Calcio, branding e omofobia

Agli appassionati di Premier League non sarà sfuggito il fatto che i capitani delle squadre scese in campo nello scorso fine settimana avevano al braccio le fasce arcobaleno in segno di supporto al mondo LGBT. Si tratta di un’iniziativa che si colloca nell’ambito di un accordo pluriennale della lega con una associazione inglese impegnata nel campo dei diritti di queste minoranze. Alcune squadre hanno manifestato in vario modo il loro supporto anche attraverso i canali social e nel corso del fine settimana la foto profilo di club come Arsenal e Manchester United è stata cambiata per rendere visibile l’iniziativa.

Non tutti i tifosi hanno condiviso però questa scelta di comunicazione delle società: delle 200.000 reazioni al cambio della foto profilo manifestate sulla pagina Facebook dell’Arsenal ben 27.000 segnalavano l’arrabbiatura mentre sulla pagina del Manchester United le manifestazioni di rabbia erano 20.000 su 113.000. Su entrambe le pagine, inoltre, commenti marcatamente omofobi ricevevano migliaia di segni di approvazione e riceveva un notevole consenso l’invito rivolto alle società a occuparsi solo di calcio.

Decine di migliaia di follower arrabbiati sono il segno di un epic fail delle strategie di comunicazione delle due aziende? In realtà no perché (ho già avuto modo di sottolinearlo qui) un brand forte è fatto anche di valori che implicano delle prese di posizione decise su questioni divisive. Questo vale ormai tanto per chi vende una tazza di caffè quanto per chi gestisce una squadra di calcio. Meglio avere dei nemici che diventare irrilevanti nel tentativo di piacere a tutti.

E i tifosi omofobi? Non si può che condividere l’invito di un tifoso dell’Arsenal su Facebook: che vadano a fare il tifo per un’altra squadra! Forza Gunners!

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9 pensieri riguardo “Calcio, branding e omofobia

  1. Non sono un’appassionata di calcio, quindi apprezzo l’articolo perché mi ha permesso di venire a conoscenza di questa notizia, ma sicuramente sono piuttosto sensibile nei confronti della community LGBT. Tralasciando le banali critiche che potrei destinare agli ignoranti tifosi omofobi (poiché di ignoranza si tratta), personalmente mi sento anch’io di definire il brand come forte in quanto posizionato in maniera decisa rispetto ad un tema così delicato; così come lo sono anche io.
    L’iniziativa mi ricorda simili proposte ampliamente sviluppate nel rugby: in particolare, una campagna realizzata dai Jozi Cats l’anno scorso. I giocatori della squadra sudafricana si sono prestati nello scattare foto provocatorie che li ritraevano come da offese, nel tentativo di smantellare gli stereotipi. “No matter how the world sees you or how you see you -Fairy, Pansy, Queen. Safe and welcoming places do exist. And there are plenty of people who will respect and support you just the way you are”. https://www.google.it/amp/s/amp.theguardian.com/world/2016/may/12/africa-first-gay-rugby-club-jozi-cats-gay-lgbt-stereotypes.
    Questa campagna pare invece avere riscosso un discreto successo: sarà per l’ironia con cui si è voluto comunicare il messaggio, insieme alla realistcità delle offese (che mette di fronte ad una triste e dura realtà)? Ad ogni modo, mi piace l’incisività con cui campioni di mondi tradizionalmente ritenuti di prerogativa maschile e soprattutto etero, hanno trasmesso il loro supporto ad una minoranza. Bravi!

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  2. Sono un grande appassionato di calcio e lo seguo quotidianamente.
    Condivido la scelta delle società sportive di prendere una posizione su questi temi molto delicati, dove ai giorni nostri le linee di pensiero sono tante (forse troppe) e molto diverse tra loro.
    Il calcio non è solo sport, divertimento o business, ma è anche una vetrina di veicolazione delle informazioni. Miliardi di tifosi seguono questo sport, ma certamente non tutti sono così propensi nel conoscere e nell’ informarsi sulle vicende che lì/ci circondano.
    Il calcio è anche questo. Motore di sensibilizzazione e di provocazione.

