Il 5 agosto si è festeggiato l’international beer day e mi sembra giusto dedicare un articolo (e anche la 💊 di oggi) a questo settore, che non solo ha sempre trovato un suo spazio in questo blog, ma quest’anno sarà anche il tema del mio corso monografico di Strategia Aziendale all’Università di Padova.
Come avevo raccontato nella 💊 638, AbInBev, il gruppo internazionale che produce tra le altre la birra Corona, ha definito recentemente un nuovo global purpose che attribuisce un ruolo centrale al concetto di smart drinking. L’essenza di questo concetto consiste, detto in estrema sintesi, nel favorire esperienze di consumo dei prodotti dei brand del gruppo quanto più possibile piacevoli e sane.
Questo passa da un lato attraverso la spinta dei prodotti analcolici, e infatti il gruppo punta a raggiungere una quota di vendite di queste bevande che raggiunga il venti per cento del fatturato complessivo (ne avevo parlato nella 💊 718). Ma come si fa con la birra?
In questi giorni l’azienda ha pubblicato alcuni consigli che rappresentano un modo per rendere positive le esperienze con le birre normali, cioè alcoliche. Una di queste riguarda proprio Corona: è in corso di sperimentazione su alcuni mercati, in partnership con alcuni clienti, quello che vorrebbe diventare un nuovo rituale di consumo per i consumatori di Corona, che consiste nel ricevere, quando si ordina una seconda bottiglia di birra, anche una bottiglia piena d’acqua.
In questo modo il consumatore può dissetarsi rapidamente in modo sano con l’acqua per poi gustarsi tranquillamente la birra.
Funzionerà?
L’azienda riferisce che gli esiti dei primi esperimenti sono positivi e che la strategia verrà proposta anche su altri mercati, anche se personalmente faccio fatica a vedere questo rituale prendere piede nei locali.
Il caso è però comunque interessante perché evidenzia il dilemma nel quale si trovano oggi molti brand, del food and beverage, ma non solo. Va ricercato un difficile equilibrio tra l’esigenza di spingere le vendite e quella di agire in modo responsabile, considerando che raramente mangiare di più, bere di più (alcolici o soft drink che siano) o più in generale consumare di più, ha effetti positivi per il consumatore e per il pianeta.
Una delle strade da percorrere, ed è infatti uno dei driver della strategia di AbInBev, è quella della premiumizzazione, che consiste nello spostare i consumi verso i prodotti più costosi per far crescere fatturati e margini senza che questo corrisponda a una crescita proporzionale dei volumi. In un certo senso è anche la strada che stanno seguendo alcuni brand del lusso tra i quali, come abbiamo visto due mesi fa, Bottega Veneta.
Una sfida non semplice e non del tutto priva di controindicazioni; io ci vedo intanto delle belle opportunità per chi lavora nel marketing.