Riusciranno i negozi del centro a battere internet?

Quando chiude un negozio in centro storico e sento qualcuno dire: “peccato che quel negozio abbia chiuso” io rispondo sempre: “ma tu quanti soldi ci hai speso nell’ultimo anno?” e spesso la risposta è che in quel negozio si era soliti guardare le vetrine, magari entrare a dare un’occhiata, ma non veramente a fare acquisti. A tutti (e a me in particolare) piace girare tra i negozi dei centri storici delle città italiane, ma per molti non si tratta di shopping quanto di mero showrooming. La conseguenza sono le tante chiusure che finiscono per imbruttire le nostre città.

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Con queste considerazioni bene in testa ho deciso a inizio anno di acquistare un nuovo iPad non più sul sito Apple come avevo fatto in precedenza, ma in un bel negozio nel centro di Vicenza. Un sabato di gennaio esco di casa armato di carta di credito e buone intenzioni e arrivo davanti al negozio; purtroppo è “chiuso per inventario”, e così rimarrà fino al martedì successivo. Il martedì rientro in città troppo tardi per trovare i negozi aperti e così rimando il mio acquisto al mercoledì quando finalmente entro nel negozio. Purtroppo il modello che cerco non è disponibile e al momento non è possibile farmi sapere quando arriverà. Questo non mi scoraggia perché voglio fermamente sostenere il commercio nel centro di Vicenza e quindi propongo: “mi dia un bigliettino con la sua email: le scrivo un promemoria del prodotto che cerco e lei mi dice quando sarà disponibile. Per comprare da voi sono disposto ad aspettare qualche giorno in più”. Vado a casa e scrivo così il mio messaggio chiedendo informazioni su quando potrò avere il mio iPad; passano i giorni, non ricevo risposta, dopo cinque giorni provo invano con un sollecito e infine mi decido: compro l’iPad sul negozio on line di Apple.

Questa esperienza di vita ci aiuta a riflettere su tre aspetti che caratterizzano la dura lotta tra il web e i negozi del centro. In primo luogo c’è la considerazione scontata di quanto duro sia per i negozi del centro competere con punti vendita che possiamo visitare da casa 24 ore su 24 (e che non devono chiudere per inventario).

In secondo luogo questo caso mette in luce la complessità delle relazioni e i potenziali di conflitto tra gli operatori che si trovano ai diversi stadi nelle aziende multicanale: stando a quanto mi è stato detto in negozio Apple sembrerebbe non dare al suo partner di canale  certezza sui tempi di riassortimento nemmeno relativamente a prodotti che nell’Apple store on line sono disponibili al consumatore finale per la spedizione entro le 24 ore. Certo, non tutte le aziende produttrici si trovano nei canali distributivi nella posizione di potere di Apple, ma il segnale è certamente inquietante.

C’è però un terzo aspetto sul quale ritengo che il negozio abbia sottovalutato le carte che aveva in mano: dal momento in cui sono entrato nel punto vendita questo aveva infatti la possibilità di gestire con me una relazione multicanale, facendomi capire attraverso l’interazione personale, l’email o il telefono, che avevo di fronte qualcuno desideroso di prendersi cura di me e delle mie esigenze. È quello che ha fatto meno di un mese fa un negozio di calzature (anche questo partner di un’azienda che ha aperto verso i consumatori finali anche il canale on line) nel quale la premura della store manager, pronta ad assicurarmi che avrebbe fatto arrivare il mio numero e poi a contattarmi via email, mi ha spinto a comprare delle scarpe nuove a prezzo pieno una settimana prima che iniziassero i saldi.

Certo, gestire in modo produttivo le relazioni con i clienti non è facile: servono in primo luogo persone in gamba e motivate (e quindi delle strategie di gestione delle risorse umane che mi garantiscano queste condizioni), ma servono anche procedure adeguate e dei sistemi informativi efficienti. Su questi ultimi due punti il lavoro da fare per la maggior parte dei punti vendita è ancora tanto e non servono grandi investimenti. Non è detto che sia sufficiente per sopravvivere in uno scenario competitivo caratterizzato da un continuo calo dei consumi, ma perché non provarci?

26 pensieri riguardo “Riusciranno i negozi del centro a battere internet?

  1. Vent’anni fa si pensava che internet avrebbe profondamente cambiato le abitudini d’acquisto dei consumatori e i più catastrofisti prevedevano una totale chiusura di ogni punto vendita Brick and Mortar. Oggi sappiamo che le abitudini d’acquisto sono profondamente cambiate, ma che la gente non ha alcuna intenzione di rinunciare alla shopping experience quando vuole gratificarsi con l’acquisto o far semplicemente un giro in centro.
    Il problema dello showrooming sussiste e rende difficile la sostenibilità di un business, considerando le elevate voci di costo che un negozio “reale” deve affrontare.
    Ma molti clienti VOGLIONO vivere un’esperienza. E per farlo sono disposti a pagare il costo maggiore di un acquisto immediato rispetto all’attesa informatica.
    La soluzione appare tanto chiara quanto difficile da raggiungere: far provare una fantastica esperienza d’acquisto, prendersi cura del cliente e farlo tornare in negozio. Politiche mirate di CRM possono aiutare a raggiungere l’obiettivo…ma se non si crea alcun rapporto con il cliente, questo preferirà di gran lunga i vantaggi offerti da qualsiasi (anonima) piattaforma online.