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  3. Ciò che più mi lascia allibito della notizia è il contesto stesso: 2017, siamo in Inghilterra e i cosiddetti “Gay Gooners” sono ormai attivi dal 2013. Mi chiedo quindi come sia possibile che una notizia del genere faccia ancora cosi’ tanto scalpore in un paese che tanto si professa “all’avanguardia e al passo con i tempi”.

    Ad ogni modo, come non condividere quanto scritto da Beatrice e Marco? Mi trovo completamente d’accordo con entrambi. Il calcio, a differenza (purtroppo) di molti altri sport, può vantare di un vastissimo pubblico e può sfruttare a suo vantaggio questa leva proprio per promuovere importanti campagne di sensibilizzazione.

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  4. Personalmente trovo lodevole e condivisibile questa scelta delle due società sportive di supportare la comunità LGBT con dei gesti seppur innocui, molto efficaci. Analizzando il segmento di utenti che ha reagito negativamente a questa iniziativa sono portato a pensare che molti di questi siano il tipico ammasso di “Keyboard warriors” che, forti del loro diritto alla libertà di pensiero, credono di poter commentare anche con offese pesanti (mi chiedo se questi si rendano conto che il loro nome è ben visibile a qualsiasi altro utente, dato che nel mondo reale tali commenti sarebbero stati passibili di denuncia). Detto questo, non penso proprio che l’iniziativa sia stata un epic fail, ma anzi, un epic win; l’immagine del brand delle 2 società calcistiche non può che giovarne dal distanziarsi da questi elementi “tossici”. Nonostante ciò, quando vengono promossi temi così delicati, bisogna fare molta attenzione al metodo, confrontando infatti 2 pubblicità che hanno promosso messaggi simili, ovvero la pubblicità della Coca-Cola (https://www.youtube.com/watch?v=wWBQP-bxfX0) e quella della Pepsi (https://www.youtube.com/watch?v=dA5Yq1DLSmQ). Possiamo vedere come la prima, che spinge più sull’ironia, viene “premiata” ricevendo un apprezzamento dal pubblico relativamente simile a quello ricevuto dalle 2 società calcistiche (80% di likes); mentre la seconda, che cerca di dare un messaggio di inclusione ancor più onnicomprensivo, manca completamente il colpo, facendo l’errore di includere una figura controversa come Kendall Jenner, ma soprattutto sminuendo i sacrifici che moltissime persone hanno sopportato nell’utilizzare lo strumento della protesta.

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    1. Mi trovo d’accordo in merito al discorso sullo stile comunicativo! Probabilmente la stessa Pepsi avrebbe voluto suscitare emozioni, ma evidentemente ha sbagliato qualcosa: abbiamo visto questo caso anche in aula come esempio di insuccesso mediatico, proprio per il suo carattere tanto inclusivo da risultare quasi falso. Il consumatore è sì attento alle tematiche sociali, ma apprezza solo chi le promuove in maniera sincera; così Coca Cola (ho adorato questo spot!), come la squadra di rugby che citavo sopra, ha intercettato correttamente il mondo valoriale della community LGBT tramite l’ironia -direi anche autoironia- che la connota.

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  5. Secondo un sondaggio pubblicato su BBC Sport, l’8% dei tifosi non seguirebbe più la propria squadra se ci fossero dei calciatori gay dichiarati. Non mi sorprende che ci siano tifosi che, per svariati motivi (che tuttavia non riesco a giustificare), non riescano ad accettare e a vedere di buon occhio la comunità LGBT. Non penso sia un epic fail in quanto hanno voluto esprimere i loro valori in maniera chiara, pur sapendo che molti purtroppo la pensano diversamente. Come abbiamo visto, il consumatore preferisce la sincerità al semplice “piacere a tutti”.

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  6. Da calciatore, da appassionato di calcio da sempre e da tifoso dei Gunners (ma in particolare modo di Olivier Giroud il mio attaccante preferito da sempre insieme a Cavani), penso che una tale iniziativa sia molto positiva per il mondo del calcio e sostengo le squadre che hanno sponsorizzato tale campagna. Purtroppo da buono scettico però, penso anche che sia un’inizitaiva fine a stessa. Il mondo cambia certamente e dobbiamo cambiare in meglio, ma certe idee sono talmente radicate nella mente di certe persone( in particolare dei gruppi di tifosi più estremisti) che di certo un’immagine con lo sfondo arcobaleno non farà loro cambiare idea o non porterà nessun beneficio in termini di accettazione comunque.
    Dal punto di vista della società, è certamente un forte messaggio che connota una chiara presa di posizione a favore del mondo LGBT è una forte dimostrazione di valori ed etica.

