Premetto che non vorrei essere nei panni di Giuseppe Conte, e che se mi trovassi al suo posto probabilmente non sarei più bravo di lui. Come professore di marketing non posso però non rilevare che nello scrivere i suoi decreti è prigioniero di una visione inadeguata del sistema economico e dei processi di generazione del valore nelle imprese sotto almeno due punti di vista.
1. In primo luogo ci siamo abituati nelle ultime settimane a sentir parlare di settori più o meno strategici o essenziali o di codici Ateco (una sigla che sta per attività economiche). C’è però un problema: i confini tra settori oggi sono sempre più sfumati e attribuire un codice a ogni attività economica suona sempre più come un vuoto esercizio accademico. Si può sintetizzare un’azienda lifestyle come Giorgio Armani dicendo che lavora nella moda (dimenticando che il brand spazia dalla cosmetica all’arredamento passando per alberghi e ristoranti)? E Apple è un’azienda che si occupa di elettronica? Di informatica? Di telefonia? Di intrattenimento? Di commercio al dettaglio? Di formazione? In realtà di tutte queste cose: inutile parlare di settori in un mondo in cui i settori non esistono più.
Una visione dell’economia articolata per settori riflette una patologia molto nota nel marketing che è stata definita ormai più di mezzo secolo fa con il nome di “miopia di marketing”. La miopia di marketing consiste nel concentrarsi sui prodotti perdendo di vista il fatto che il cliente acquista un’esperienza legata al prodotto che è fatta da un insieme di prodotti, servizi, esperienze e informazioni (ho sintetizzato in tre righe i concetti che sono sviluppati nel primo capitolo del manuale di marketing di Kotler dove chi è interessato può approfondire).
2. Il secondo problema dei decreti, problema in parte collegato al precedente, è la discriminazione tra manifattura e “attività commerciali al dettaglio” con la prima autorizzata a ripartire e le seconde bloccate ancora per tre settimane a parte le attività cosiddette “essenziali” (un concetto che meriterebbe un capitolo di approfondimento a parte). Purtroppo buona parte della generazione di valore avviene però proprio nella fase a valle e quindi tenendo fermo il retail si tiene fermo il cuore dell’economia vanificando il contributo di quella parte di attività manifatturiera che viene svolta nelle fabbriche e salvando solo la quota (per fortuna rilevante in molti settori) destinata all’esportazione.
Cosa differenzia una fabbrica da un negozio? Dato che entrambi si occupano anche della trasformazione fisica del prodotto la differenza è nella tipologia di clienti che servono: nel primo caso si tratta di clienti che acquistano prevalentemente per motivi professionali mentre nel secondo caso si tratta prevalentemente di consumatori finali. Non mi sembra una distinzione che meriti la sanzione di un ulteriore blocco delle attività sulla base, immagino, dell’ipotesi che chi compra per lavoro sta attento alla salute e chi compra per se stesso si comporta in modo scellerato.
La soluzione? Chiarisco subito che non ho le informazioni e le competenze per dire se sia il momento di frenare o accelerare sulle riaperture e quindi sarebbe poco utile che prendessi una posizione su questo. Quando si decide di riaprire, però, mi sembra sensato dividere le aziende solamente tra quelle che sono in grado di garantire il rispetto degli standard di sicurezza di clienti e collaboratori e quelle che non lo sono. Le prime si mettano tutte subito al lavoro e le seconde stiano ferme qualsiasi sia il codice Ateco e la tipologia di clientela.

Ti ringrazio Romano per gli spunti che condivido in pieno.
Mi astengo da giudizi politici, ma osservo che servirebbe più attenzione ai meccanismi del ciclo di vita del prodotto in tutti i suoi numerosi e differenti step di avanzamento nella catena del valore prima di fare decreti e bloccare l’economia a monte o a valle.
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Difficile darti torto. Forse possiamo dare una (sola) giustificazione a questa miopia: ci vorrebbe una visione d’insieme che sarebbe difficile per chiunque, geni compresi.
Mi viene in mente l’Inghilterra all’inizio della seconda guerra mondiale: si dà il potere a Churchill per battere Hitler (una sfida enorme, ma nel contempo molto precisa). Ma all’indomani della vittoria, lo mandano a casa. Perché gestire la ripartenza di un paese è una sfida completamente diversa. E noi, al momento, siamo tra le due fasi.
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Sono d’accordo con il contenuto di quest’articolo, ma quali potrebbero essere i criteri per determinare se un’azienda è capace di garantire gli standard di sicurezza di clienti e collaboratori?
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quelli che saranno applicati a chiunque desideri aprire: hanno messo e stanno mettendo a punto dei protocolli dettagliati su questo. Inutile dire che poi ci vorranno anche i controlli perché c’è in gioco una posta importantissima
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Riguardo alla miopia di Marketing del presidente Conte e dei suoi collaboratori, pare che il governo si sia fatta sfuggire l’occasione di produrre il vaccino in Italia, come riportato in questo articolo:
https://www.leggo.it/italia/cronache/coronavirus_vaccino_irbm_pomezia_prodotto_distribuito_solo_dagli_inglesi_ecco_perche-5204343.html.
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riporto il suo commento perché per policy censuro solo commenti offensivi o violenti, ma si tratta chiaramente di uno spunto fuori tema rispetto al mio post
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