Alcune delle recenti decisioni di Donald Trump hanno riportato al centro del dibattito il tema del “Made in America” e più in generale del paese d’origine dei prodotti. Nell’Unione Europea, inoltre, da ormai parecchi anni questo è terreno di scontro tra posizioni differenziate dei diversi paesi. Ma quanto è importante oggi per il consumatore la provenienza geografica del prodotto? Quanti sono influenzati nella decisione di acquisto di un paio di scarpe, di occhiali o di jeans anche dall’etichetta che indica la località di produzione?
Le ricerche di Boston Consulting Group ci confermano da anni che per un prodotto di lusso la provenienza italiana o francese (e svizzera per quanto riguarda l’orologeria) è importante per il consumatore. Per un brand lifestyle però la provenienza può essere valorizzata anche in modo differente.
Quando ho acquistato da Blackhorse Lane Ateliers il mio ultimo paio di jeans ha giocato certamente un ruolo importante il poter acquistare un prodotto che è, così come recita l’etichetta, Made in London; non si tratta di pantaloni fabbricati semplicemente in Inghilterra quindi, ma proprio nella mia città preferita. Come ho imparato in occasione della visita al laboratorio nel quale i jeans vengono confezionati, quello di Black Horse Lane Ateliers è progetto imprenditoriale che si basa sull’impiego di manodopera residente nella zona di Walthamstow, un quartiere non lontano da Tottenham e dal mitico White Hart Lane. Il laboratorio funge anche da showroom e da negozio e il cliente può scegliere i suoi jeans in mezzo alle macchine da cucire usate per confezionarli. Si tratta di un modello di business che intende quindi rendere sostenibile la produzione di un prodotto labour intensive come il jeans in una città come Londra che notoriamente è tutto fuorché low cost e questo è, come spiega l’azienda, un elemento di differenziazione visto che parliamo dell’unico brand di jeanswear Made in London da mezzo secolo a questa parte (qui il link per chi vuole approfondire la storia di questo progetto).
Il caso di Blackhorse Lane Ateliers è interessante perché ci ricorda (così come fanno i manuali di marketing) che collegare la marca a informazioni presenti nella memoria del cliente, come appunto le caratteristiche di un paese o una città, è uno dei modi per costruire il valore della marca. Questo valore però non è un dato ma dipende dal valore che l’associazione con quella città, regione o paese ha per il consumatore target e, soprattutto, dalla capacità di raccontare e valorizzare il progetto e il suo legame con il territorio.
Qual è secondo voi il brand che meglio riesce a valorizzare il legame con il suo territorio di origine?
A mio pare, la provenienza del prodotto è un driver sempre più importante nelle scelte d’acquisto dei consumatori, sia nell’abbigliamento che nel food; in generale, i consumatori prestano sempre più attenzione alla stagionalità di frutta e verdura e sono sempre più diffuse, anche nelle grandi città, cooperative e iniziative volte a promuovere un’agricoltura a km 0. Un recente studio condotto in Italia da PwC conferma, tra l’altro, che i Millennial sono una generazione particolarmente attenta all’eco – sostenibilità e alla tracciabilità dei prodotti, tant’è vero che il 65% degli intervistati si è detto disposto a spendere di più, acquistando meno, a discapito del fast fashion (tendenza che, come Millennial mi sento assolutamente di confermare). Questo riporta ovviamente al centro del dibattito l’importanza del “made in” e l’avvio da parte d’imprese italiane e non solo di processi di reshoring. Un brand che, secondo me, ha saputo valorizzare al massimo il profondo legame con il suo territorio d’origine è Brunello Cuccinelli: pur essendo un’azienda attiva a livello internazionale, Cuccinelli non ha mai lasciato l’antico borgo di Solomeo e, anzi, si è impegnato in prima persona per riqualificarne gli spazi e promuovere iniziative socio – culturali di rilievo. Cuccinelli ha costruito un’azienda da lui stesso definita “neoumanistica”, che sviluppa il sogno di un lavoro rispettoso della dignità morale ed economica dell’uomo, valori profondamente radicati nella storia e nella tradizione umbra grazie all’ordine benedettino e al suo fondatore, San Benedetto da Norcia. La filosofia del brand è quindi assolutamente unica, ma soprattutto “locale” e i consumatori sono disposti a pagare un premium price non indifferente per un prodotto al quale riconoscono, però, una qualità e un valore inimitabili: un pezzo di Umbria in qualsiasi angolo del mondo.