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  7. Riporto in leggero ritardo il mio pensiero su questa iniziativa e su alcuni commenti espressi di seguito all’articolo. Fin da piccolo sono sempre stato appassionato di calcio e tutt’ora la considero una mia passione. Non posso però non tenere conto di come troppo spesso il calcio e le curve degli stadi si trasformino in luoghi di propaganda di idee (per lo più estremiste) su temi che poco o nulla hanno a che fare con lo sport in quanto tale. Anzi, spesso vanno completamente contro i valori che dovrebbero essere comunicati. Per questo motivo mi fa piacere venire a conoscenza di iniziative come quella della Premier League che, seppur simboliche, trasmettono il messaggio di una presa di posizione su questioni che sono state (e spesso continuano ad essere) ignorate. Il mio timore però (e su questo concordo in parte con Tommaso), è che tale presa di posizione rimanga per l’appunto simbolica, ma che non vada oltre.
    Quando dico “andare oltre” penso ad un episodio accaduto 3 anni fa in NBA: il proprietario di una delle squadre della lega era stato intercettato mentre, al telefono con la propria fidanzata, si lasciava andare a frasi inequivocabilmente razziste. Nel giro di qualche GIORNO Adam Silver, il commisioner dell’NBA, ha bandito a vita il personaggio in questione (un miliardario che portava risorse non indifferenti alla lega) da ogni attività legata alla squadra, da tutti i campi di basket e riunioni tra i dirigenti sportivi, ha imposto una multa di 2,5 milioni di dollari (il massimo possibile) e devoluti a un’associazione per l’integrazione delle minoranze. Ha inoltre detto: “io non ho il potere per costringerlo a vendere la squadra ma farò tutto ciò che mi è possibile per far sì che questo accada”. Un paio di giorni dopo questo signore si è dimesso. Mi sono dilungato perché, a mia memoria, nessuna delle sanzioni imposte in questo caso è mai stata inferta ad uno solo degli appartenenti del mondo del calcio (anche di casa nostra, e ce ne sarebbe stata l’occasione), figuriamoci tutte insieme. Questo è stato l’episodio che ha sancito il superamento della mia passione per il basket su quella per il calcio.
    Sono sicuro che se gesti forti come quello citato venissero utilizzati anche negli altri sport sarebbero in primis gli stessi sport a beneficiarne, ma anche l’intera società. Il calcio sta soffrendo le azioni di “persone” che ne condizionano l’immagine e, come nel mio caso, portano disaffezione, accomunandolo, nella mente delle persone, a messaggi sbagliati che rimangono impuniti.

    https://www.youtube.com/watch?v=vHCgmVikntw Condivido il video delle parole di Adam Silver perchè sono ricordi che valgono la pena di essere rivissuti di tanto in tanto!

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  8. Mi ricordavo già nel 2016, nello stesso periodo, la Stonewall insieme alla Premier League avevano promosso la medesima campagna di sensibilizzazione mediante l’utilizzo dei laccetti degli scarpini color arcobaleno. Tutto nasce dalla volontà di rendere gli stadi inglesi, non solo a portata delle famiglie, ma anche senza insulti intolleranti nei confronti di gruppi di persone in “minoranza”. Dai tempi degli hooligans molto è cambiato e si cerca di fare molto di più: una battaglia, anche contro i propri tifosi, per sensibilizzare tutti i supporters al diverso. Tale campagna della Premier mi sembra strizzare l’occhio, però, al “l’importante che se ne parli” piuttosto che a una scelta etica. Anche perché trovo molto diverso il concetto di uguaglianza e non discriminazione, con quello dell’accettazione in toto del pensiero delle comunità LGBT. Forse anche per questo alcuni tifosi hanno storto il naso, non solo quelli omofobi ignoranti.

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