pittarosso possono sentirsi non soltanto fidelizzati ma addirittura compresi ed “aiutati” nell’acquisto grazie ad alcuni elementi presenti nella struttura organizzativa dei punti vendita che permettono all’ambiente di incentivare il consumatore a trasformarsi in consum-attore.
    Ad esempio, come raccontatoci da Andrea Cipolloni, nei negozi Pittarosso possiamo trovare aree appositamente dedicate ai bambini e alle loro mamme. In questi spazi forniti di pannolini, fasciatoi e scalda biberon, le mamme possono sentirsi molto più che semplici clienti, quasi “coccolate” e sicuramente capite. Tutto ciò agevola il momento dell’acquisto e può fare la differenza rispetto a un altro punto vendita competitor sprovvisto di un simile servizio. Questo valore aggiunto sarà fondamentale nella fase del post-acquisto e potrà essere determinante soprattutto nelle decisioni riguardanti gli acquisti futuri. Una famiglia con bambini piccoli sarà sicuramente più incentivata ad andare a fare compere in un negozio che pensa ai loro bisogni e alle loro necessità rendendo l’acquisto non semplicemente fine a se stesso ma una vera e propria esperienza e come tale da ripetere e da preferire.

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  4. Personalmente non ho gradito in modo particolare lo spot Pittarosso lanciato l’aprile scorso con Simona Ventura. Certo che però, come da lei sostenuto, ha pienamente centrato il suo obiettivo: far parlare del brand e far conoscere l’azienda. Risultato pienamente riuscito! Il web in generale e in particolare i social hanno fatto il resto, agendo da cassa di risonanza: io stesso ho guardato per la prima volta la pubblicità dopo averne letto commenti e giudizi online. Come sottolineato dallo stesso AD Andrea Cipolloni, la presenza sui social è ormai considerata a tutti gli effetti una attività core in molte imprese, e i social feedback –cattivi o positivi che siano- ricoprono un ruolo chiave. Gli ottimi risultati del 2014 lo confermano.
    Per quanto riguarda la rinuncia al cross selling, ritengo sia una scelta strategica particolarmente interessante. In un periodo economicamente non così florido, un atteggiamento aggressivo nei confronti del cliente può risultare controproducente: una filosofia customer oriented, incentrata sulla fidelizzazione e sulla cura del cliente stesso, può rappresentare una valida alternativa. L’enfasi posta sulla soddisfazione del cliente è una strategia che alla lunga può risultare vincente e avere un effetto benefico sia sul valore del ciclo di vita del cliente medesimo che sulla customer equity. Penso però che vada sottolineato come una scelta simile sia possibile anche grazie ai risultati di bilancio (e alle previsioni) particolarmente positivi di Pittarosso, che gli permettono di rinunciare con maggiore serenità a un ricavo oggi, in vista di un maggior guadagno futuro.

    Francesco Di Fonzo

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  5. Pittarosso il gruppo calzaturiero retail alla luce dei risultati eccellenti ottenuti con una strategia di gestione in controtendenza rispetto alla gestione canonica d’impresa, ritengo possa considerarsi un case study per una pluralità di elementi.

    1. Viene lanciata una campagna di comunicazione che rispetto alla tendenza attuale ed alla filosofia aziendale precedente, passa da una pubblicità del tipo storytelling con la famiglia Cappi e payoff :” Scarpe per tutta la famiglia” , ad una pubblicità basata solo su un testimonial e priva di customer retentation, con payoff: “Scarpe a più non posso”, cambiando il target di riferimento e generando numerose critiche dai media e dagli esperti di comunicazione, arrivando perfino a forme di subvertising.

    2. I key performance indicators che non vengono più utilizzati a livello individuale, di punto vendita o di area, cambiano radicalmente la valutazione della performance per la politica retributiva, annullando la competizione interna stimolo per la crescita professionale e per la conseguente qualità del servizio offerto al consumatore.

    3.Viene meno il cross-selling. Questa strategia per rendere più redditizia la base clienti non deve essere considerata come “un disturbo” per il cliente ma come una proposta complementare che in un’ottica di customer engagement mi permette di esprimere in modo completo il lifestyle proposto dal mio punto vendita, a vantaggio della customer satisfaction, e quindi evitando che l’acquisto si riduca ad un semplice rapporto mercenario.

    La gestione d’impresa di Pittarosso vuole dunque essere un esperimento pilota, con la funzione di tentare nuove soluzioni e di aprire nuove prospettive, mettendo in discussione regole consolidate, che devono pertanto essere riscritte?

