Cosa ci dice sul retail la fusione Luxottica – Essilor

Questa mattina insieme al caffè è arrivata una notizia ancora più eccitante della contemporanea caduta in trasferta delle capoliste di Serie A e Liga: l’annuncio dell’accordo sulle prossime nozze tra Luxottica e la francese Essilor, l’azienda leader mondiale per le lenti da vista.

È una notizia certamente importante per la dimensione degli attori coinvolti: il nuovo gruppo avrà infatti un fatturato aggregato di oltre 15 miliardi con un ebitda di 3,5 e 140 mila dipendenti. La notizia però è ancora più importante per gli spunti che ci offre sul futuro del retail: Luxottica infatti è stata, come è noto, la prima azienda a credere nell’importanza delle griffe sugli occhiali stipulando accordi di licenza con gli stilisti più conosciuti, ma anche acquisendo due grandi brand come Ray-Ban e Oakley. L’azienda agordina è però stata soprattutto quella che, a metà degli anni ’90 del secolo scorso, ha perseguito con maggiore decisione la via dell’integrazione a valle attraverso l’acquisizione di numerose importanti catene di ottici. Per effetto di questa strategia, dei 6,9 miliardi di euro di fatturato realizzati dall’azienda nei primi nove mesi del 2016 ben 4,2 rappresentano il fatturato dei negozi.

Con l’avvento dell’ecommerce, però, il ruolo del retail è progressivamente mutato: tra le funzioni svolte dai punti vendita diventa relativamente meno importante quella di offrire un punto di distribuzione dei prodotti visto che questi possono ormai essere acquistati attraverso il web. Non è più da solo una fonte di vantaggio competitivo il poter disporre di una rete distributiva capillare nelle location giuste.

Come valorizzare allora la risorsa rappresentata da una rete di circa 7.000 negozi e riprendere quella corsa che dai dati dei primi nove mesi dello scorso anno sembra essere rallentata? Una delle soluzioni è quella di spingere il mercato dell’occhiale da vista nel quale da un lato è importante poter garantire la fornitura di un prodotto che sia di qualità dal punto di vista funzionale (oltre che da quello emozionale dove resta importante il ruolo dei brand in portafoglio) e dall’altro l’erogazione di servizi complementari alla vendita come l’assistenza e la consulenza al cliente sono ancora centrali. Questo mercato si presenta tra l’altro particolarmente promettente visto che si stima che circa due miliardi e mezzo di persone abbiano problemi di vista ma non abbiano ancora acquistato occhiali.

Ecco allora che la fusione si propone di costituire un gruppo in grado di offrire “un’esperienza di livello superiore per il consumatore” integrando degli asset complementari come il controllo del prodotto con la capacità di venderlo.

Saprà questa fusione creare anche nella realtà le sinergie che risultano così promettenti sulla carta?

 

la foto in evidenza è di Paolo Gubitta

Un pensiero riguardo “Cosa ci dice sul retail la fusione Luxottica – Essilor

  1. ” […] offrire un punto di distribuzione dei prodotti visto che questi possono ormai essere acquistati attraverso il web. Non è più da solo una fonte di vantaggio competitivo […]” sono d’accordo, in quanto tutto dipende dal customer service. Tuttavia, dato che l’erogazione dei servizi complementari alla vendita come l’assistenza e la consulenza sono fondamentali, soprattutto nell’atto del primo acquisto di un occhiale da vista, viste le molte sfaccettature, alle volte anche complesse, che questo mondo presenta, la logistica del PV è cruciale per usufruirne.
    Fatta questa premessa, io credo che se il retailer può disporre e fornire adeguatamente di una competenza a 360 gradi sul prodotto che vende, proprio per i motivi sopracitati, la fusione non potrà che essere vincente anche nella realtà. Il customer service dovrà accettare la sfida e vincerla.

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