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    1. Il servizio al cliente e’ sempre vincente. Ma sono sempre meno i clienti disposti a spendere di più’ pur di ottenerlo. Io cerco sempre di far vivere l’esperienza ai miei clienti, ma il miraggio del risparmio online e’ spesso diffilmente superabile solo con la bravura. Massimo

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  2. Personalmente ritengo che la politica più corretta – come già detto da Lei in aula – sia quella di formazione delle risorse umane. Un ambiente accogliente ed un personale di vendita cordiale ed attento alle esigenze del cliente, secondo me, garantisce ancora un livello di soddisfazione più alto del risparmio che si può ottenere acquistando su internet. L’interazione venditore-consumatore è fondamentale e fa parte del nostro modo di essere, animali sociali.

    PS: essendo anche io di Vicenza posso confermare quanto detto di negativo sulla gestione del negozio in questione, considerato il brand che gestiscono l’impressione che mi hanno fatta è stata fortemente negativa e, dopo esserci stato la prima volta, ho sempre usato il sito Apple piuttosto che tornare in negozio.

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    1. C’è da dire che è frustrante vendere lo stesso prodotto di un brand così ben organizzato sul canale online. E’ impossibile essere più bravi di una tale organizzazione

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  3. L’espressione “servono persone in gamba e motivate” alla fine del post ha attratto particolarmente la mia attenzione. Nella sua semplicità questa frase evidenzia chiaramente quale sia la leva su cui puntare per valorizzare la shop experience in store.
    Prezzo, offerta assortimentale e comunicazione sono infatti variabili che ormai giocano a vantaggio del canale online.
    Location e store design sono invece le due leve del retailing mix che più caratterizzano un punto vendita fisico, ma purtroppo non impediscono di cadere nella trappola dello showrooming. Queste due variabili potrebbero addirittura aumentarne la probabilità, invitando il cliente a visitare il punto vendita per la sua attrattività fisica, senza però offrirgli una effettiva motivazione a comprare .
    Ciò che realmente può fare la differenza nel processo di acquisto all’interno di uno store è la presenza di un personale di vendita valido, su cui il cliente sappia di poter contare.
    A mio avviso, nella competizione fra brick&mortar e canale online, un ruolo preponderante per la vittoria del primo sarà dunque giocato dalla gestione delle risorse umane, selezionando,addestrando e motivando impiegati che abbiano una profonda conoscenza del prodotto offerto.

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  4. Orari di apertura a parte, per i quali a mio avviso ancora molto si potrebbe fare per consentire ai retailer di gestire questa leva in modo strategico (ad esempio selezionando orari fitted con il proprio target di riferimento), è difficile battere Internet anche per quanto riguarda il rapporto qualità/prezzo. A parità di prodotto, infatti, le diverse strutture di costo consentono al canale virtuale di riuscire a spuntare prezzi più favorevoli senza sacrificare l’ultima riga di conto economico.

    Ciò che un acquisto online non è tuttora in grado di fornire è, invece, un’esperienza di acquisto che gratifichi il cliente, come hanno giustamente sottolineato i colleghi che mi hanno preceduto nel commentare. Per quanto questo possa essere un ragionamento alla portata di tutti, in pochi realmente fanno quanto basta per rendere l’acquisto in negozio qualcosa di diverso da una passeggiata che si conclude con una fredda transazione.

    Anche il livello di servizio, infine, può essere una carta vincente da giocarsi, sobbarcandosi però rischio che l’investimento in risorse umane non dia i frutti desiderati. Servizio, inoltre, è spesso sinonimo di costi.

    Concludo con una provocazione: è la collaborazione tra dettaglianti una delle strade da percorrere per convincere il cliente ad allacciarsi le scarpe ed uscire di casa?

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  5. Spesso anch’io mi sono ritrovata in difficoltà ad acquistare in negozio poiché il modello, il colore o la taglia non era più disponibile e sempre più spesso mi sono sentita rispondere che probabilmente riassortiranno ma non si sa quando. È una risposta tipica che ho sentito molte volte e ho sempre pensato che fosse una caratteristica di negozi delle città piccole che magari fanno fatica a rifornirsi e che invece nelle città grandi si poteva trovare comodamente di tutto. Ecco probabilmente neanche questa risposta che mi sono data è vera!