    Jessica Beltramini (TEM 2° anno)

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  6. PittaRosso “scarpe a più non posso”: uno spot molto espressivo ed accattivante per il cliente che enfatizza i prodotti dell’impresa, anche grazie ad un uso molto accurato del colore e del suono. Certamente, anche la scelta di avvalersi di un testimonial noto come Simona Ventura ne facilita la diffusione e la memorizzazione da parte dei consumatori.

    L’azienda non solo ha modificato il nome passando da Pittarello Rosso a PittaRosso, ma ha anche intrapreso due strategie rivoluzionarie rispetto alla precedente gestione.

    In primo luogo, ha spostato la focalizzazione da risultati parziali relativi al singolo punto vendita ad obiettivi di performance globale, superando così le ostilità interne tra i singoli negozi e consentendo all’azienda di concentrarsi maggiormente nella cura del cliente, aiutandolo nel processo d’acquisto.

    Inoltre, la decisione di rinunciare al cross-selling rappresenta un ulteriore step compiuto da PittaRosso per fidelizzare il cliente ed instaurare con lui una relazione profittevole di lungo periodo. No quindi alle politiche aggressive volte ad aumentare il fatturato attuale, sì invece alle politiche più moderate che non mettono pressione ai cliente ma che consentono all’azienda di ottenere migliori performance nel futuro.

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  7. Nonostante lo spot pubblicitario girato con Simona Ventura, personaggio conosciutissimo e molto discusso dagli Italiani, non sia stato apprezzato da molte persone, Pittarosso ha sicuramente raggiunto il risultato sperato e ha saputo gestire in maniera efficiente le risposte del pubblico. Gli addetti ai profili social dell’azienda hanno fatto in modo che il fenomeno si facesse pubblicità da solo, senza censurare i commenti negativi e selezionando alcuni video dal web di coloro che riproponevano il balletto della Ventura in modo scherzoso. È stata molto apprezzata, inoltre, la scelta del testimonial: Simona è stata capace di non farsi influenzare troppo dall’opinione dei collegni, anzi, ha dimostrato più volte la sua convinzione e professionalità per il progetto, rispondendo a tono ai giornalisti che l’avevano derisa.
    Ciò che sta davvero aiutando la crescita di Pittarosso, secondo il mio punto di vista, è la rinuncia al cross-selling. La maggior parte dei consumatori sa di non poter spendere troppo quando si trova in negozio e il fatto che l’azienda abbia capito questa esigenza, aiuta il processo di fidelizzazione. Il cliente che questo mese ha comprato un paio di scarpe e ha speso poco, il mese successivo tornerà per un nuovo acquisto, felice dell’esperienza positiva precedente. Si parla di costumer lifetime value e per aumentare questo valore, Pittarosso sta distribuendo delle carte fedeltà con cui i clienti possono sia fare una normale raccolta punti sia essere informati via mail sulle offerte nei punti vendita a loro vicini.
    A mio avviso, l’azienda si sta muovendo nella giusta direzione soprattutto per il sistema di incentivazione applicato con delle buone premesse affinchè la crescita continui.

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    1. Onestamente credo che l’attuale politica di marketing targata Pittarosso sia orientata verso “tempi migliori”: a livello di fatturato, che poi è ciò che conta, cambia poco se un cliente spende 3 euro in unica soluzione ogni sei mesi venendo spremuto via cross-selling oppure se lo stesso spende 1 euro ogni due mesi nei negozi Pittarosso.
      Il beneficio di una politica anti cross-selling emergerà quando finalmente l’economia si rivitalizzerà ed i clienti preferiranno entrare a spendere la loro ritrovata ricchezza nei negozi di un retailer all’apparenza più attento a loro durante l’ultimo periodo di contrazione economica. Sperando di non essere troppo bucolico penso sia meglio una gallina che per cinque anni fa uova rispetto ad una messa a bollire a pochi mesi dalla sua nascita.
      Per quanto riguarda le nuove linee guida concernenti le strategie di comunicazione ed i sistemi d’incentivazione penso che si tratti di passaggi propedeutici ad un eventuale futuro da player globale nel settore delle calzature: un’ottica provincialistica avente come focus ogni singolo punto vendita porterebbe l’azienda verso morte certa.
      Quindi al quesito “si tratta di un nuovo modello da imitare…?” rispondo con il più ovvio “Dipende”. Senza elencare tutti i “dipende da…” quello secondo me più importante è: dipende dalle ambizioni del management e di tutta l’azienda nel suo complesso.

