I pomodori da 70 centesimi

Oscar Farinetti dice una cosa giusta con le affermazioni rilanciate qualche tempo fa anche da Il Gambero Rosso (dove ho preso anche la foto): se noi consumatori vogliamo prezzi sempre più bassi, se non siamo disposti a pagare più di 70 centesimi per un barattolo di pomodori 🍅, stiamo spingendo le imprese a delle riduzioni dei costi insostenibili e, quindi, stiamo di fatto inconsapevolmente incentivando l’illegalità.

Il problema però non è solo questo: abbiamo visto recentemente che gli stessi fenomeni di sfruttamento della manodopera si trovano addirittura nella filiera del lusso, dove il consumatore è disposto a riconoscere un grande valore al prodotto pagando un prezzo più che sufficiente a garantire un equo trattamento dei collaboratori e dei fornitori.

Il problema, quindi, è che il consumatore non ha nessuna garanzia che dietro a un prezzo alto ci siano delle condizioni di lavoro dignitose e non, banalmente, un imprenditore ancora più avido e spregiudicato.

Come se ne esce? Con la trasparenza, innanzitutto, condividendo con il mercato quante più informazioni possibile sulla filiera e sui luoghi di produzione. Ricordate la moda lanciata anni fa da Whole Foods Market di mettere la foto del produttore sugli scaffali di frutta e verdura 🍆? Oggi la tecnologia offre molte altre possibilità.

Questo serve però a poco senza un ferreo sistema di controlli, e qui la palla passa allo Stato.
Se il Governo ritiene che Made in Italy 🇮🇹 sia una cosa seria (e che lo sia anche la lotta allo sfruttamento e all’illegalità) è necessario che parta una seria lotta contro chi non rispetta le regole: tra moda e alimentare non stiamo parlando di centinaia di lavoratori con diverse forme di sfruttamento e illegalità, ma di centinaia di migliaia, un numero sinceramente troppo grande perché possa sfuggire a dei controlli seri.

Sono controlli indispensabili per tutelare i lavoratori, i consumatori e i tantissimi imprenditori che giocano seguendo le regole e che rischiano di essere mandati fuori mercato da chi invece le regole non le rispetta.

PS Rispondo già a chi dice “fanno tutti così” o “è sempre stato così”: non è vero. Frequento da decenni aziende e fabbriche nella filiera del fashion dove le regole sono rispettate.

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