Retail 2016: il trend più appetitoso

Per individuare il trend più interessante per il mondo del retail in questo anno appena iniziato, proviamo a riflettere su cosa hanno in comune i negozi di Polo Ralph Lauren e di Tommy Bahama sulla Fifth Avenue a New York e quelli di Ted Baker e dello specialista del cashmere Kit and Ace di Shoreditch a Londra.

polo
 Il Ralph’s Coffee del flagship Polo a New York

Sono tutti e quattro dei punti vendita aperti di recente in location molto importanti dal punto di vista commerciale, negozi che esprimono al meglio la strategia retail dei brand fashion e lifestyle che li hanno sviluppati (e sono inoltre quattro dei punti vendita studiati sul campo dagli allievi del master Cuoa in Retail Management e Marketing …).

Si tratta però anche e soprattutto di quattro punti vendita nei quali insieme a capi d’abbigliamento e accessori è possibile acquistare, pur con formule diverse, anche cibo e bevande, in coerenza con quello che l’autorevole WWD ha recentemente individuato come uno dei trend più caldi per il mondo fashion e che rappresenta secondo me anche un segnale della più importante trasformazione in atto nel retail in questi ultimi anni.

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Il Sorry Coffee nel negozio Kite and Ace in Redchurch Str., Londra

La convergenza tra food e fashion non è una novità, visto che si tratta di due delle categorie di prodotti attraverso le quali può essere declinato un brand lifestyle, come del resto aveva intuito tra gli altri il grande Giorgio Armani già parecchi anni fa. Perché allora identificarla come uno dei trend più importanti da segnalare all’inizio del 2016? Il motivo è da ricollegare al ruolo assunto dall’ecommerce che nel corso delle passate Festività ha reso il Cyber Monday importante almeno quanto il Black Friday.

Se il Natale 2015 ha definitivamente sancito che, ormai anche in Italia, il consumatore si è abituato a fare shopping on line non solo di libri ed elettronica, ma anche di prodotti moda e lifestyle, il negozio brick and mortar è costretto a rispondere spingendo ancora di più l’offerta di emozioni ed esperienze. Su questo versante è innegabile che poche retail experience possono essere più piacevoli e coinvolgenti di gustare una tazza di caffè o un cocktail in compagnia.

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L’Everbean Coffee nel Ted Baker di Commercial Str., Londra

È una strategia che funziona? Qualche numero interessante in tal senso si trova andando a curiosare nell’ultimo bilancio approvato (quello relativo al 2014) di Oxford Industries, l’azienda proprietaria del brand Tommy Bahama. La cosa più interessante che si può osservare è che la diversificazione nella ristorazione non ha solo portato nuovi fatturati in questa categoria, più di 60 milioni di dollari nell’ultimo anno (il dieci per cento del totale del brand), ma ha aumentato la resa dei punti vendita anche nelle categorie merceologiche preesistenti visto che i punti vendita adiacenti a uno dei quindici ristoranti (e, come nel caso di New York, direttamente comunicanti con questo) hanno una resa per metro quadro che è in media doppia rispetto a quella dei punti vendita senza un bar o un ristorante. Seduti davanti a un bicchiere di rum in un ristorante Tommy Bahama, è la spiegazione fornita dal CEO Thomas C. Chubb III, il cliente può cogliere al meglio la vera anima del brand e questo aumenta la sua disponibilità ad acquistarne i prodotti.

La diffusione di bar e ristoranti nei punti vendita, e l’accelerazione della convergenza tra food e fashion, sarà quindi il più importante trend di sviluppo del retail nel 2016? In ogni caso si tratta del trend più appetitoso: buon anno a tutti!