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  8. Lo Spot di PittaRosso, a mio parere, è stato geniale proprio perché percepito terribile. Il successo proviene dal jingle martellante e dalla notissima testimonial Simona Ventura, elementi non facilmente dimenticabili che sono riusciti a far scattare nel pubblico un’emozione, seppure essa sia stata negativa per molti. Anche chi non avesse gradito lo spot non sarebbe comunque riuscito a ignorarlo, visto il ritmo con cui la campagna è stata trasmessa. È da segnalare però che ci troviamo davanti ad un caso sicuramente anomalo: l’obiettivo dell’iniziativa è sempre stato quello di far conoscere il nuovo nome dell’azienda e non quello di ‘elevare’ il marchio. Per questo semplice motivo l’enorme successo di PittaRosso è difficilmente imitabile, in quanto si avrebbe di sicuro un trade-off tra conoscibilità e percezione del marchio.
    Per quanto riguarda l’eliminazione del cross-selling allo scopo della fidelizzazione del cliente, ritengo che l’azienda sia pienamente da emulare. PittaRosso ha creato un modello di business customer oriented sia per l’introduzione di facilities per i clienti, sia attraverso l’abolizione di politiche di vendita aggressive verso il consumatore che potrebbero potenzialmente farlo sentire insoddisfatto. Puntare quindi verso la fidelizzazione piuttosto che all’incremento del margine di vendita può essere una buona soluzione per il retail system in crisi, è però chiaramente essenziale non sottovalutare il periodo di tempo necessario perché la politica dia i suoi frutti: in questo caso il calo delle vendite è comunque supportato da un alto fatturato ed una situazione sana.
    Annaclaudia Cherubin

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  9. Quale migliore tecnica per trasmettere all’opinione pubblica la nuova immagine del proprio brand se non quella di associarlo ad un personaggio che alla stessa opinione pubblica è sicuramente noto? Secondo la mia opinione la scelta di Simona Ventura per lo spot è stata del tutto appropriata proprio per il fatto che è uno di quei personaggi che, pur non godendo della stima univoca di tutta la popolazione, è sicuramente conosciuto da quasi tutta l’audience e le fasce d’età per i programmi che ha condotto. Si crea così una relazione biunivoca tra il personaggio e l’azienda, con l’eclatante risultato che dopo qualche mese “pittarosso” è sulla bocca di tutti. Cosa aspettarsi di più da una pubblicità?
    Per quanto riguarda le questioni un po’ più tecniche, penso che il passaggio da un’ottica focalizzata sul singolo punto vendita a una di livello aziendale sia la scelta migliore in un’azienda di queste dimensioni. L’obiettivo principale di un’impresa è infatti quello di ottenere un risultato positivo distribuito in modo omogeneo fra tutte le sue parti. Lasciare che singole parti di una azienda perseguano i propri obiettivi parziali è molto rischioso: il pericolo infatti è quello di perdere di vista l’obiettivo generale, ossia una sana sopravvivenza di tutto l’apparato, che è sicuramente il più importante di tutti. Certo, un cambio di mentalità così repentino non è facile da digerire, soprattutto da parte di quei retailers che prima sfoggiavano risultati positivi: però sicuramente a lungo andare i benefici ripagheranno il sacrificio.
    L’abbandono della politica di vendita basata sul cross selling può essere visto a mio parere in un’ottica “costumer-friendly”. Bisogna partire dal presupposto che andare in un negozio di abbigliamento è diverso dall’andare in un supermercato. Qui infatti l’acquisto di uno o due prodotti in più rispetto al necessario non fa molta differenza, quando invece si entra in un negozio di abbigliamento e si acquista il superfluo l’effetto non è sicuramente lo stesso. I manager di Pittarosso hanno quindi compreso che è sicuramente più redditizio un cliente reso soddisfatto da un servizio eccellente nel punto venduta piuttosto che un cliente che ha speso di più ma che si sente insoddisfatto. Il motivo è presto detto: nel primo caso ripeterà l’acquisto, nel secondo quasi sicuramente no.

