Cosa ci dice l’acquisizione di Supreme da parte di EssilorLuxottica annunciata questa mattina? A caldo direi che conferma almeno due temi sui quali mi sono spesso soffermato negli ultimi anni:
In primo luogo la transazione ribadisce che le collab sono importanti, ma un modello di business incentrato sullo sviluppo di progetti di co-marketing ha in sé dei limiti strutturali legati al fatto che collaborazioni sempre più grandi e sempre più frequenti fanno venire meno due dei requisiti del successo di una collab: l’effetto sorpresa e la scarsità dei prodotti (su questo avevo scritto una pillola 💊 sul mio canale Telegram il 9 marzo 2022).
È un tema che evidentemente VF ha sottovalutato quando ha valutato Supreme 2,1 miliardi di dollari meno di quattro anni fa, ma del quale ha preso maggiore coscienza oggi che rivende il brand per 1,5 spiegando di aver verificato che in realtà le sinergie con gli altri brand presenti in portafoglio sono limitate.
In secondo luogo l’operazione mostra come i tradizionali confini che siamo soliti tracciare per i settori siano sempre più fluidi e porosi: molte testate hanno dato la notizia dell’acquisizione parlando di una accelerazione di EssilorLuxottica nell’abbigliamento. È vero, nell’offerta di Supreme ci sono più vestiti che occhiali, ma il mestiere che EssilorLuxottica ha imparato a fare bene (anche con Oakley) è gestire dei brand lifestyle.
Non a caso nel comunicato stampa relativo all’acquisizione non si parla di felpe o magliette, ma di “nuovi pubblici, linguaggi e dimensioni creative“.
Ottica e abbigliamento sono quindi settori che hanno naturalmente molte differenze, ma in fondo sono di più le cose che hanno in comune.
PS L’immagine è relativa a una memorabile collab di Supreme, memorabile soprattutto perché aveva seguito il progetto il mio super allievo Mauro Zilocchi.