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Un paio di anni fa ho dovuto comprare un nuovo paio di occhiali da vista e, tra tutti, quello che mi ha colpito di più (e che ho effettivamente comprato) è stato un paio di RES/REI che sulla stanghetta ha inciso “Handmade in Italy with love”.
Questa riflessione sul “made in” mi ha ricordato questo episodio e ho approfondito la cosa sul sito web di RES/REI, dove viene rimarcata più e più volte l’importanza del legame con il territorio per questa azienda.
Già solo la scelta della parola “res rei” in lingua latina simboleggia una forte volontà di sottolineare l’ eredità culturale italiana (l’ “Italian Heritage”)
Sulla durabilità dei loro prodotti dicono di voler realizzare oggetti che siano simbolo di qualcosa di più della sola natura intrinseca ma che guadagnino un significato soggettivo a seconda dei ricordi a cui essi si possono collegare (combattendo così anche l’idea del consumismo e di oggetti “designed to sell and not to last”).
La RES/REI si basa essenzialmente su un concetto “think global, act local” in cui il brand è sicuramente globale, ma la produzione rimane locale, da cui derivano molti vantaggi.
Per prima cosa riescono a controllare la qualità del prodotto, lavorando vicino agli artigiani e facendogli visita spesso per assorbire la loro esperienza e le loro idee innovative.
Agire localmente inoltre ha il vantaggio di essere sostenibile in quanto di tagliano i costi di trasporto e le emissioni nocive per l’ambiente, in quanto lavorano soltanto con fornitori e produttori italiani.
La terza motivazione, la più importante, è l’ italianità, l’eredità culturale.
“Italians were lucky enough to invent the first piece of eyewear and have been making glasses since then, constantly refining their skills. Most of the world leading brands in the optical business are located within few square kilometers, in the heart of Italy.”
Una delle loro collezioni si chiama “The Riviera” con l’occhiale “Amalfi” e “Positano” che, come riportato nella riflessione su Blackhorse Lane Ateliers, collega il prodotto specifico a ricordi ed emozioni che il cliente ha già provato o che al contrario sogna di provare.
Quello che trasmette il loro sito tramite foto, video e anche attraverso i nomi delle collezioni è un grande orgoglio delle proprie origini che evidentemente vengono riconosciute, oltre che da noi stessi italiani, anche globalmente come sinonimo di qualità, di unicità e di individualità.
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A mio opinione sicuramente la provenienza del prodotto influisce nel successo dell’acquisto per un consumatore; tuttavia diversi altri aspetti coinvolgono il cliente nel momento in cui sceglie di comprare e indossare un abito.
Secondo me un altro esempio del made in Italy è Laura Biagiotti. Nel mondo dell’abbigliamento, per tutte le tipologie di collezioni promosse – uomo, donna, bambini e così via – le sfilate che l’azienda romana ha promosso ha tenuto alto il valore italiano. Inoltre la stessa azienda ha avuto successo non solo nel campo dell’abbigliamento in senso stretto, ma si è distinta anche nel mondo degli accessori, si considerino le linee di borse e pelletteria, occhiali, gioielli e altri ancora. Quello che mi ha colpito di questa azienda, la prima volta che ho comprato una sua borsa, è stato il design e la cura al dettaglio che aveva quel prodotto;mi aveva già catturata da bambina la linea ma nell’adolescenza forse ho capito più il valore connesso al prodotto in termini intangibili – valore del ruolo dell’azienda e la sua immagine ma soprattutto i ricordi legati alla mia prima esperienza di consumo con quel brand. Quello che però voglio sottolineare è che Laura Biagiotti, secondo me, è una vera custode del prodotto italiano, si impegna è si è sempre votata a diffondere lo stile italiano nel mondo. Proprio per questo motivo, io reputo quest’azienda una delle migliori nell’aver creato e nel mantenere un legame con il proprio territorio di origine.
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Un brand che senza dubbio rimane collegato alle sue origini è Bottega Veneta, infatti lo riporta nel nome.
La lavorazione rigorosamente artigianale che porta alla creazione dell’iconica borsa intrecciata viene effettuata da personale altamente specializzato nell’atelier di Montebello Vicentino.