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  10. A mio parere sono state adottate tre strategie azzeccatissime.
    Da un lato si è voluto rendere consapevole il consumatore dell’ esistenza di Pittarosso con una pubblicità che ha attirato fortemente l’ attenzione, anche se ad alcuni può non piacere.
    Poi con una strategia di raggiungimento di obiettivi a livello aziendale e non a livello di singolo punto vendita si è assicurata la procedura di sviluppare le proprie strategie in modo coordinato e sinergico. Infine una scelta di non adottare il cross-selling ha posto le basi per fidelizzare maggiormente il cliente.
    Penso che queste strategie porteranno ottimi risultati a livello aziendale.

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  11. “Pensare fuori dagli schemi”, è questo il messaggio lasciato trasparire durante la conferenza del ceo Andrea Cipolloni, fautore del passaggio da Pittarello a Pittarosso. Con un’azzeccata campagna pubblicitaria il passaggio è stato graduale ma efficace.
    Il cambio di immagine (da uno stile aggressivo e deviante ad uno più centrato sulle vere famiglie italiane) è stato celebrato dal famoso (e fortemente parodiato) spot con Simona Ventura. Ammetto di aver odiato uno spot così martellante ma il tema del cambiamento è rimasto impresso, forte e palese, “Non più Pittarello ma Pittarosso”. L’impresa leader ha poi manifestato il desiderio di mostrare le profonde radici nella cultura del design italiano attraverso il mantenimento del prefisso “Pit-” che rimanda all’ormai diversa Pittarello.
    Fondametali nel diversificarsi l’abbandono dell’attività aggressiva e sfiduciosa per il cliente del cross-selling, a dimostrare quasi una maggiore propensione al “coccolare” il cliente (scardinando una delle pietre miliari del marketing); illuminante l’apertura del nuovo negozio a Marcianise (CE) con sconti fino al 60%. Il tutto con lo scopo ultimo di rendere noto al consumatore questo fattore di cambiamento, quasi anteponendo al profitto una maggiore considerazione del cliente e delle sue esigenze, un tentativo azzeccato di rendersi noti e al contempo creare una relazione di fiducia con acquirenti, acquisiti e potenziali.
    Pittarosso, inoltre, diviene sempre più europea passando all’ambiziosa idea di gettarsi nel commercio francese (affiancando i big retailers già presenti) mantenendo però il made in Italy ed esportando quindi il lifestyle tipicamente italiano. Sicuramente un percorso ambizioso ed innovativo quello dell’ad di Pittarosso, ma dati alla mano ci si può rendere conto di come migliore scelta non possa essere stata effettuata.

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  12. Un detto recita: “Non importa che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli.” Anche se magari non è proprio a questo che il team di Pittarosso aveva pensato prima di sponsorizzare il suo nuovo nome, di fatto lo spot-tormentone è stato utile come trampolino di lancio per tuffarsi nelle menti degli italiani in maniera più o meno positiva. Il caso Pittarosso è emblematico nel dimostrare di come gli uomini di Marketing debbano far fronte ad un ambiente in continua evoluzione sempre più imprevedibile, in grado oggi di renderti il re del tuo settore e domani di farti perdere in borsa il 10%.
    E’ proprio per questo motivo che giudico in maniera positiva le linee guida aziendali nei confronti di tutti quei soggetti che entrano in contatto con l’azienda, in primis clienti e dipendenti. Questi costituiscono la parte più “calda” proprio di quell’ambiente giudicato imprevedibile, e sarebbe sbagliato sottovalutarne il loro ruolo. Lo spirito di squadra è fondamentale per raggiungere obiettivi di alto livello e creare la giusta motivazione all’interno delle unità organizzative coinvolte: la positività all’interno di un gruppo viene così diffusa all’esterno e va a produrre benefici nei confronti dei clienti. L’attenzione a questi è il pilastro fondamentale del commercio, ma probabilmente non tutti i retailer ne sono ancora oggi consapevoli. Dal saluto all’ingresso del punto vendita, dall’attenzione nel post-vendita fino alla comunicazione nei social network, il cliente deve poter “toccare con mano” la qualità del prodotto a 360 gradi, che non si riconduce al mero acquisto della calzatura. Il comportamento “bandito” del cross-selling denota, per l’appunto, l’attenzione verso la qualità, anche psicologica, dell’acquisto piuttosto che l’orientamento al mero fatturato, strategia percepita positivamente dal cliente.