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Il mio cocktail preferito al Marlin Bar di Tommy Bahama a New York

NB le foto che illustrano il post sono state scattate da me e possono essere liberamente utilizzate citando la fonte

27 pensieri riguardo “Retail 2016: il trend più appetitoso

  1. Sicuramente un binomio interessante quello tra Food e Fashion e, sicuramente, anche efficiente al fine di creare un certo tipo di emozione in chi si approccia a queste realtà da cliente o potenziale tale.
    Tutto però, a mio parere, dipende dal target: se per brand come Tommy Bahama l’accoppiata della “doppia F” risulta essere vincente al fine di far assaporare il lifestyle di “vita caraibica” ciò potrebbe non essere confermato con dei brand che si rivolgono a target meno legati al cibo.
    Ciò però può essere facilmente aggirato andando a creare emozioni attraverso altre sinergie che sfruttano elementi reputati salienti nella vita del target a cui mi rivolgo: musica per gli appassionati, videogiochi per un pubblico più giovane, saloni di bellezza per un target più femminile.
    Svariate sono le vie per generare un emozione ma bisogna saper scegliere la migliore.
    Tornando al binomio Fashion-Food sicuramente la strategia è valida ma, a questo punto, mi sovviene una domanda: l’Italia, paese delle 3F, sta già assaporando questo trend di sviluppo? I brand che operano in questo mercato lo stanno sfruttando appieno?
    Sicuramente sarà un trend che anche nel nostro paese potrà riservare delle belle sorprese.

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  2. Connubio vincente pare esser quello tra Food & Fashion; è come se i negozi facessero gara a chi offre più valore aggiunto rispetto ai concorrenti, valore aggiunto in termini di esperienze poli-sensoriali e di servizi offerti.
    Mi domando e rigiro la domanda a chiunque: fino a dove potrà arrivare, in termine di servizi offerti, un negozio?Tutti i negozi saranno destinati a diventar sempre più poli-servizio?
    Credo che in parte la risposta sia all’interno di un elemento focale in tema di Retail e di marketing; L’individuazione del target adatto.
    Sicuramente l’unione Food&Fashion è una leva che permette l’assunzione di posizioni vantaggiose da parte di chi la adotta, ma credo che non possa esser per chiunque.

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  3. Secondo me questa accoppiata risulta essere una idea fantastica. Lo shopping così diventa non solo un modo per comprare, provare vestiti ma anche farsi un giro nel punto di vendita in tranquillità, senza comperare ma anche solamente assaporare un caffe.
    Un idea utile anche per i mariti o fidanzati che sono stressati di aspettare la moglie\fidanzata che finisca di fare shopping. Insomma, Un caffè o un dolcetto per smorzare la noia.
    Oltre al fatto che per gli amanti dello shopping, questa abbinata crea emozioni e sensazioni.
    Secondo me, porterà grandi guadagni per questi negozi.

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  4. Esperienze poli-sensoriali, più servizi,… il cliente al centro del attenzione, sicuramente il trend è quello del fashion & food, in un mercato che si evolve, per far fronte al comportamento del nuovo consumatore. Fino a dove si potrà arrivare? Il limite è solo l’immaginazione, la creatività è il studio di mercato, che deve incontrare il terreno fertile degli investitori. Ciò che viene fatto però è importante che sia nel rispetto della politica aziendale, che riesca a far crescere il brand, anche se può sembrare di copiare gli altri. Il brand diventa sempre più importante, coinvolgendo sempre più industrie.

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  5. L’attività di svago che porta maggior gratificazione alle donne è quella dello shopping; dal punto di vista di un uomo, invece, è quella di condividere una bibita o un pasto in compagnia di vecchi amici. Come fare allora a sfruttare al meglio questo potenziale in termini di business? La miglior risposta l’hanno saputa dare i Brand di lifestyle, che hanno unito due rami commerciali apparentemente distanti, rendendoli agli occhi del consumatore una cosa sola. L’e-commerce sta ormai rubando sempre più spazio all’acquisto in store e oltre alle nuove strategie di vendita come per esempio il “Click and collect”, che sicuramente aiuta ad aumentare il traffico all’interno dei punti vendita, il consumatore deve essere attirato dalla novità e deve essere incuriosito. Ed ecco che l’idea del cross-selling diventa, per ora, l’innovazione del retailer. Il consumatore, non solo si rispecchia nella filosofia e nello stile del brand, acquistando oggetti che gli ricordano l’esperienza sensoriale vissuta all’interno del negozio, ma più di tutto può trovare quello che cerca in uno spazio limitato e in un ambiente confortevole ed intimo: è come se i grandi spazi del centro commerciale, dispersivi e confusionari, si concentrassero in unico ambiente nel quale trovare vestiti, cibo, oggetti di arredamento in sintonia con i propri gusti e piaceri. Forse il mercato si sta dividendo: da una parte la vendita in grandi quantità ma poca qualità; dall’altra oggetti e ambienti ricercati attraverso i quali trasmettere passione e qualità.