Il nome del Brand fa pensare subito al Veneto e a Venezia un luogo bellissimo e conosciuto in tutto il mondo, simbolo di arte e magnificenza.
Sicuramente il cliente esigente vuole comprare una scarpa o una borsa made in Italy, espressione che da sempre è sinonimo di altissima qualità; come lo è ancora di più l’essere made in Veneto per le creazioni di BV.
Un altro brand che rappresenta un caso è Bulgari, che ha scelto di produrre orologi con meccanismo svizzero, essenziale per vendere orologi di fascia alta ma con lo stile unicamente italiano che riporta alla grandezza dell’impero romano, infatti l’azienda ha voluto includere la dicitura “Roma” dopo il nome del brand.
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Penso che un brand esemplare nel fatto di esaltare il proprio paese d’origine sia Eataly, che promuove e distribuisce i prodotti del nostro territorio. Già di per se il marchio richiama la terra di provenienza, l’Italia, ed è proprio su questa che basa il suo business. Per capire a cosa mi riferisco è sufficiente sapere cos’è Eataly “è mangiare italiano, vivere italiano” non promuove quindi solo il “Made in” ma anche uno stile di vita e una cultura, quella italiana. Eataly è la fusione di due parole Eat e Italy e non significa solo mangiare italiano ma riguarda l’esperienza nell’enogastronomia italiana dalla produzione, alla realizzazione dei piatti, al consumo.
Se oggi sempre più si tende a guardare la provenienza di un prodotto questa tendenza nel mondo del food è molto forte.
In certi casi riveste più importanza l’identità dell’impresa più che il luogo in cui produce, così l’importanza dello stile di vita che rappresenta può sorpassare quella del paese di produzione mentre in questo caso risulta molto difficile scindere i due aspetti.
Il Made in Italy va al passo con lo stile di vita che l’azienda propone e condivide mediante eventi, punti vendita ma anche la vendita online per una distribuzione in diversi Stati.
Ad esempio per restare in tema con la giornata di oggi, San Valentino, il sito Eataly invita tutti ad andare a Venezia non fisicamente ma in un modo alternativo, senza lunghi voli, semplicemente acquistando i prodotti della collezione di San Valentino ispirata al romanticismo di questa città. Una comunicazione che punta quindi sull’aspetto emozionale dell’esperienza che i turisti del mondo possono aver avuto a Venezia o sul desiderio di viverla.
“MEET ME IN VENEZIA – This month, lose yourself in a maze of Venetian food, drinks, and beyond – without the long flight! ”
È proprio l’associazione con l’Italia e il suo territorio che dona valore a questo marchio.
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A mio parere , il marchio ‘MADE IN’ sta acquistando un ruolo sempre più importante nella mente del consumatore , soprattutto perché , con l’abbandono della produzione standardizzata e di massa , il consumatore tende ad apprezzare la possibilità di poter avere un oggetto che sente più vicino alla sua realtà , terra , o a luoghi nel mondo che ama ed è legato .
Penso che tutto ciò sia vero soprattutto nel mondo dell’abbigliamento e accessori perché essi danno l’immediata possibilità di esprimersi ancor prima di farlo a parole . A questo proposito penso ad un marchio come Dolce e Gabbana , che valorizza la cultura , le tradizioni e l’atmosfera italiana anche a partire dalle fantasie degli abiti ,sui quali sono stampati addirittura nomi di città o celebri monumenti Italiani ,e all’atmosfera delle sfilate ( ambientate in località italiane , in particolare siciliane con musiche e canti tradizionali di sottofondo ).
Ecco che chi decide di acquistare un abito di D&G non indossa semplicemente un capo di alta sartoria ma una regione , un paese , un ‘PEZZO’ di Italia , il ‘bel paese’ che tutto il mondo apprezza . Il tutto reso ancora più concreto dall’utilizzo di ambasciatrici icone dell’Italianita’ come Monica Bellucci e Sofia Loren e Bianca Balti.
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Bé come non pensare a Claudia Schiffer e alla sua esclamazione: “è una tedesca!”, nella pubblicità della Opel Corsa di qualche anno fa! Il messaggio è molto chiaro: l’ingegneria tedesca non ha eguali, tanto che l’esclamazione non vuole convincere ma esplicitare un’ovvietà.