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  13. “Pittarosso: scarpe a più non posso” oserei definirlo martellante, per certi versi anche assillante ma non per questo non pervasivo ed efficace. Anche se personalmente non ho amato questo spot, non si può negare che sia impossibile da notare e soprattutto da dimenticare. A quest’aspetto ha, infatti, contribuito sia il motivo musicale, sia i colori, sia la presenza di una testimonial molto nota come Simona Ventura, sia la semplicità di uno slogan catching che risulta di facile memorizzazione. Si può, infatti, sostenere che tale pubblicità sia riuscita a strappare l’attenzione del pubblico, pur correndo, tuttavia, il rischio di esaurire rapidamente l’accoglienza favorevole. A mio parere è stata creata una pubblicità adeguata all’obiettivo di far conoscere l’operazione di re-branding: nello scenario attuale s’impone (aspetto enfatizzato pure dagli stessi movimenti di danza e dai colpi di color rosso) Pittarosso. E, da non tralasciare, nel bene o nel male, sono pure le parodie che sono sorte in seguito e che hanno alimentato ulteriormente il passaparola del cambio di nome.

    Inoltre, in parallelo all’operazione di re-branding, nell’ottica di cambiamento, sono state adottate dall’azienda altre due importanti strategie da non sottovalutare.

    La prima, consistente nell’adozione di una visione generale, reputo sia adeguata alla focalizzazione dell’intenzione principale di prendersi cura del cliente, creando coesione e collaborazione tra i vari negozi ed evitando, perciò, comportamenti, derivanti da una visione parziale, che possono rendere difficoltosa l’iterazione con il pubblico, a seguito di rigidità o di trasposizione dei fini, e che possono fanno perdere di vista il fine ultimo dell’organizzazione.

    La seconda, invece, mirata a evitare il cross-selling, è una tattica che può essere apprezzata dal consumatore, che reputa l’insistenza del negoziante una qualità sgradita. Questo nuovo modo di vivere il brand potrebbe essere visto positivamente in un periodo di crisi. Infatti, all’interno di un negozio Pittarosso, le persone non si sentono semplici “portafogli da svuotare” né tantomeno sotto pressione perché devono comprare. Si evita allora di bersagliare la clientela con proposte di vendita dietro alle quali si celano solo intenti lucrativi e non rivolti direttamente alla persona in sé, al fine di far sì che il cliente ritorni in negozio più volentieri in modo da instaurare relazioni di valore con il cliente stesso.

    Si tratta allora di un nuovo modello da imitare? Dipende dal contesto e da cosa si vuole raggiungere. Innanzitutto la strategia di comunicazione è efficace con riferimento all’obiettivo di rendere noto il nuovo marchio, ma, non la vedrei adatta a un’impresa che persegue altri scopi come, per esempio, il posizionamento del proprio brand. Infine, per quanto concerne il divieto di cross-selling, trovo sia un’idea geniale, tuttavia, non è l’unica strada percorribile. In un periodo dove il cliente ritrova il piacere di essere austero altre aziende hanno adottato altre tecniche, tra le quali, a titolo esemplificativo, “Experience the treasure hunt” di Ross Dress for Less che permette di ricercare, come in una caccia al tesoro, attraverso un’esperienza tutta personale, prodotti a prezzi più bassi.

    Vale però la pena apprezzare come la nuova gestione di Pittarosso stia cercando soluzioni a un mondo che cambia e che non permette di rimanere inerti.

    ELENA BALDASSA (2° ANNO TEM)

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  14. Penso anch’io che Pittarosso abbia fatto un’ottima scelta rinunciando al cross-selling, e non solo nell’ottica di andare incontro alle esigenze di clienti economicamente affaticati a causa della crisi economica, ma anche da un punto di vista psicologico: spesso accade – e ne trovo facilmente riscontro tra i miei amici – che i clienti siano infastiditi dall’eccessiva insistenza del personale, e che pertanto preferiscano andare ad acquistare lo stesso prodotto in un negozio dove si respira una maggiore “libertà” (e dove dunque si vive un’esperienza d’acquisto migliore).

    Mi lascia invece perplessa il fatto che Pittarosso abbia smesso di tenere in assortimento alcuni marchi molto famosi e di tendenza (uno su tutti Converse) che, prima del “makeover” subito, aveva sempre avuto in catalogo: si corre infatti il rischio di perdere quei clienti abituati a trovare i prodotti dei marchi in questione nei vecchi negozi Pittarello Rosso.

