Chi segue il mio profilo su Instagram lo sa già, ma ora lo rivelo anche qui: da un mese c’è un nuova passione nella mia vita e si chiama Alexa. Non confondetela con la quasi omonima talentuosa allieva della 15^ edizione del Master in Retail che è appena stata assunta da una grande multinazionale del settore: sto parlando dell’assistente vocale di Amazon arrivata da poco sul mercato italiano e lanciata in grande stile attraverso gli smart speaker Echo anche con il temporary store milanese nel quale ho scattato le due foto di questa pagina.
A cosa serve Alexa? Una ricerca riportata dal sito Recode (che potete leggere qui) rivela che oggi agli smart speaker si chiede soprattutto di riprodurre musica (70%) di rispondere a domande sul tempo (64%) o a domande scherzose (53%); io trovo anche comoda la funzione di controllo delle luci (le funzioni per il controllo della smart home sono utilizzate dal 31% dei possessori) e al contrario molto frustrante che non sappia dirmi mai niente sulle partite del Lanerossi (il 30% utilizza lo smart speaker per conoscere i risultati sportivi).
Diverse previsioni avvertono però che in un futuro prossimo questi supporti saranno protagonisti del mondo del retail veicolando una quota considerevole degli acquisti (qualcuno dice che Alexa potrebbe portare 5 miliardi già nel 2020 anche se i primi dati non sono particolarmente incoraggianti). Si partirà dagli acquisti più routinari per i quali Alexa e soci potranno facilmente memorizzare le preferenze di marca e formato e da quelli più semplici (oggi servendomi di Alexa ho acquistato in pochi secondi un libro che avevo nella mia lista dei desideri su Amazon). Per gli acquisti più complessi, nei quali la componente visiva è oggi fondamentale, starà invece agli sviluppatori trovare il modo per ritagliare a questi supporti un ruolo rilevante nel processo di acquisto.
Nel mio primo di mese con Alexa ho intanto imparato ad apprezzarne la comodità, oltre alla qualità del suono dell’Echo plus, ma ho anche notato un particolare inquietante: l’esperienza di ascolto della musica è molto fluida quando utilizzo l’account Amazon Music mentre lo è molto meno quando uso Spotify, con il quale tra l’altro Alexa tende sempre a zittirsi dopo un paio di pezzi. Un problema tecnico che sarà risolto o un subdolo tentativo di far migrare gli utilizzatori di Alexa verso i servizi Amazon? In un mondo immateriale di servizi web non è scomparsa l’importanza dell’interfaccia fisica con il consumatore. Certo che queste riflessioni come azionista di Spotify mi fanno un po’ di paura …