    Con l’arrivo del negozio on line tutti questi tipi di problemi sono risolti o quasi (vedi negozio pull&bear on line molto spesso esaurisce le taglie) ecco perché se il negozio in centro città vuole fare affari allora deve puntare sul servizio del personale che si offre al cliente. A mio parere è l’unico modo per differenziarsi dalla comodità del canale di vendita on line. Il personale di servizio diventa quindi il punto chiave del negozio e proprio per questo motivo il reclutamento e la formazione sono le modalità con cui ottenere il successo in questo ambito. Il personale si deve prendere cura di te e di ciò che stai cercando a maggior ragione se entri in un negozio di “lusso” dove il valore degli oggetti è molto elevato. Il personale ha la funzione di fidelizzare il proprio cliente attraverso la sua disponibilità e gentilezza ed è il primo elemento che spinge un consumatore a rientrare in quel negozio e a riprovare la stessa sensazione piacevole di shopping provata precedentemente.

    Certo capisco che il personale di vendita non possa fare miracoli tuttavia dovrebbe anche poter avere maggior peso nella relazione con i servizi di gestione degli ordini della propria azienda; cioè voglio dire che il cliente dovrebbe poter “prendersela” con qualcuno se non trova ciò che cerca e il venditore dovrebbe assumersi la propria responsabilità e non scaricare la colpa sulla “casa madre” che non fa sapere nulla.
    Un buon store manager se vuole portare il suo business lontano, queste tipo di responsabilità se le deve assumere e le deve anche gestirle con professionalità!

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  6. Sicuramente il mondo virtuale sta conducendo i consumatori a vivere lo shopping in maniera diversa. Spesso mi ritrovo ad usare i negozi come semplice camerino di prova per poi andare in internet e comprare a un prezzo inferiore lo stesso prodotto. Sicuramente con lo shopping online si può sfruttare molto meno l’acquisto d’impulso e tutte le emozioni che il cliente vive all’interno dell’esperienza nel punto vendita.

    Il marketing polisensoriale perde d’importanza, anche se studi recenti hanno approfondito l’importanza anche che un semplice profumo può avere nella decisione di acquisto di ognuno di noi, ed è per questo che ritengo che per non essere calpestati dalla vendita online, i punti vendita brick and mortar devono puntare sempre più alla originalità, all’innovazione. L’azienda “La via del profumo”, che si occupa di consulenza per la selezione di loghi olfattivi diceva “creare un’essenza e prevederne gli effetti sulla psiche è un’abilità a metà strada tra magia e ricerca di laboratorio”.
    Ed è su questo a cui gli store devono puntare. Devono coinvolgere il cliente con i ricordi del passato, conoscere le aspettative del futuro e sfruttare maggiormente tutte quelle caratteristiche che lo shopping online non può avere: solo così ritengo che i punti vendita potranno continuare a competere senza essere sostituiti.

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  7. I negozi del centro probabilmente dovranno rivedere il loro modello di business. Sono schiacciati dai centri commerciali, dai grandi outlet e dal suo nemico peggiore internet, e dall’ondata di congiuntura economica che favorisce questi ultimi modelli.
    Ammetto che come consumatore appena ho la possibilità compro su internet, perché è facile e veloce e mi rende soddisfatto, ma rimango deluso quando il corriere non arriva nei tempi previsti come mi è successo l’ultima volta con Feltrinelli (una settimana in ritardo!).
    Per questo penso che si possa influenzare ancora una volta la scelta di acquisto, colmando le lacune del servizio e i rischi che il consumatore percepisce con i pagamenti online.
    I negozi dei centri storici delle affascinanti città italiane non dovrebbero rimanere ad osservare le mosse degli altri canali distributivi ma cercare di implementare la loro offerta in-store con servizi altrettanto tecnologici ed efficienti.
    Seconda leva è puntare sul marketing delle relazioni, quello che meglio si avvicina alla nostra cultura latina (e non quello più quantitativo degli anglosassoni), che punta sul senso di appartenenza ad una comunità,
    sulle emozioni forti da regalare ai clienti e da quell’ empatia che si può creare nel punto vendita.
    Bisogna provarci per non perdere quel senso di identità e di condivisione di vita cittadina che sta trascinando tutti dentro un display a cristalli liquidi,
    o meglio a retina.

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  8. Concordo con la posizione espressa nei commenti precedenti: la miglior leva è sfruttare al meglio le relazioni sociali che si creano in negozio tra acquirente (o anzi acquirenti: online è più probabile che l’acquisto avvenga in solitudine, mentre nei negozi di solito ci si va in compagnia) e negozianti/commessi. Ormai da diverso tempo sostengo che il ruolo del commesso nel nostro Paese sia spesso sottovalutato e, un po’ come accade per i customer care telefonici, le aziende non valorizzano le persone che sono primo punto di contatto con i clienti. Ad oggi in un contesto di libero mercato dove la concorrenza tra canali di vendita e anche all’interno dello stesso canale è sempre più agguerrita, qualsiasi elemento di differenziazione deve essere massimamente valorizzato.