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  15. Pittarosso è il risultato del rebranding del storico marchio italiano leader nel retail di calzature per tutta la famiglia. L’azienda padovana ha intrapreso nel 2014 una nuova strategia di sviluppo.
    La trasformazione del brand è stata supportata da nuovi ingenti investimenti in marketing e comunicazione, accompagnata da una crescita a livello finanziario. Grazie alle nuove risorse la società ha registrato nel 2013 un fatturato di 200 milioni rispetto ai 116 del 2011 e un Ebitda doppio, pari al 21%, migliorando così la redditività. Il gruppo ha ampliato la rete distributiva raggiungendo un incremento degli stores sia in Italia che nel territorio internazionale con l’obiettivo di presidiare in modo migliore il mercato (solo nel 2014 le previsioni erano di 20 nuovi opening) ed è tuttora in corso un restyling del format dei punti vendita (con la creazione di un apposito corner dedicato alla vendita di calzature sportive intitolato Pithagorà che vanta firme come Adidas, Diadora e Nike), previsto al fine di comunicare ai consumatori l’idea di una modernizzazione del brand.

    A mio parere Pittarosso ha colto una leva importante nel sviluppare una strategia volta a perseguire una performance ottimale nel complesso (e non basata su indicatori di prestazione di singole aree) poiché ciò che vale maggiormente è l’attività complessiva e la redditività del sistema, così da non privilegiare alcune funzioni in particolare o creare un disallineamento delle risorse attribuite ai vari stores.
    Questa soluzione permette alla società di aumentare la redditività dando un segnale positivo all’esterno, soprattutto sulla capacità del management, arrivando ad ottenere maggiore legittimazione da parte di possibili investitori.
    Un altro aspetto importante si coglie nella definizione del marketing mix, ovvero la decisione dei vertici del Gruppo di eliminare politiche di vendita incentrate sul cross-selling sottolineando che il cliente che viene incentivato a spendere di più rispetto sua disponibilità iniziale sia un cliente poco soddisfatto.
    Questa alternativa non sembra però tener conto dei veri bisogni del cliente, con la proposta di un’offerta più ampia rispetto alla richiesta iniziale è possibile soddisfare un bisogno non espresso del consumatore, che lui stesso può apprezzare poiché si sentirebbe maggiormente capito e riceverebbe attenzione riguardo alle esigenze personali legate all’esperienza d’acquisto. Con il cross-selling inoltre si riducono le giacenze in magazzino (ottenendo una diminuzione dei costi di gestione e un rinnovamento dei prodotti che molto spesso non sono di qualità premium e che potrebbero essere promossi con un pacchetto a prezzi convenienti).
    Se l’obiettivo rimane la fidelizzazione di lungo periodo una soluzione diversa dal cross-selling sarebbe quella di sostituire le azioni di vendita effettuate dal personale direttamente al cliente all’interno del negozio con delle proposte attraverso newsletter o con offerte inviate ad una lista di clienti selezionati (questo sistema garantisce che il consumatore non sia spinto ad una vendita d’impulso ma lascia libertà di scelta nel decidere, allo stesso tempo si propongono nuove idee che aumentano l’interesse del consumer e che differenziano il brand dai competitor).

    Per quanto concerne il communication mix la filosofia aziendale rimane quella di un tempo (al fine di non sconvolgere il consumatore e confonderlo) mentre cambia il playoff che diventa “scarpe a più non posso” , proprio per sottolineare la specializzazione a l’ampiezza dell’assortimento nei punti vendita.
    Il concept della nuova campagna è in linea con i valori dell’azienda, ed essendo Pittarosso una media impresa italiana è azzeccata la scelta di avere una testimonial di notorietà nazionalpopolare come Simona Ventura.
    Inoltre è da notare che lo spot è trasmesso in un ampio numero di flight, incentivando un meccanismo di brand recall in grado di richiamare alla memoria il prodotto al consumatore.
    Pittarosso ha scelto un tipo di spot che non enfatizza il prodotto in sé e il contesto non viene visto come appealing agli occhi del consumatore, motivo per il quale il pubblico non sembra apprezzarlo particolarmente. È altrettanto vero che lo spot ha creato un rumor rilevante, facendo parlare di sé più qualsiasi altro concorrente. Rimane da capire se il cliente accosti il gradimento della pubblicità intrapresa all’idea che ha del prodotto. Secondo me non c’è una soluzione giusta o sbagliata ma un ventaglio di scelte in funzione dell’obiettivo che si vuole raggiungere.
    Dato l’ammontare di investimenti in comunicazione effettuati (7,5 milioni nel 204 contro i 4,5 dl 2013) avrei privilegiato un communication mix più variegato, utilizzando un visual design più accattivante negli stores e l’uso dei mezzi di stampa non solo locale ma anche su riviste del settore (anche se si tratta di un prodotto non di fascia alta avrebbe avuto un impatto decisamente migliore ed esteticamente apprezzabile).

