Come è possibile avere successo nel retail nell’era di Amazon? Come fare in modo che un consumatore scelga di comprare la pasta e la birra in un negozio piuttosto che in quello di un competitor, sia esso fisico o virtuale? Ora che l’ecommerce ha reso relativamente meno importante il vantaggio di localizzazione, è sempre più dura differenziare un punto vendita.
Uno spunto interessante può però venire dal percorso di Netflix, un’azienda che nonostante la flessione in borsa delle ultime settimane ha raggiunto una capitalizzazione di quasi 160 miliardi di dollari, con una performance del titolo a 5 anni che sfiora il 1000%. Anche se la trimestrale al 30 giugno sembra aver deluso il mercato, vi si legge un’azienda in grande salute con ricavi per 3,9 miliardi di dollari (in crescita del 40,3% sull’anno precedente) e un reddito netto di 384 milioni.
Quando è partita, una ventina di anni fa, Netflix non era altro che un retailer che distribuiva come Blockbuster i film prodotti da altri, prima noleggiando i DVD fisici e successivamente attraverso lo streaming; i clienti apprezzavano così l’azienda “soltanto” per la qualità del servizio di distribuzione che era in grado di offrire. Nel corso degli anni, però, Netflix si è trasformato da mero distributore di contenuti di terzi a produttore, affiancando a questi delle proprie produzioni originali.
Quel che è più importante, però, è che Netflix è diventato un brand di valore e il logo “Netflix Original” è diventato una variabile che orienta le scelte del consumatore in un mondo affollato di contenuti video disponibili. Guardare le serie Netflix è così oggi un elemento che contribuisce a definire lo stile di vita di una persona come i locali che frequenta o i vestiti che indossa. Non è un caso se in una conversazione o in un post su Facebook capita oggi spesso di trovare l’espressione “stasera sto sul divano a guardare Netflix” mentre questo non capita quasi mai cambiando nella frase la parola Netflix con Rai, Mediaset o Sky.
Come è stato ottenuto questo risultato? Pur considerando la diversità dei prodotti offerti per soddisfare i suoi 130 milioni di members, Netflix ha compiuto delle scelte editoriali precise anche in termini di valori veicolati dalle sue serie. Un esempio interessante di queste scelte è stata la campagna di affissioni compiute in occasione del Gay Pride milanese del mese scorso: in seguito alle recenti uscite del ministro alla famiglia Fontana che aveva dichiarato sulla stampa “le famiglie omosessuali non esistono”, i cartelloni Netflix ritraevano alcune coppie gay protagoniste della serie Sense8 con un provocatorio richiamo alla dichiarazione del ministro (si veda quello nell’immagine in evidenza).
Questa campagna è significativa per due motivi: in primo luogo perché l’affissione manifesta una presa di posizione politica esplicita in contrasto con le posizioni di buona parte dell’attuale governo su una questione divisiva (a questo tema avevo già dedicato un post ispirato dalla querelle tra Trump e Starbucks che potete rileggere qui) e in secondo luogo perché il messaggio è completamente comprensibile solo per i clienti che hanno seguito la serie richiamata, e questo mira a rafforzare la percezione di appartenenza a un gruppo che condivide dei riferimenti culturali e dei valori di fondo.
Credo che questo percorso sia interessante per ogni imprenditore che voglia aver successo nella distribuzione: il punto di arrivo a cui tendere non deve essere infatti solo offrire in modo efficiente Coca Cola, pasta Barilla e caffè Lavazza ma rendere il nome del negozio una garanzia di qualità (e di valori!) trasformando gli shopper in una vera e propria community unita da un senso di appartenenza.
Il caso di Netflix è emblematico perchè esemplifica perfettamente come il successo di un’azienda non derivi tanto da cosa produca o faccia, ma dal perché produce e dai valori che la contraddistinguono: all’inizio, come sottolineato da Lei nell’articolo, non era che un semplice distributore, come tanti altri. Nel tempo però ha saputo trovare spazio in questo campo e rinnovarsi sempre in modo coerente e affine ai propri valori, senza mai perdere di vista il cliente, centro di gravità di tutte le attività (non a caso tra i valori aziendali elencati nel sito ci sono ALTRUISMO e AFFIDABILITA’). Netflix infatti propone una vasta gamma di produzioni originali adatte per tutte le età e classi sociali, diventando una sorta di “canalizzatore” delle scelte di consumo e anche del tempo, talvolta creando anche delle “community dentro la community” (basti pensare al successo clamoroso di “Tredici”, produzione tv originale diventata un vero cult).
Se ragioniamo in questo senso, Apple è forse l’azienda che più di tutte ha saputo creare intorno al proprio marchio un’identità così forte e ben radicata nella mente dei consumatori (i quali non comprano solo un telefono, iPad, Mac, ma piuttosto qualcosa in cui si identificano forti della loro volontà di “sfidare lo status quo”) che l’azienda non conosce crisi: clamorosa è la notizia, pur recente, di come l’iPhone X usato venga valutato all’85% del prezzo originale, chiaro segnale di come l’appeal di questo prodotto, nonostante appunto un pò più “vecchio”, sia comunque molto alto.
La questione alla fine è sempre la stessa: i consumatori non comprano cosa faccio, comprano il PERCHE’ che ci sta dietro. Se non si capisce questo, i risultati (in termini reddituali e di “engagement”) di Netflix e Apple saranno un miraggio per tante imprese.
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