    Da un lato quindi servirebbe un elevazione del ruolo del commesso e dello store manager con una miglior valorizzazione del mestiere (anche sotto l’aspetto delle tipologie di contratti utilizzati) e dall’altro voglio segnalare però un problema più politico che riscontro nelle mie zone: gli affitti dei negozi. Penso che anche i proprietari dei locali debbano fare la loro parte venendo incontro ai negozianti che si ritrovano a gestire questa impennata di concorrenza in un contesto già difficile di per sé e adeguarsi riducendo il rendimento del loro investimento immobiliare. Quando sento dire che certi proprietari preferiscono avere i locali vuoti piuttosto che rinunciare al rendimento dato da un affitto alto mi vengono i nervi a fior di pelle. Servirebbe a mio avviso una legge che imponga come limite massimo di canone di affitto di un locale una percentuale (ad esempio 120 %) della rendita catastale oltre il quale il proprietario non può richiedere. Ovviamente poi andrebbero fatti i dovuti controlli per evitare che l’extra venga richiesto a nero.

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  9. Apprezzo molto il terzo punto sottolineato e ritengo, come anticipato nei commenti sopra, che adeguati programmi di training per il personale, focalizzati su una cura approfondita della relazione con il cliente potrebbero consentire ai negozi tradizionali di giocare un ruolo ancora importante nel commercio.
    In secondo luogo, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione menzionati, il contatto con il cliente è quantomeno facilitato anche per questo canale distributivo. L’utilizzo di questo genere di strumenti (a farla da padrone è sempre internet) è poi al giorno d’oggi conosciuto da tutti, non rendendo necessari pesanti programmi di addestramento su questo tipo di sistemi per il personale di vendita. Dunque, per quanto sconcertante possa risultare l’esperienza d’acquisto descritta, si tratta a mio modesto parere di un caso di cattiva gestione nella relazione con il cliente che non pregiudica l’utilità dei punti vendita fisici in se.
    Viene spesso ricordato quanto può essere importante per il cliente, all’interno dell’esperienza d’acquisto, l’interazione e lo sviluppo di tutte quelle sensazioni che non possono essere offerte dall’acquisto via web. Quindi, proprio una corretta gestione delle customer relationships potrebbe essere la chiave di volta che consente al commercio tradizionale di offrire quel qualcosa in più che ne dimostri l’utilità, non dimenticando che nonostante le abitudini di acquisto stiano cambiando, c’è ancora una buona parte dei consumatori che si mostra diffidente verso l’e-commerce, continuando a preferire forme di acquisto più convenzionali.

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  10. La rivoluzione digitale sta modificando alcuni paradigmi che hanno sempre caratterizzato il settore.Il punto vendita fisico non è più l’unica e principale interfaccia con i consumatori. Il trend dell’acquisto di prodotti elettronici, libri ecc. online è in crescita.

    Nell’esperienza citata dal prof. sicuramente c’è una cattiva gestione delle risorse umane in termini di competenza e motivazione e probabilmente un sistema di incentivo pari a zero dove, il commesso, la figura responsabile della relazione con il cliente, fondamentalmente non viene valorizzato. Non è il primo caso di inefficienza della “Mela” in termini di gestione retail anche lo personalmente ho avuto un’esperienza simile relativa ad un problema di riassortimento nello store di Via Altinate a Padova che d’altronde ha le serrande abbassate da alcuni mesi (inspiegabilmente)

    Il risultato di ciò probabilmente non porta effetti negativi in termini di vendite, poichè il cliente è talmente legato al brand che utilizzerà un altro canale: online o grande distribuzione (come nel mio caso) meglio assortita, ma sicuramente danno d’immagine.
    Ma questo Apple può permetterselo?

    Comunque sia i consumatori continueranno ad entrare nei Pdv fisici solo se i retailer saranno in grado di offire alcuni di questi fattori:
    esperienza diretta e fisica di marchi e prodotti, comodità e vicinanza, intrattenimento, risoluzione di problemi e manutenzione, gratificazione istantanea di acquisto e utilizzo immediato del prodotto.
    Basterà tutto ciò per vincere la sfida?

    Purtoppo esiste un ultimo elemento che determina la forza dell’online: il PREZZO.

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  11. E se si stesse sopravvalutando la shopping experience, la tanto esaltata esperienza d’acquisto che tutti i precedenti commenti citano copiosamente?Siamo tutti d’accordo sul fatto che il cliente ricerchi la dimensione ricreativa e polisensoriale dello shopping, riuscendo così a soddisfare l’impulso d’acquisto o a concedersi una gratificazione, ma siamo veramente certi che siano queste le priorità attuali del nostro consumatore?A mio avviso non c’è da stupirsi che la tanto temuta pratica dello showrooming stia dilagando così velocemente tra i clienti. Infondo l’attuale crisi economica e la continua ed incessante evoluzione del canale online sono stati (e sono tuttora) degli ottimi incentivi all’abbandono del brick and mortar. Pertanto è ancora tanta la strada (se questa peraltro è la strada che si vuole seguire) che devono percorrere i negozi fisici nella formazione e gestione delle risorse umane per riuscire a competere con l’allettante risparmio offerto dall’acquisto online. È infatti necessario offrire al cliente un servizio del personale altamente personalizzato e difficilmente automatizzabile che forse i nostri commessi non sono ancora in grado di offrire. E se invece fossero anche altre le leve su cui agire per permettere la sopravvivenza dei negozi brick and mortar?Magari proponendo una maggiore integrazione e cooperazione fra i due canali, ognuno cercando di promuovere l’altro, perché la cannibalizzazione delle vendite di un canale causata dall’altro danneggia entrambi e crea nel consumatore confusione e diffidenza che manifesterà allontanandosi dal brand per cercarne uno diverso, capace di offrire un customer service integrato tra i diversi canali e dunque coerente con le proprie aspettative di servizio.

