👕 92 milioni di tonnellate di vestiti finiscono in discarica ogni anno. 😱
Una quantità difficile da visualizzare e quindi VestiaireCollective ha lanciato una efficace campagna di comunicazione che paragona questa massa di rifiuti tessili al volume di monumenti celebri come il Colosseo 🇮🇹, l’Empire State Building 🇺🇸, la Torre Eiffel 🇫🇷, Buckingham Palace 🇬🇧 o il Marina Bay Sands 🇸🇬.
L’iniziativa è anche una vera e propria dichiarazione di guerra ai brand del fastfashion, visto che la piattaforma di vendita di abiti usati on line ha ora deciso di bandire dall’assortimento brand come Zara, Mango, Gap, Uniqlo o Bershka, in aggiunta ai brand banditi già lo scorso anno.
“Fast fashion brands contribute to excessive production and consumption, resulting in devastating social and environmental consequences in the Global South. It is our duty to act and lead the way for other industry players to join us in this movement, and together we can have an impact” è l’esortazione dell’azienda.
Che il problema dei rifiuti tessili sia drammatico e vada affrontato con decisione non ci possono essere dubbi. Se qualcuno ne avesse può sempre guardarsi il Junk, la cruda docuserie prodotta da Will Media e Sky con l’ottimo Matteo Ward.
Sul fatto che possa essere affrontato ragionando per brand e tracciando una netta linea di demarcazione tra buoni e cattivi ho invece qualche perplessità, perché ci vedo un problema di fondo: è l’intero sistema moda, così come è concepito oggi, con la sua enfasi su novità e stagioni, a essere di fatto intrinsecamente insostenibile, e non mi sembra sufficiente lavarsi la coscienza semplicemente acquistando prodotti dei brand che non sono compresi nel bando ai cattivi.
Quindi viva l’abbigliamento preloved, viva gli abiti di qualità fatti per durare e viva le aziende che decidono di impegnarsi per cambiare il sistema moda, senza pregiudizi basati sulla loro storia o sul loro posizionamento di prezzo.
Buon BlackFriday: comprate responsabilmente.