    Tatiana Battaglia (2° TEM)

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  16. Con riferimento allo spot di Pittarosso personalmente non mi è piaciuto e lo ritengo un po’ pacchiano. È stato anche eletto come peggior spot dell’anno ai Macchianera Awards. Ma bene o male l’importante è che se ne parli e con intenzione o no, di questo spot se ne è parlato eccome. È stato condiviso sui social che oggi sono fondamentali nel communication mix aziendale senza considerare poi i ritorni in termini di pr, generando una seri di notizie e di articoli soprattutto grazie al lato trash dello spot. Il testimonial, Simona Ventura forse è coerente con il target dell’azienda: presentatrice di reality visti prevalentemente da un pubblico che ha un livello culturale e un reddito medi che si potrebbe rivolgere proprio a Pittarosso per l’acquisto di scarpe.
    Con riferimento alla strategia di incentivazione portata avanti dall’Ad vorrei sottolineare che, a mio parere, è assolutamente vincente in quanto i propri canali di marketing vanno visti ed inseriti in un insieme atto a creare valore per l’intero sistema e che lavora non per obiettivi personali e/o di breve periodo ma in un’ottica di lungo periodo. I membri del canale di marketing devono dunque lavorare in modo armonioso.
    Con riferimento alla politica di vendita proprio il mancato cross selling rappresenta una significativa differenziazione dai concorrenti e segna la rottura di uno schema che nato come innovativo stava perdendo il proprio appeal. Lo scopo potrebbe anche essere quello di evitare la dissonanza cognitiva successiva all’acquisto che poteva essere amplificata quando invece di comprare il bene desiderato si andava a casa con il carrello carico di prodotti che, prima di entrare nel punto vendita, non si aveva intenzione di acquistare. Direi dunque che i clienti di Pittarosso si caratterizzano per la semplicità dei loro acquisti: arrivano in punto vendita senza farsi influenzare o distrarre da altri prodotti. Con questo approccio Pittarosso potrebbe perderci in termini di redditività di breve (lasciando per strada qualche cliente che preferisce un assortimento più ampio) ma aumenterà quella di lungo perché potrà contare sulla fedeltà dei clienti soddisfatti.

    Anita Cezza, 2 anno TEM

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  17. Il nuovo spot di Pittarosso, grazie alla sua popolarità sui mezzi di comunicazione non convenzionali, si è diffuso in maniera virale e questo sicuramente ha contribuito a generare attenzione e interesse nei confronti del brand.
    Il problema è che lo spot ha assunto, forse involontariamente, una forte connotazione trash nella community del web e ciò non può che provocare delle ripercussioni sul posizionamento del brand nell’immaginario collettivo. In questo modo, a mio avviso, si è creato un trade off tra il livello di consapevolezza del brand, che ha sicuramente beneficiato dello spot e delle sue parodie, e il suo livello di desiderabilità. Da un lato il consumatore può essere incuriosito ad avvicinarsi e ad entrare nel punto vendita, magari anche solo per gioco, aumentando così la clientela potenziale che poi può completare un acquisto. Dall’altro lato, però, i clienti invogliati a provare un’esperienza d’acquisto a seguito del nuovo spot non potranno essere caratterizzati da un elevato livello di identificazione con il brand e conseguentemente il loro livello di fedeltà sarà piuttosto basso.
    Gli acquisti di questi nuovi clienti saranno, di fatto, principalmente occasionali e questo può creare dei problemi di redditività nel lungo periodo.
    Alla luce di quanto detto, la strategia di evitare di conquistare più spazio nella share of wallet dei propri clienti attraverso cross selling e trading up può rivelarsi controproducente se applicata in maniera isolata. Infatti, per poter recuperare la fedeltà del cliente, non basta fargli evitare acquisti che lui avverte come non necessari, ma Pittarosso deve cercare di differenziarsi fornendo un’esperienza d’acquisto sensibilmente più confortevole di quella dei competitors.
    Inoltre è necessario rivedere la campagna di comunicazione, ad esempio cambiando testimonial perchè legare l’immagine dell’azienda alle sorti di un personaggio con una collocazione ambigua nell’immaginario collettivo è una strategia poco convincente