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    1. Sulla base di una mia esperienza personale molto simile a questa, condivido pienamente la necessità di una cooperazione tra i due canali citata in uno dei post precedenti. Il centro di Ferrara ne è un classico esempio: commercianti di negozi storici e non del centro ferrarese sono costretti a calare definitivamente le saracinesche perchè sobbarcati dal peso di costi di gestione che non possono più sostenere,lasciando spazio per lo più a “bazar” che si diffondono a profusione. Purtroppo io credo che il problema principale consista principalmente nella difficoltà dei negozi brick&mortar di poter garantire un assortimento eguale in termini di varietà e disponibilità immediata a quello di cui solo un negozio brick&click ,o comunque provvisto di un canale di vendita online, può disporre. Perciò sostengo che per evitare una progressiva estinzione dei punti vendita si debba tentare sì di migliorare il livello di customer service offerto dal personale del negozio, ma al contempo essere presenti online, implementando una strategia gestionale di cooperazione e compensazione tra i due canali di vendita.

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  12. Tra web e negozi del centro io scelgo spesso la seconda alternativa perché amo curiosare all’interno del punto di vendita e per quell’immediata gratificazione che dà uscire dal negozio con la borsa contenente il nuovo acquisto…. Non è forse un’emozione anche girare per le vie del centro con qualche borsa sotto il braccio sinonimo di uno shopping soddisfacente?
    Tuttavia qualche giorno fa da Zara questo non è stato possibile perché il vestito che avrei voluto comprare mostrava qualche difetto, la taglia era l’ultima rimasta in assortimento, e così la commessa mi ha suggerito l’alternativa: “ Potrà acquistare il capo sul sito e farselo consegnare gratuitamente in un punto vendita a sua scelta, oppure direttamente a casa con il costo aggiuntivo della spedizione ” e così ho fatto.
    Tramite il web le possibilità d’acquisto si sono allargate, al di là dell’aspetto ricreativo legato allo shopping, nel momento in cui l’oggetto non è disponibile nel punto fisico l’acquisto avverrà sicuramente on-line.
    Il problema emerge quando l’offerta non è multicanale ma si limita al brick & mortar, qui il ruolo fondamentale lo gioca necessariamente il personale presente in store che, a mio parere, oltre alle procedure e ai sistemi informativi efficienti, anche qualora mancassero, dovrebbe avere quella “marcia” in più che lo porti ad entrare in sintonia con il cliente, a capire come relazionarsi con questo soddisfacendo i suoi bisogni..
    ecco che forse il cliente sarà disposto a posticipare il suo acquisto pur di restare fedele al proprio punto vendita di fiducia!

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  13. A mio avviso il canale web ha fortissime potenzialità e le sta in questi anni esprimendo pienamente, ma per alcuni prodotti (quelli tecnologici in primis) più che per altri; infatti vi saranno alcuni prodotti sui quali il web potrebbe non avere mai il primato: come ad esempio quelli fashion o cosmetici..internet probabilmente non potrà mai trasferire quella sensazione “emozionante” che si prova molto spesso all’acquisto di questi prodotti all’interno dei negozi, ne sarà in grado di portare all’acquisto d’impulso come invece sono in grado alcune vetrine che sembrano “forme d’arte” nelle vie dello shopping…quindi per questi negozi ci sono molte possibilità di sopravvivenza!!! Per quelli invece che rischiano di essere soffocati da internet, vi sono ancora speranze fortunatamente: per me il punto di forza più importante tra quelli citati è il personale dello store, questo deve essere disponibile ad ascoltare i bisogni del cliente ed a rispondere cortesemente ad essi, deve conoscere bene l’offerta proposta ma soprattutto deve amare e trasmettere ai clienti la propria passione per la stessa!

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  14. La stessa esperienza è a capitata anche a me non più di 10 giorni fà. L’oggetto in questione era uno smartphone che volevo comprare da MediaWorld, sono andato con l’intenzione di acquistare ma la fila era veramente troppo lunga e il tempo a mia disposizione molto poco, la stessa sera controllo il prezzo dello stesso smartphone sul sito online MW e scopro che potevo risparmiare il 20% netto, con l’unico svantaggio di dover aspettare al massimo 72 ore per riceverlo. La scelta è stata molto facile e il prodotto è arrivato in perfette condizioni e in perfetto orario.