Tina Müller, chief marketing officer di Opel, aveva dichiarato: «La campagna trasmette i moderni valori tedeschi che sono apprezzati anche a livello internazionale. Oggi Opel rappresenta la perfezione dell’ingegneria tedesca, l’emozione del design e offre un rapporto qualità/prezzo imbattibile. Con Claudia Schiffer siamo riusciti ad avere una stella mondiale tedesca che si identifica al 100% con il marchio».
Un altro esempio di “Made In”, questa volta nel luxury, che aggiunge notevole valore al prodotto è certamente Abate Zanetti, antica istituzione vetraria di Murano. In questo caso mi azzarderei quasi a dire che la localizzazione della Srl, la tradizione, la storia e il “Made In” che porta con sé il brand genera nel consumatore la percezione di un’eccellenza nel settore prima ancora di poterla verificare personalmente.
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Il brand, che secondo la mia personalissima opinione, rappresenta nel modo più emblematico il Made in, in questo caso Italy, è Ferrari e appena si pensa a questo marchio viene immediatamente in mente una delle eccellenze italiane dell’automotive. Il logo (rettangolo su sfondo giallo con il cavallino rampante nero) contiene nella parte superiore la bandiera italiana; i nomi che vengono dati alle automobili (berlinetta, lusso, aperta, speciale e molti altri) sono italiani; le edizioni speciali vengono sempre presentate con una fascia lunga quanto la macchina contenente i colori della bandiera italiana. Chiaramente non sono questi i dettagli che rendono Ferrari uno dei marchi più emblematici del Made in Italy, poiché è indubbiamente merito di Enzo Ferrari e delle gloriose competizioni che hanno creato questo mito nel tempo, ma sicuramente tutte le varie caratteristiche citate contribuiscono ad identificare l’italianità del prodotto.
Chiunque abbia la possibilità di comprare una delle creazioni Ferrari, oltre che per le specifiche tecniche intrinseche del prodotto, il lusso o l’esclusività che rappresenta, lo fa per vivere il sogno Ferrari fatto di giornate in pista, raduni o particolari “giornate evento” che sono momenti tipici per mostrare e vivere i propri gioielli frutto della passione ed arte italiana.
Ciò che più impressiona, però, è il fatturato che Ferrari riesce a generare con tutto ciò che riguarda il merchandising (dall’abbigliamento ai parchi tematici), talmente alto che a partire dal 2014 la divisione che ne faceva capo è stata scorporata ed ora è una società a sé stante, la “Ferrari Brand”.
Una riflessione che sorge è il fatto che Ferrari, facendo leva su ciò che la caratterizza e sul Made in Italy che rappresenta, è riuscita a creare un Brand, che cresce di pari passo, se non di più, del proprio core business. E’ riuscita così ad allargare il sogno Ferrari anche ai sognatori che non possono permettersi un auto di tale livello senza svalutare il valore del proprio marchio, ma anzi incrementandolo.
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Penso che il marchio che valorizza l’importanza del “Made in” e il legame con il territorio di origine sia BMW. Già di per se il marchio richiama il nome della regione di origine (Bayern); infatti BMW sta per Bayerische Motoren Werke. In più il logo di BMW riporta i colori (bianco e azzurro) della bandiera dello Stato di Baviera. In questo modo, BMW esalta l’identità tedesca, generando nei consumatori la percezione di elevata qualità delle prestazioni, affidabilità, efficienza ed innovazione. Quindi chi compra una macchina BMW, non compra una qualsiasi, ma compra una macchina che porta con se il valore e l’eccellenza del settore automobilistico tedesco ed è sinonimo di potenza, eleganza, comfort e piacere di guidare.
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Aggiungo una riflessione: forse la domanda non è tanto “Quanto è importante il “Made in”?” ma “Per chi è importante il “Made in”?”.
Faccio un esempio basato sul “Made in Italy”, che sicuramente è quello che ci riguarda più da vicino: chi da valore al “Made in Italy”? Difficilmente gli italiani.
Un caso che mi ha molto colpito è “And Camicie”.
La storia di questo brand inizia negli anni 90, dove l’impresa, per poter essere competitiva sul mercato nazionale italiano, delocalizza la produzione in Romania. Strategia vincente in Italia, perché permette di mantenere costi (e prezzi) più bassi.