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  6. Collegare il mondo fashion al mondo food è sicuramente un’idea vincente che può portare un aumento di fatturato al punto di vendita che lo esegue, una forte diversificazione dell’offerta, un vantaggio competitivo non facilmente imitabile dato dalla coerenza che si deve mantenere nel collegare il fashion al food e per ultimo, ma non meno importate, porta il cliente a fidelizzarli.
    A mio avviso cercare la fedeltà del cliente, cercando di facendogli provare esperienze sempre nuove ed innovative è la vera chiave di successo in un mondo dove il fast fashion la fa da padrone.
    Se si offre al cliente un’esperienza polisensoriale ed a 360 gradi il consumatore ne sarà attratto e sicuramente manterrà un ricordo indelebile del punto vendita.
    Non è solamente il fashion che inserisce il mondo food nei propri punti di vendita ma se pensiamo all’esempio di whole food market potremmo dire che è anche il mondo food che cerca di declinare i propri punti di vendita in un’ottica “fashion”.
    Sono convinta che questa nuova tendenza nel mixare questi due mondi (e perché non aggiungerne ancora altri?) sia la vera chiave di successo del mondo retail del futuro.

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    1. Negli ultimi anni il “food” è diventato un elemento di comunicazione molto importante, fino ad essere un veicolo pubblicitario (oltre che di business) in contesti molto lontani e ne è esempio lampante il mondo del fashion.
      Pertanto quando negozi come Polo Ralph Lauren o Tommy Bahama decidono di ampliare la propria offerta mescolando nel pdv food&fashion, non solo sperimentano nuove strategie (vincenti) per fatturare di più ma soprattutto si arricchiscono , attraverso il food-telling, di nuove abilità comunicative riuscendo così a raccontare con efficacia innovativa il proprio brand
      Veicolare la propria identità attraverso il food è una risorsa che, per chi ha saputo coglierla, gioca su dinamiche che influenzano aspetti psicologici del consumatore da non sottovalutare, quali il desiderio alla convivialità, il bisogno di appartenenza e auto-gratificazione. Potenzialità che (probabilmente) l’e-commerce non potrà mai sfruttare e che comportano dunque un vantaggio competitivo vincente.

      A questo punto è proprio vero che, come disse Martha Stewart “food is the new fashion”

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  7. Negli ultimi anni il “food” è diventato un elemento di comunicazione molto importante, fino ad essere un veicolo pubblicitario (oltre che di business) in contesti molto lontani e ne è esempio lampante il mondo del fashion.
    Pertanto quando negozi come Polo Ralph Lauren o Tommy Bahama decidono di ampliare la propria offerta mescolando nel punto di vendita “food&fashion”, non solo sperimentano nuove strategie (vincenti) per fatturare di più ma soprattutto si arricchiscono , attraverso il food-telling, di nuove abilità comunicative riuscendo così a raccontare con efficacia innovativa il proprio brand.
    Veicolare la propria identità attraverso il food è una risorsa che, per chi ha saputo coglierla, gioca su dinamiche che influenzano aspetti psicologici del consumatore da non sottovalutare, quali il desiderio alla convivialità, il senso di appartenenza e di auto-gratificazione. Potenzialità che (probabilmente) l’e-commerce non potrà mai sfruttare e che comportano dunque un vantaggio competitivo sostenibile.

    A questo punto è proprio vero che, come disse Martha Stewart “food is the new fashion”.