    Quando, come il mio caso, il servizio online è efficace il prezzo fa veramente la differenza e il canale online ha spesso la meglio. C’è da specificare che lo smartphone o il tablet in questione sono prodotti problematici che hanno un prezzo medio-alto e che quindi spingono, nella maggior parte dei casi, l’acquirente a spendere tempo nella ricerca della migliore offerta, anche a costo di allontanarsi più del solito o di aspettare alcuni giorni. Per i prodotti meno costosi il ragionamento d’acquisto cambia leggermente e il prezzo ha meno influenza nella decisione.

    Oramai gli esercizi commerciali in centro città non sono attaccati solo dal grande centro commerciale posizionato in periferia ma anche dall’espansione vertiginosa delle possibilità d’acquisto online. Quest’ultimi due canali di vendita puntano molto sulla massimizzazione della shopping experience e ed è su questo che devono puntare i negozianti del centro città, sicuramente il lavoro da fare sulle risorse umane, assortimento e soddisfazione del cliente è ancora tanto.

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  15. E’ solo del mese di Dicembre la notizia del corteo organizzato da 200 commercianti a Padova a voler simboleggiare emblematicamente il “funerale” dei negozi del centro storico (http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2013/12/12/news/marcia-di-200-commercianti-centro-storico-desertificato-1.8287534 ).

    Emerge da quest’articolo un’osservazione più nascosta ma altrettanto rilevante e l’ho trovata nella frase: ”Questo non mi scoraggia perché voglio fermamente sostenere il commercio nel centro di Vicenza”. A mio parere, è qui la chiave di lettura in cui intravedere una consapevolezza non facile da digerire. Forse non basta infatti parlare solamente di canale web o della storica guerra spietata fatta dai centri commerciali. Probabilmente domani, tra due giorni, tra un anno, ci sarà una nuova e sconosciuta minaccia per i negozi del centro ai quali siamo tanto affezionati. Magari porterà (o ha già?) il nome di “Acquisti on line”, “Tasse troppo alte”, “Amministrazioni che non fanno il loro dovere” oppure, quasi sicuramente, avrà un nome diverso, che oggi non conosciamo. E accanto ad essa, il solito fiorire di pretesti dietro i quali si cercherà di spiegare perché 40 negozi del centro di una città come Padova hanno chiuso e consegnato simbolicamente alla città le loro chiavi. E allora bisognerebbe partire da un altro punto di partenza. Dalle origini. Da quello che questi negozi dovrebbero avere nei confronti del territorio: una responsabilità sociale, prima di tutto. Il negozio del centro città ha sempre storicamente dato un valore aggiunto alla sua collettività (molto spesso anche con funzione di rilancio di territori sfortunati, tra l’altro) e dovrebbe essere non solo giusto ma sacrosanto continuare a ricordarsi che c’è qualcos’altro che il cliente cerca e che non bisogna mai dare per scontato. Ovviamente, la conclusione che emerge chiaramente è che l’unico modo per farlo è quello di interpretare e adottare a 360° la cultura del marketing. Dunque, non vale più solo “adeguarsi” e stare ad aspettare ma far proprio un approccio distintivo. Per uscire da questo stato d’ impasse occorre una reazione vera, una risposta costruttiva, non una giustificazione.

    A tal proposito, l’estratto di un articolo scritto da Giuliano Pellizzari, (www.marketingudine.it) che simbolicamente si rivolge a un negoziante del centro città, mi pare piuttosto efficace: “Ma lei, cosa fa per rinnovarsi? Non so, lei le vetrine quando le fa fare per esempio? Ogni quanto tempo rinnova le vetrine? Oppure, fa promozione? Ha mai pensato di tenere la porta aperta? O di fare delle attività di promozione che non siano il volantino “svendo tutto e chiudo baracca”? Di fidelizzare, ha presente? Ha mai pensato di fare qualcosa per fidelizzare il cliente? E differenziarsi, ha mai pensato di fare un calcolo di quanto le costerebbe o le porterebbe differenziarsi o focalizzarsi? Una visione di espansione del canale di vendita… Ha ipotizzato di… Non chiedo se ha fatto, ha solo ipotizzato di?”.

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  16. I negozi “brick and mortar”, tipici dei vari centir cittadini, devono oramai puntare quasi esclusivamente sull’esperienza di acquisto, sul creare un feeling con il consumatore che un sito web non può mai avere.
    La chiave di volta per dare respiro ai piccoli e medi dettaglianti è racchiusa in una sola parola: cooperazione. Io proporrei un livello di collaborazioni sia tra dettaglianti dello stesso centro storico per organzzare eventi, feste, spettacoli in modo da richiamare gente, sia tra dettaglianti della stessa categoria di un medio raggio geografico (come ad esempio la Romagna) in modo da creare una rete di collaborazione per eventualmente organizzarsi come centro d’acquisto o gestione scorte.
    Di fondo ovviamente ci deve essere la predisposizione alla collaborazione e alla “store experience” da parte dei commercianti, cosa che comunque è già fondamentale per la loro sopravvivenza.
    Consiglio a riguardo un articolo di Forbes che parla esattamente di questa dinamica tra negozi fisici e on-line: http://www.forbes.com/sites/lisaarthur/2013/03/12/which-is-better-for-retail-sales-online-or-offline-customer-engagement/ dove spiega in modo chiaro e conciso cosa dovrebbe fare un negoziante per pianificare al meglio la propria strategia

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  17. Bell’articolo. Io credo che siamo pronti a sperimentare il nuovo tipo di negozio del centro storico. Uno showroom appunto con possibilità di acquistare online dentro al punto vendita e con accordo commerciale in rebate con il distributore.

