Conviene studiare in Italia?

Settembre, tempo di decisioni e di iscrizioni all’università. Per noi professori è anche il periodo in cui amici e parenti ci chiedono consiglio sulle scelte da compiere: vale ancora la pena investire tempo e soldi per studiare all’università in Italia? E dove? Mi accorgo però che spesso le visioni su come si studi all’università in Italia oggi e su cosa offrano delle buone università pubbliche sono un po’ datate.

Per chiarire le cose dedico allora qualche riga a spiegare come si è svolto lo scorso anno il mio corso di Economia e gestione della distribuzione commerciale, il corso che tengo tuttora presso il Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali all’Università di Padova. Non si tratta di un caso eccellente o particolarmente innovativo, ma di uno dei tanti esempi di come i docenti che come me prendono seriamente la missione formativa stanno sviluppando metodi didattici diversi dalla tradizionale lezione tenuta dal professore in cattedra che parla agli studenti che ascoltano in silenzio.

In primo luogo il corso non ha avuto un solo docente ma ne ha avuti tre con caratteristiche diverse e complementari: oltre a me infatti hanno insegnato due docenti a contratto: un consulente con una lunga esperienza nel settore e una manager di un grande gruppo del fashion. Nel corso c’erano un programma e dei libri di “teoria” da studiare ma le lezioni non consistevano solo nella spiegazione dei libri ma anche in discussioni di casi ed esercitazioni che si sono svolte in aula o sul campo in punti vendita reali. Lo scorso anno abbiamo deciso di aprire una finestra sull’evoluzione del neuromarketing e per illustrare le possibilità offerte dalla tecnologia abbiamo fatto indossare ad alcuni studenti un sensore per rilevare l’attività cerebrale collegato a un sistema di eye tracking e lo abbiamo testato in un punto vendita del centro di Padova; per parlare di assortimento gli studenti sono invece andati a osservare gli scaffali di alcuni leader di settore.

Per facilitare la discussione e l’approfondimento degli argomenti in programma sono inoltre intervenute nel corso sei diverse aziende (dalla piccola azienda locale al grande gruppo multinazionale). Parte del voto d’esame è stato poi legato a un lavoro di progetto consistente nell’aiutare un noto produttore di gioielli a progettare un nuovo format di punto vendita. Nella maggior parte delle aziende coinvolte è possibile approfondire i temi del corso svolgendo la tesi di laurea o effettuando uno stage retribuito e ogni anno qualche studente viene anche assunto e consegue il titolo di studio incassando già uno stipendio.

Nei quattro mesi durante i quali si tengono le lezioni, infine, il dibattito non rimane confinato in aula negli orti di lezione ma continua sul gruppo Slack del corso dove c’è un canale dedicato agli spunti su quanto accade nel mondo del retail. Le discussioni che avvengono su Slack, così come quelle che avvengono su questo blog, sono parte integrante della didattica del corso anche ai fini della valutazione.

Economia e gestione della distribuzione commerciale ripropone quindi in un certo senso all’interno di un’università pubblica una sintesi delle attività didattiche che ho messo a punto come direttore scientifico del Master in Retail Management e Marketing di Cuoa Business School; posso allora rispondere alla domanda posta dal titolo dicendo che oggi in università pubbliche italiane come quella di Padova è possibile trovare (a un prezzo molto competitivo) prodotti didattici che non hanno nulla da invidiare all’offerta delle migliori università e business school internazionali.

Naturalmente il fatto che molti corsi siano in linea con i migliori standard internazionali non vuol dire che tutti i corsi erogati in Italia siano eccellenti: in Italia, infatti, tradizionalmente l’innovazione didattica non solo non viene premiata ma da alcuni docenti viene anche guardata con sospetto se non addirittura osteggiata. Perché l’investimento in formazione universitaria sia appagante e anche redditizio è importante allora scegliere con attenzione non solo l’ateneo ma anche il corso di studi e i singoli insegnamenti chiedendo informazione ai docenti e anche agli studenti che li hanno frequentati in passato.

Ho scritto questo post sulla base di quanto avevo fatto nell’edizione 2016/17 del corso ma ho poi inserito come immagine in evidenza l’ eccellente classe del 2017/18

3 pensieri riguardo “Conviene studiare in Italia?

    1. Grazie Marco, in effetti sono straordinari i risultati che si possono ottenere lavorando sulle metodologie didattiche. Nel nostro sistema universitario, come è noto, i risultati dell’azione didattica sono considerati del tutto irrilevanti e questo limita la diffusione di metodi che sono più costosi in termini di tempo ed energie da investire.

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