Negli ultimi anni Gucci ha saputo spesso sorprendermi. Lo ha fatto con i numeri del bilancio anche l’altro ieri, quando ha presentato i dati del terzo trimestre 2018 con una crescita comparabile superiore al 35%. Si tratta di un tasso di crescita veramente notevole, ma che diventa sorprendente se si considera che è stato conseguito in relazione al già ottimo terzo trimestre del 2017 nel quale Gucci aveva realizzato vendite superiori a un miliardo e mezzo. Questo significa che nel trimestre chiuso a fine settembre l’azienda ha saputo realizzare oltre 500 milioni (!) di vendite in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
La sorpresa più emozionante Gucci me l’ha regalata però sabato scorso, quando con gli allievi della 15^ edizione del Master in Retail Management e Marketing abbiamo visitato il nuovo negozio Gucci Wooster, aperto dallo scorso maggio in Wooster Street (nel quartiere newyorkese di Soho) nei circa mille metri quadri di quella che un secolo e mezzo fa era una fabbrica di matite.
Avete presente i “soliti” negozi del lusso, belli ma freddi, nei quali si entra quasi in soggezione squadrati con sospetto dal personale di vendita? Beh, Gucci Wooster non è nulla di questo, ma al contrario è uno spazio pieno di energia e di dettagli sorprendenti e divertenti, dai camerini (foto sopra) al cinema che occupa il fondo del negozio (foto in fondo alla pagina). L’aspetto più interessante è però il modello di interazione con il cliente del personale. Gli addetti al punto vendita indossano capi iconici dell’ultima collezione, approcciano chi entra nel punto vendita con uno stile molto informale spendendo tempo ed energie con un visibile entusiasmo per raccontare il negozio e le sue caratteristiche e chiarendo che si possono scattare foto in libertà (non però video).
Questa a dire il vero non è stata del tutto una sorpresa, visto che sapevo che per il negozio l’azienda non era andata alla ricerca di personale di vendita ma di quelli che ha definito “connector”, persone che nella job mission hanno il compito di trasferire passione per il brand attraverso una “branded luxury experience” e di svolgere il ruolo di “Gucci Ambassador by promoting the philosophy and values of the brand”. Direi che le persone che ci hanno accolti sabato svolgono questo ruolo in modo eccellente.
Pensando all’esperienza di Gucci ricordiamo allora che nell’era dell’ecommerce servono meno venditori e più connector e brand ambassador (che sappiano anche vendere ovviamente)!
Aggiornamento del 31 ottobre: un’intervista di ieri a Marco Bizzarri riportata su fashion magazine (può essere letta qui) mi sembra illuminante per comprendere lo spirito di questo negozio «Tutto da noi è all’insegna del contrario (dell’esclusività N.d.A.), l’inclusività, la capacità di non prendersi troppo sul serio e l’empatia che deve trasmettersi in ogni cosa che facciamo compresi i negozi, dove accogliamo le persone con un sorriso»
[…] Management e Marketing di Cuoa Business School? Oltre al negozio di Gucci del quale ho scritto qui, sicuramente quelli di Amazon, le due librerie Amazon Books di Columbus Circle (che avevamo già […]
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[…] sono in parte bilanciate dallo sviluppo di una nuova generazione di negozi come quelli di Gucci (leggi), Ikea (leggi) o Zara (leggi) o dall’apertura di negozi fisici da parte di protagonisti della […]
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