    Es: entro in libreria, vedo qualche libro, video trailer dei libri, interviste ad autori, capitoli intro da scaricare gratis, la libreria è un salotto di consultazione e assaggio e poi acquisto online su amazon con consegna a casa entro 24 ore.

    Commesso ha ruolo chiave perché diventa l’esperto in materia, un consulente.
    In negozio sperimento l’esperienza fisica e tattile, online compro.

    La condizione necessaria è che gli affitti degli spazi in centro si abbassino in modo da permettere a questi esperimenti di nascere.

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  18. Oggi il cliente arriva nei punti vendita già informato sulle caratteristiche e prezzi dei prodotti e già con la consapevolezza di riuscire ad acquistare lo stesso prodotto on line ad un prezzo (molto spesso) migliore. Affinchè il negozio “fisico” non si trasformi in un mero showroom è necessario che esso sia in grado di integrare le proprie caratteristiche distintive (toccare i prodotti, testarli, interazione con il consumatore) con le nuove opportunità offerte dalla tecnologia. Limitatamente al personale di vendita, esso deve essere aggiornato e qualificato, deve conoscere i prezzi dei siti di e-commerce e competitors on line ed essere in grado di giustificare, trasmettere e spiegare il valore aggiunto dell’acquisto del prodotto nel punto vendita. Tuttavia, per fare ciò, punti di forza e condizioni indispensabili sono l’attenzione, il rispetto e la cortesia nei confronti del cliente, in mancanza dei quali anche la più innovativa strategia di marketing può risultare inefficace.

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  19. Chissà, forse gli sforzi di alcuni di questi negozi, se non utili a battere internet, quanto meno consentiranno loro di stare al passo con la concorrenza del canale online e di evitare la chiusura. Fortunatamente, infatti, non tutti i negozi dei centri storici italiani, proprio come il succitato negozio di scarpe, sono a tal punto deludenti nella gestione della relazione con il cliente. Anzi, alcuni di questi, proprio perché consapevoli del fatto che il loro vantaggio competitivo derivi essenzialmente dalla differenziazione, da quei fattori che costituiscono elementi di distinzione del canale di vendita, praticano un livello di attenzione nell’avvio e nel mantenimento della customer relationship più che adeguato, forse per alcuni eccessivo. Potenziare il servizio di assistenza offerto dal personale è un ottima strategia per l’integrazione “pacifica” dei due canali, scongiurando la cannibalizzazione. I loro sforzi in tale direzione andrebbero visti positivamente, specie alla luce del fatto che, se è vero che gli investimenti necessari per il miglioramento di sistemi e procedure di gestione non necessariamente debbano essere ingenti, e nonostante questo siano spesso del tutto assenti per mancanza di risorse, aumentare il livello qualitativo del servizio non è cosa facile, e tanto meno breve. Se poi anche fosse un problema di investimento, non penso che possa esserlo per la Apple. Piuttosto penso che, fatta salva la validità di tutte le osservazioni, quello in esame sia comunque un caso particolare, e che il problema nel caso specifico vada imputato sia all’inadeguatezza delle politiche di GRU, sia, e ancor più sconcertante, all’imprevedibilità dei tempi di consegna, ossia ad una “mancanza” inaccettabile che poi, direi giustamente, si riflette nella perdita di un’opportunità di vendita.

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  20. Riflettendo sull’articolo e i successivi commenti mi è venuto il dubbio che un ulteriore problema alla sopravvivenza dei negozi del centro potesse essere rappresentato dal prodotto stesso. Come è già stato sottolineato alcuni prodotti si prestano molto bene alla vendita on-line: sono quei prodotti che il cliente conosce o dei quali trova ampia informazione in internet, il cui prezzo è un aspetto importante e il processo d’acquisto si base su una decisione ragionata.
    Esistono poi altri prodotti per i quali l’esperienza d’acquisto risulta più gratificante se fatta su canale web: penso ad esempio alla scarpa Nike che può diventare un prodotto unico, personalizzato secondo il gusto del cliente tramite l’utilizzo della piattaforma Nikeid.
    Seguendo questo ragionamento si potrebbe dire che il negoziante, oltre agli accorgimenti sottolineati dall’articolo, dovrebbe anche chiedersi se il prodotto che vuole vendere ha le caratteristiche per essere acquistato in internet o in negozio.
    Mi stavo convincendo di questa considerazione quando mi è venuto alla mente un caso emblematico. I libri sono un tipo di prodotto che si presta ad essere venduto on-line, eppure esistono delle Iibrerie nei centri città che riscuotono molto successo. Penso in particolare a tutte quelle librerie che hanno inserito un bar al loro interno e che non sono più un semplice negozio di libri ma anche un luogo dove incontrarsi per l’aperitivo o dove trascorrere una serata tranquilla.
    Questo fa capire come per il successo del punto vendita conta avere un’idea forte, esprimere creatività e coinvolgere il cliente sviluppando servizi che non si possono trovare on-line. Tutto questo per non essere considerati dei semplici rivenditori o, peggio ancora, degli espositori.