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  8. Un intelligente mix di Fashion & Food si rivela strategia particolarmente efficace per aumentare il fatturato di un negozio e l’offerta di cibo può essere vista come un’opportunità di brand extension da parte del retailer, a patto di riuscire abilmente a soddisfare i bisogni e le aspettative dei consumatori coinvolgendoli e attirandoli in un’esperienza lifestyle a 360°. La presenza di ristoranti, caffè, angoli bar aumenta il tempo di permanenza del consumatore nel negozio e quindi anche la possibilità che questo acquisti di più. Ecco perchè anche Brooks Brothers, Urban Outfitters e Club Monaco si sono mossi per fare di alcuni dei loro shops non dei semplici luoghi dove acquistare una maglietta, ma qualcosa di più. Entrare in uno di questi negozi vuol dire entrare in un mondo a se stante, in cui Fashion, Food e Design vengono combinati, accostati e inglobati tra loro.
    Un esempio di perfetto Fashion & Food retail concept è dato da uno dei miei negozi preferiti, il Kioskafé di Londra: negozio Monocle di accessori, prodotti lifestyle, edicola internazionale e coffee bar al tempo stesso, concepito in uno spazio dal design impeccabile e curatissimo, vuole essere non un semplice (coffee) shop ma una “celebration of print, journalistic and travel experience”. Come non essere attratti da tale combinazione?

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  9. Fuor di ogni dubbio, il mondo del retail sta affilando tutte le sue armi con l’intento di elaborare una strategia – senza esclusione di colpi bassi! – che possa rilevarsi vincente in termini di ottimizzazione dei KPI aziendali e fatale in termini di crescita vertiginosa dei fatturati. Colpire indistintamente tutta la platea dei fedelissimi consumatori e degli aspiranti tali diventa possibile allorché si mediti sulle necessità da dover soddisfare quali corollari di un’esperienza di acquisto. Così, ad esempio, le maisons dell’alta moda strizzano l’occhio al settore HORECA, offrendo ai clienti la possibilità di vivere un’indimenticabile esperienza costellata dalla possibilità di deliziarsi con le prelibatezze culinarie (tra gli altri, Louis Vuitton, nella boutique di via Condotti a Roma, offre flûte di champagne a chiunque decida di varcare la soglia di ingresso). Quella in discorso, a mio parere, sembra possedere i legittimi connotati per diventare una leva di attrazione e di intrattenimento di successo con l’auspicio che, così, possano cristallizzarsi migliori risultati di comunicazione d’immagine. Un angolo riservato ad un lounge bar, in definitiva, può diventare un elemento determinante nella scelta di chi decide di entrare e farsi travolgere nel vortice dello shopping. Necessario, pertanto, è rivolgere un favorevole plauso a tutte quelle realtà imprenditoriali (non solo il settore del fashion!) che, cercando di ripensare ed espandere il loro business, propongono nuove soluzioni esperienziali!

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  10. Sara’ il piu’ importante sviluppo del retail nel 2016?

    Non credo vi sia una risposta certa a questa domanda, cio’ che si puo’ immaginare e’ che sara’ sicuramente la prima strada che molti, e sprattutto quelli che ne hanno la possibilita’ economica, dovranno adottare.

    Il coinvolgimento del cliente dal lato emotivo con il semplice arredo del punto vendita, non sembra piu’ sufficiente.
    E’ necessario estremizzare al massimo il modo in cui trasmettere un vero e proprio stile di vita ed i valori del marchio. E quale modo migliore di farlo se non cercando di “catapultare” il cliente in un’altra realta’, per esempio in una fantastica isola tropicale semplicemente entrando in un negozio a New York.

    La domanda da porsi pero’ e’: quanto questo vantaggio durera’ nel tempo?
    E’ sicuramente un investimento molto oneroso, che ad oggi solo pochi possono permettersi, e non vi e’ certezza che il consumatore, col passare del tempo, riesca sempre a coglierne l’unicita’, la particolarita’ e il valore esperienzale che trasmette.

    A mio parere e’ un rischio necessario da intraprendere per poter far fronte al nuovo mondo dell’e-commerce.