Dagli anni 2000 però si rende conto che all’estero, in particolare in Cina, il “Made in Italy” è visto come un asset irrinunciabile ed un grande valore aggiunto per il consumatore cinese, che è disposto a pagare fino a 60 euro in più per una camicia, se essa è fatta in Italia.
La produzione di And, ad oggi, sta infatti progressivamente tornando in Italia, cambiando mercato di riferimento e puntando a chi sa valorizzare questa caratteristica.
Esempi simili si possono trovare in molti brand del mercato lifestyle, in cui il nostro Made in Italy è visto come un indicatore di grande qualità, ma è poco percepito da noi stessi, che ne siamo i custodi.
Bisogna inoltre considerare che come qualsiasi asset, anche il “Made in…” va “aggiornato”.
La tradizione dev’essere unita all’innovazione, nel relativo campo, e all’inseguimento dei nuovi bisogni del consumatore.
Un esempio? Forse Italia Independent.
Si legge sul sito http://italiaindependentgroup.com
“Italia Independent è il brand del Gruppo che coniuga creatività e stile, fashion e design, tradizione e innovazione attraverso il quale il Gruppo sviluppa, distribuisce e vende i propri prodotti e servizi.
[…]
nasce dall’esigenza di aggiornare il Made in Italy, di dare vita a un “Made in Italy 2.0”, operando in diversi settori per esportare lo stile italiano in un mondo globale.”
Non solo un uso passivo della tradizione, ma il tentativo di aggiornarla, rispettandone le fondamenta, al mondo moderno e globale.
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Penso che uno degli esempi più emblematici di aziende che valorizzano la propria origine sia Barilla. L’azienda, nata 140 anni fa, si presenta con uno slogan che non ha bisogno di commenti “The Italian Food Company.Since 1877”. Barilla riesce a promuovere dei prodotti unici attraverso spot pubblicitari ed immagini,aventi forte contenuto esperienziale e valoriale. In particolare sono presenti riferimenti all’autenticità e alla qualità che sono racchiusi nel prodotto di matrice italiana per eccellenza: la pasta. Barilla è un azienda che è cresciuta e che continua a crescere nel tempo, ma la cosa interessante è che nei vari prodotti che vengono proposti nazionalmente e internazionalmente il “tricolore” è una componente imprescindibile che non solo rispecchia la qualità dell’alimento, ma promuove l’arte culinaria italiana.E’ molto interessante a tal proposito dedicare alcune parole ad “Academia Barilla”, istituto culinario inaugurato nel 2004 che ha come obiettivo principale la promozione della cultura gastronomica italiana; attraverso questo centro l’azienda propone non solo corsi di formazione impartiti da chef selezionati accuratamente, ma anche eventi che attraverso l’espediente della pasta fanno leva su componenti più generali riguardanti le radici culturali e storiche nazionali.Non si può non citare un evento svoltosi il 9 febbraio che ha visto la collaborazione dell’Academia Barilla con la nota casa editrice Gambero Rosso; le due aziende hanno proposto uno spettacolo enogastronomico all’insegna del “Made In Italy” a migliaia di invitati provenienti da diverse parti del mondo. Questo appuntamento non rappresenta che la “piattaforma di lancio” di una serie di incontri previsti per il prossimo anno volti a diffondere la tradizione culinaria nel mondo.
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Personalmente ritengo che un brand inscindibile rispetto al concetto di “Made in Italy” sia Alfa Romeo. Come dissi ai tempi dell’esame di marketing 1 si tratta di un brand altamente emozionale, la cui storia accompagna i diversi momenti della storia italiana e che è diventato un’icona dell’auto italiana media nel mondo (Ferrari di fatto nacque da una costola di Alfa Romeo). Il piano prodotti FCA ha saputo riportare al centro della strategia di gruppo il rilancio di Alfa, accompagnandola anche da un parallelo rilancio degli stabilimenti italiani del gruppo. L’espressione del Made in Italy in questo brand, oltre all’aspetto prettamente produttivo, si rivela ancor più nel design che caratterizza i prodotti che è inconfondibilmente italiano. Un auto Alfa Romeo realizzata e/o progettata fuori Italia perde una parte importante del fascino legato all’immagine comune che si associa al brand e che è un carattere distintivo nella categoria rispetto alla concorrenza.
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