La musica e il futuro dei mall

White Lies, Phoenix, Willie Peyote, Nic Cester, Anna Calvi, L’Imperatrice, Alt-J, Coma Cose, Charlotte Gainsbourg, Morcheeba, Joan Thiele, Welshly Arms, Phoenix e naturalmente Cigarettes After Sex: la mia estate in giro per i festival musicali tra Italia e Francia è stata ricca di ottima musica.

I festival non sono però solo un luogo nel quale divertirsi ascoltando musica (e cantando sotto il palco) ma anche un’occasione per riflettere sull’evoluzione dei centri commerciali: i festival sono infatti destinazioni retail in grado di attirare anche diverse decine di migliaia di clienti al giorno, con una forte prevalenza di millennials (un target che tende a snobbare i mall tradizionali). Naturalmente i clienti non vanno per trovarci la merce in vendita (in fondo chi è costretto oggi a uscire di casa solo per procurarsi della merce?), ma per vivere delle esperienze coinvolgenti e i retailer possono sfruttare l’opportunità offerta dal trovarsi in questo contesto esperienziale.

In questi temporary mall domina il food, visto che l’essenza dell’esperienza del festival è fatta di musica, cibo (qui sotto le Taco Queen 64, il mio food truck preferito dell’estate 2018) e birra o spritz nel caso di Home Festival dove un main sponsor è Aperol. C’è però spazio anche per una varietà di merceologie e sempre più brand del fashion diventano parte dell’esperienza aprendo popup store nei quali oltre a comunicare il brand propongono in vendita prodotti esclusivi: da Biarritz en ètè sono tornato a casa con una maglietta Roxy in edizione limitata e da Home Festival con un acquisto al Levi’s tailor store. Nelle mie serate musicali ho comprato però anche tre piante carnivore in un popup-store originale e affascinante.

Una quota crescente di festival si sta misurando con l’evoluzione degli strumenti di pagamento adottando soluzioni cashless. In alcuni casi questo avviene semplicemente acquistando gettoni (token) che rappresentano la valuta speciale del festival ma si stanno diffondendo anche soluzioni più evolute come i braccialetti ricaricabili direttamente sul web, anche con l’opzione ricarica automatica quando il borsellino virtuale si scarica e rimborso sempre via web.

Inutile dire che le code alla cassa per acquistare i token (nella foto sotto la cassa dell’Home Festival) e la complessità del rimborso per quelli avanzati a fine serata sono un forte disincentivo per chi vuole farsi un ultimo giro di birre. Molto più piacevole spendere quanto per fare acquisti basta allungare il braccio verso il lettore di chip senza nemmeno mollare il bicchiere. Il pagamento è una componente importante dell’esperienza di acquisto e le modalità di pagamento influenzano il comportamento del consumatore (l’ho ricordato anche in un post qui).

Ecco quindi il futuro dei mall che ho sognato questa estate, una strada che peraltro gli operatori più lungimiranti stanno già percorrendo: sempre più intrattenimento ed esperienze coinvolgenti, un’offerta food stimolante, negozi differenziati, sorprendenti e spesso temporanei e soluzioni di pagamento evolute che rendano un ricordo lontano le code alle casse.

2 pensieri riguardo “La musica e il futuro dei mall

  1. […] 2. Centralità del food & beverage. Se, come indicano tutte le ricerche oltre che le recenti mosse di LVMH (ne avevo scritto giusto qualche giorno fa qui), il mercato sarà dominato da chi sarà in grado di offrire esperienze di valore, il food & beverage diventerà sempre più centrale tra le motivazioni che portano a scegliere una destinazione retail e si moltiplicheranno i concept ibridi (un concetto spiegato bene da Mariagrazia Cardinali nel libro che trovate tra le mie segnalazioni, a destra o a fondo pagina a seconda di come mi leggete). Anche i mall dovranno ripensare la loro offerta food e prendere a prestito qualche idea dai festival musicali (leggi). […]

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