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  11. L’idea di inserire bar e ristoranti all’interno degli store può essere sicuramente una mossa vincente. Ovviamente a mio parere tutto quello che si offre da mangiare o da bere deve rispecchiare il contesto dove viene inserito, quindi bevendo un drink o mangiando un dolce il cliente dovrà provare esperienze sensoriali che lo coinvolgano, lo facciano sentire parte di uno stile di vita che solo all’interno di quello store potrà provare. Facendo così si sposterà l’esperienza dal camerino al ristorante. Il negozio life style diventerà un luogo di esperienze, relazioni e scoperte dove esisterà una community che avrà una fedeltà sempre più vera, tendente alla cult loyalty!

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  12. A mio avviso il trend che sta prendendo sempre più piede nelle nuove realtà di Retail Branding dove il food si unisce al fashion sta avendo un successo non da poco! Sarà forse dato da tutti i nuovi programmi che incalzano sul mondo della cucina, i food blogger, in TV come per esempio Masterchef dove le puntate raggiungono un audience molto alto, denotano questa sempre più crescente tendenza al mondo food come non più un semplice canale dove poter imparare nuove ricette ma una nuova realtà che diventa una tendenza e spopola sempre più fra i giovani, molti infatti vogliono diventare chef e ne fanno una vera e propria professione per cui aspirare. Certo con tutta questa pubblicità diventa poi un attimo che le grandi compagnie o i marchi di alta moda associano ciò che è di tendenza con il loro prodotto perché tende a renderne di più l’idea! E così che le menti più innovative pur di rilanciare il marchio o sponsorizzare una nuova linea di lusso dedicata alla casa o meglio all’ambiente famigliare più accogliente cioè la cucina uniscono il fashion al food. Per esempio Hermes ha costituito la boutique Shang Xia destinata alla vita lussuosa giapponese dove l’atmosfera onirica che caratterizza la boutique dona una sensazione di benessere a chi entra da farli sentire come nelle nuvole, regala questa sensazione, questa emozione esperienziale che diventa un’occasione unica per il cliente a cui piace essere coccolato, bevendo un ottimo thè per poi acquistare con ancora più entusiasmo i servizi da thè che si trovano dentro il negozio! Tutto ciò per dire che il brand di Hermes punta più sulla storia giapponese, sulla loro tradizione del bere il thè verde rilanciato in un mood lussuoso e rivolto ad una clientela particolare e ben selezionata.

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  13. Sicuramente risulta vincente il connubio tra food e fashion, non penso però che potrebbe funzionare per le catene low cost di negozi di abbigliamento. A mio giudizio il fast fashion risulta accattivante per quanto concerne il prezzo unito al capo sempre al passo con la moda (di minor qualità), ma sono proprio i negozi come Armani e Ralph Lauren, brand qualitativamente superiori, ad aver stravolto il mondo della moda riuscendo ad avvicinare il consumatore alle proprie idee e valori. Sono stati attirati all’interno dei negozi non solo per il “nome” ma anche perché proprio presi per la gola. Sarà il connubio food-fashion il più grande trend di sviluppo nel retail del 2016? Sicuramente si! Il nuovo consumatore è curioso ed affamato di conoscere, ricerca e vuole condividere con gli altri la sua appartenenza al gruppo, vuole essere coccolato e sentirsi anche lui parte di quel mondo che è la vita dello stilista.

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  14. Credo che la combinazione food e fashion sia un importante leva di differenziazione: il consumatore che acquista all’interno dei negozi che mettono a disposizione questo servizio si sente parte di un lifestyle; come nel caso di Tommy Bahama che permette al cliente di evadere dallo stress quotidiano e per mezzora ritrovarsi quasi immerso in una vacanza caraibica.
    A Milano molti Brand di alta moda hanno voluto seguire questo trend: un esempio è il Brand italiano Dolce&Gabbana che lungo le vetrine di Corso Venezia ha creato un bar che rappresenta al meglio la vision del Brand, il lifestyle italiano tra cocktail e piatti tipici della penisola. Altro esempio Dsquared che ha creato il bar/ristorante Cererio 7 simbolo di eleganza ad immagine del brand.
    Credo quindi che questo trend è e sarà in continuo sviluppo;si potranno mettere sul mercato le migliori idee per creare formule sempre più vincenti.