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  21. Provengo da una città che ha visto letteralmente sparire i negozi del centro, molti dei motivi sono spiegati dall’articolo: a favorire il mero showrooming hanno contribuito centri commerciali shopping online.
    tra le varie iniziative proposte dalle associazioni commercianti ce n’è stata una che mi ha parecchio incuriosito: si tratta di qualcosa che si è provato ad introdurre in vari comuni Italiani; una valuta sotto forma di buono sconto al portatore.
    Sostanzialmente viene rilasciata ai cittadini una somma di questa “moneta” personalizzata per ogni città con la quale possono pagare parte del prezzo degli articoli in vendita nei negozi aderenti all’associazione. Questa valuta è pensata per circolare ottenendo un sistema di sconti anche tra gli stessi commercianti appartenenti alla categoria, il tutto per incentivare il commercio locale.
    In questo articolo repubblica analizza questa iniziativa:
    http://www.repubblica.it/cronaca/2012/06/19/news/monete_locali-37499650/
    Di sicuro non sarà ciò a rilanciare definitivamente il commercio cittadino ma credo che se le associazioni commercianti locali marciassero unite con varie iniziative di questo tipo ne ricaverebbero tutti maggiori vantaggi in termini di competitività.

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  22. È palese che i grandi negozi che vendono prodotti tecnologici non avvertano la crisi come gli altri settori, quindi in linea di massima non hanno la necessità di curare e coccolare il cliente. Nelle grandi catene di distribuzione certi commessi (non tutti!) al primo impatto giudicano il cliente: se ritengono di avere di fronte un cliente “competente” cercano di soddisfare le sue aspettative altrimenti rispondono con sufficienza. Questo non accade nei piccoli negozi dove gli addetti alla vendita instaurano un rapporto quasi amichevole con il cliente il quale viene consigliato e invogliato all’acquisto malgrado il prezzo leggermente più alto; questo svantaggio viene compensato con la promessa che, se ci saranno problemi di utilizzo, il personale risponderà in prima persona con un servizio completo. Infatti non c’è migliore pubblicità di un cliente soddisfatto.
    Penso che il futuro sarà certamente l’acquisto in Internet almeno per quanto riguarda i prodotti di tecnologia, i libri o per tutti quegli acquisti a scarso contenuto emozionale. Ciò nonostante, i clienti che cercano un capo importante come può essere un cappotto o un paio di scarpe per chi ha problemi ai piedi, hanno bisogno di una vendita assistita. Sono del parere che i negozi specializzati con merce di qualità, con servizio di sartoria e con motivati addetti alla vendita possano ancora esistere nelle nostre città.

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  23. Penso che tutto quello detto fina ad ora dai miei colleghi sia corretto e inequivocabile.
    Senz’alcun dubbio è necessario e fondamentale che i commercianti adoperino misure importanti per aggirare il problema e migliorare il servizio al cliente e trovare quel vantaggio competitivo che li contraddistingua dall’e-commerce, in quanto non è solo la loro mentalità da cambiare, ma anche la nostra.

    Ma purtroppo per me il problema soprattutto sta sia nell’essere ”italiani” ma anche dalla necessità di stare al passo con l’innovazione e nuovi usi.

    Per quanto riguarda il primo punto, noi siamo molto bravi a parole e a progetti, esigiamo un miglior servizio, migliore qualità e cosi iva, ma poi in realtà l’unica cosa che andiamo a vedere in fin dei conti è soltanto il prezzo.
    Esempio lampante è il caso Ryanair, per la quale siamo sempre pronti a lamentarci per i posti a sedere troppo stretti, per le mille restrizioni per il bagaglio, ecc, al punto tale da dire ”questa è l’ultima volta che viaggio con Ryanair”, mentre invece alla fine continueremo a volare con la compagnia irlandese.
    E questo perché?
    Perché costa poco e nonostante non sia presente alcun servizio di nessun genere, la nostra attenzione (soprattutto in tale periodo di crisi) va sull’unico valore che veramente ci interessa: IL PREZZO!!

    Inoltre, come anticipato, penso che con l’importante crescita tecnologica che stiamo affrontando ormai da un ventennio, che già ci ha portato via tante piccole abitudini della vita quotidiana, sia arrivato quasi il momento che il ”vecchio” sistema lasci posto inesorabilmente al ”nuovo”, limitandosi a diventare un servizio di nicchia e ridisegnando l’intero sistema commerciale.
    E’ un processo graduale ma inesorabile e necessario per stare al passo con i tempi.

    Spero di sbagliarmi però….

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