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  18. Una campagna pubblicitaria televisiva è proprio ciò che ci vuole per creare conoscenza e consapevolezza di un nuovo marchio nel largo consumo, anche quando, come nel caso di Pittarosso, si vuole mostrare la rinascita e il riposizionamento di un’azienda com’era Pittarello. Da tale prospettiva, una pubblicità in tv si può considerare tanto più riuscita, quanto più la gente ne parla e in questo lo spot dell’impresa ha avuto grande merito! Non solo per il ritmo e la coreografia presente nello spot, che come è già stato detto è ben difficile da dimenticare (il motivetto ronza ancora nella mia testa), ma anche per il buzz, il brusio social che ha creato, permettendo di colpire anche target che magari non seguono o non prestano attenzione agli spot tv e raggiungendo il consumatore anche nei suoi momenti ludici! E’ un trash che, come il famoso pollo di Burger King, genere divertimento spingendo così lo spreading dello spot! Inoltre l’assidua frequenza che ha avuto sui canali televisivi qualche mese fa e la presenza di una testimonial molto conosciuta, hanno anche contribuito a dare legittimità e credibilità alla rinascità del brand “Pittarello”.
    Essenziale a questo riposizionamento è ovviamente anche l’effettivo cambiamento del modo di operare dell’azienda: interessante come ha cercato di portare al minimo la concorrenza ed i conflitti dei suoi punti vendita, spingendoli anzi alla cooperazione, senza usare l’autorità che il SMV (sistema di marketing verticale) aziendale messo in piedi dall’azienda le permette, bensì usando degli incentivi sul risultato della collaborazione di tutti, allineando così gli interessi di ogni membro del canale di marketing rivolto al cliente!
    E’ molto lungimirante, infine, il tentativo di instaurare una relazione di fiducia con il cliente, eliminando la forzatura del tentativo di cross- selling da parte del personale, tramsettendo così la sensazione che il cliente è lì per comprare ad un valore equo un prodotto di qualità, uscendo dal negozio avendo speso poco. Fidelizzare il cliente al proprio brand in un settore di ferro come la vendita retail di scarpe è una delle poche soluzioni per conseguire buoni risultati e sopravvivere ad una spietata concorrenza. Il tutto potrebbe essere accentuato seguendo fedelmente il motto “Scarpe a più non posso”, ovvero proponendo una vasto assortimento difficile da trovare altrove di scarpe di qualità a buon prezzo. Se questo legame con il cliente dovesse consolidarsi ulteriormente, Pittarosso potrebbe ottenere l’ambito titolo di Retail branding, ovvero un punto vendita i cui prodotti hanno un grado di preferenza maggiore per il solo fatto di essere al suo interno!

    Ambrosini Francesco
    Secondo anno TEM

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  19. Pittarello – Pittarosso Il primo mi da l’idea di un suono ”dolce”, accomodante, accogliente. Premettendo che essendo cresciuta in Piemonte, ed avendo studiato a Padova ho potuto testimoniare una differente percezione del Brand da parte dei consumatori. In Piemonte tutte le mie coetanee (18-28 anni) adoravano i punti vendita Pittarello, e credo vi sia stata una fidelizzazione ancora ”vecchio stile” dove il consumatore non era così ”infedele e dinamico”. Mentre a Padova ho visto una disaffezione molto più alta, ed il marchio quasi ”undervaluated” e senza target specifico. Probabilmente le vendite erano più alte qui che nel punto vendita a Vercelli, ma sicuramente il posizionamento era netto in questo secondo luogo. Non che Tornando al Secondo naming ”Pittarosso”, da l’idea di nuovo, accattivante, ma dal mio punto di vista è come fosse partito da zero con i Pro ed i Contro del caso.
    Simona Ventura è un bel testimonial per il marchio, sicuramente fa ricordare il Brand e tuttavia ha un buon impatto su un target non necessariamente specifico. Questo però potrebbe significare che ancora una volta Pittarosso non ha deciso di posizionarsi specificatamente (o forse si).
    Sembrano le dinamiche di una ”vita nuova”, che deve ancora creare una storia e dei valori. Credo che sia un peccato perchè una storia e dei valori Pittarosso li ha, e da quello che percepisco (Io) non sono ancora ben trasmessi al consumatore.
    Mi piacerebbe approfondire il Tema se fosse possibile.

    Ringraziandola

    Soukaina Ras

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