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  15. “La diffusione di bar e ristoranti nei punti vendita, e l’accelerazione della convergenza tra food e fashion, sarà quindi il più importante trend di sviluppo del retail nel 2016?” a mio parere assolutamente sì! Penso che l’inserimento di bar e ristoranti nei punti vendita incentivi il consumatore a recarsi in quel negozio anzichè di un altro ed incentivi anche il processo d’acquisto. In più voglio far notare che, nell’eventualità che il cliente non trovi nessun capo d’abbigliamento o altri prodotti da acquistare, può comunque bere un caffè o altro. Quante volte in un pomeriggio di shopping ci fermiamo in un bar per un aperitivo o uno spuntino veloce? e per farlo si è costretti ad uscire dal negozio. In questi casi invece no. Quindi non solo i punti vendita aumentano gli incassi con denaro che avrebbero perso, ma magari dopo una pausa e un po’ di relax il consumatore è più propenso all’acquisto, specialmente in Italia dove si è molto gratificati dal “buon cibo”. Ovviamente il servizio di bar e ristorazione deve essere in linea con lo stile e gli ideali promossi dal punto vendita! Ad esempio in un negozio di taglie forti, punterei ad attirare i clienti con dolci e pasticcini ed ovviamente eviterei insalate!

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  16. Sicuramente il connubio tra Food e Fashion rappresenta una leva competitiva il cui trend è e sarà in continua crescita nel prossimo futuro in quanto permette ai diversi punti vendita di differenziarsi. Bisogna dire, però, che ciò è possibile in quanto non vi è più un consumatore di tipo tradizionale: ora il fattore esperienziale guadagna importanza nel processo d’acquisto. La diffusione di bar e ristoranti all’interno dei punti vendita permette al cliente di percepire e vivere un vero e proprio lifestyle, come nel caso di Tommy Bahama. Non si tratta, quindi, semplicemente di far provare esperienze sensoriali tramite il gusto; il discorso è un po’ più complesso: il cliente, tramite questa leva, ha la possibilità di vivere e comprendere appieno la filosofia che sta alla base di un determinato punto vendita. Un esempio per spiegare ciò può essere rappresentato da Shang Xia, brand cinese di proprietà di Hermès, nel cui punto vendita ai clienti è offerto del thè, in linea con le abitudini e tradizioni asiatiche.
    in conclusione, tale trend, a mio parere, permette di evadere dallo stress della vita quotidiana in modo molto più marcato rispetto allo shopping tradizionale.

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  17. Il binomio Fashion& Food a mio parere è una idea che potrebbe rivoluzionare totalmente le strutture del retail e non solo del fashion ma anche del fast fashion.
    Non mi stupirei se nei prossimi anni nei negozi più in del fashion Italiani si potrà comodamente sedersi in un’aria riservata al Coffe time.
    Considero questa evoluzione trainata da una visione di customer-Centric, più il mondo del fashion & food è in grado di mettere a proprio agio il consumatore più gli utili aumentano e i numeri non mentono.
    Negozi come Polo Ralph Lauren o Tommy Bahama sono solo i pionieri di questi nuove dimensioni che potremmo definire non-luoghi.
    E’ mia opinione che in un prossimo futuro nei negozi del fast fashion come: Bershka e H&M non sarà solo possibile degustare un ottimo caffè seduti su comodi divani, ma perché no anche mangiare un ottima paella o uno squisito Kaldolmar.

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  18. Certamente fashion & food è un binomio che continuerà a crescere in futuro, in quanto permette al negozio di diversificare e incrementare le entrate, oltre a fornire al consumatore un’esperienza poli sensoriale unica. Non so però se ( io ci spero!) questo tipo di strategia in Italia possa avere riscuotere un successo immediato, poiché il consumatore italiano forse (e ripeto forse) non è ancora pronto per questa novità. Detto ciò unire la qualità della moda italiana alla cucina migliore al mondo, potrebbe far nascere un connubio senza uguali nel mondo della distribuzione commerciale.

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  19. Attraverso questa scelta, tali brand, vogliono far vivere un’esperienza più completa e diversa al cliente. Che sia un elemento vincente per tutti i tipi di brand? Difficile da dirsi. Probabilmente è sostenibile solo da grandi brand o come nel caso di Tommy Bahama che permette di vivere un’esperienza che trasporta le persone al di fuori del contesto normale e lo coinvolge nella “vita” del personaggio creato per il brand. Al consumatore piace vivere esperienze nuove e diverse, ma non sarà forse il fatto di poterle vivere in luoghi creati da grandi firme e brand, famosi e conosciuti?
    Poi c’è chi come Armani che ha puntato su un’idea completamente nuova e diversa, ha realizzato l’albergo a Milano e Dubai in perfetto stile Armani, all’insegna del lusso e l’eleganza. Pensando poi, per un futuro, alla clientela più giovane, per dare la possibilità a tutti di vivere un’esperienza in perfetto stile Re Giorgio.

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  20. Quando ho letto il commento relativo a fusione tra food e fashion, la prima idea venutami in mente è che tale operazione può rappresentare un valido “contrasto” dei punti vendita fisici nei confronti del dilagante fenomeno degli acquisti nel settore e-commerce. Se infatti in quest’ultimo caso un utente può acquistare la merce desiderata stando comodamente a casa bevendo e mangiando ciò che vuole, la risposta non può essere soltanto una differenza in termini di fare due passi e due chiacchiere, ci dovrebbe infatti essere un mix di servizi che possano andare a colmare il gap in termini di benessere arrecato e miglioramento dell’ utilità del potenziale cliente.

    Oltre a questo, l’accoppiamento può rivelarsi vincente anche per un’altra questione, il costo opportunità verrebbe massimizzato positivamente, un cliente potrebbe infatti usare questa logica, ovvero quella di dire : ” entro a guardare un po’ di merce, mal che vada, (nel caso in cui non trovassi niente di interessante) bevo un caffè” , oppure “entro a bere un caffè, nel frattempo do un’ occhiata “. Si crea in questo modo un’alternativa al tradizionale shopping che dunque diventerebbe un’esperienza più ricca ed entusiasmante.

    L’aumento del fatturato è una conseguenza, e potrebbe derivare dall’ aumento della permanenza a pdv, dall’ aumento della percezione positiva creata (tale che può creare un incentivo all’ acquisto in senso generale), e da un probabile aumento dell’ attrazione.

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  21. Sicuramente la nascita di questa tipologia di retailing è in stretta concorrenza con l’altrettanto importante exploit dell’e-commerce con tutte le perplessità che tale meccanismo presuppone (vedi tempi di spedizione).
    Si sa, il negozio brick and mortar non perderà mai il suo fascino derivante dall’in-store experience, dalla possibilità di vestire dalla testa ai piedi provando vari completi, capirne la qualità e godere istantaneamente dell’acquisto effettuato.
    Se a questo collaudato sistema, si aggiungono ulteriori esperienze come quelle apportate da Kit and Ace da Polo e da molti altri marchi conosciuti il negozio fatto di mattoni non può che migliorare, apportando e fidelizzando in maniera definitiva un cliente, prima magari titubante.

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  22. […] 1. In primo luogo il disegno del governo ambisce a chiudere i negozi lasciando lavorare bar e ristoranti. Ma cosa differenzia esattamente un negozio da un ristorante? Un bel libro scritto qualche mese fa da Mariagrazia Cardinali (non a caso una docente del mio master …) si intitola “retail ibrido” ed esplora l’evoluzione di un settore nel quale le classificazioni tradizionali stanno via via scomparendo. Cosa facciamo allora dei negozi Eataly? Li chiudiamo perché sono negozi o li teniamo aperti perché sono ristoranti? E i negozi Aldi che insieme al pane fresco consentono di bere un caffè e fare colazione? Che dire poi dei sempre più diffusi punti vendita lifestyle che fondono ristorazione e fashion (avevo descritto questo trend un paio d’anni fa nel post che ritrovate qui)? […]

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