Ecco il segreto per mangiare meno Pringles

Sapete quanto incidono sul PIL mondiale i costi connessi con l’obesità ? Il 2,8%, più o meno come la somma dei costi di tutte le guerre e del terrorismo. Basterebbe questo dato, riportato da una ricerca di McKinsey, per spingere allIMG_0908a lettura di Cibo, salute e business, il nuovo stimolante libro di Gianpiero Lugli oggetto sabato di un dibattito nell’ambito di Trieste Next che ha coinvolto anche Claudio Sambri e Francesco Iovine. Il volume è in primo luogo un atto di accusa contro pratiche diffuse come il supersized pricing che hanno contribuito a quella che può ben essere definita come una vera e propria epidemia di obesità. Si tratta però anche e soprattutto di una guida per l’industria, la distribuzione (“l’ultima linea di difesa nella guerra all’obesità”) e lo Stato su come, utilizzando le indicazioni provenienti dalle neuroscienze applicate al marketing, si può frenare questa catastrofe, senza rinunciare da un lato ai profitti e dall’altro ai benefici che i cibi ipercalorici sono destinati a dare anche in futuro per alimentare un pianeta sempre più affollato.

Gianpiero Lugli e, in primo piano, Francesco Iovine di NaturaSì

Il problema è complesso perché non è sufficiente utilizzare una comunicazione cognitiva spiegando alle persone semplicemente che mangiare troppo fa male o quali cibi limitare. Basti pensare che un anno dopo che negli Stati Uniti è stato introdotto l’obbligo per le catene di ristorazione di indicare le calorie delle diverse alternative offerte dal menu ben l’88% degli intervistati ha dichiarato di aver iniziato a scegliere cibi meno calorici come conseguenza di questo cambiamento. Peccato che l’analisi dei consumi abbia rivelato che in realtà i comportamenti non erano mutati. Le risposte cognitive degli intervistati in questo campo segnalano infatti costantemente uno scarto rispetto ai comportamenti effettivi perché questi ultimi sono orientati dalla sfera emotiva. Occorre quindi comprendere e sfruttare il funzionamento della mente delle persone per trovare misure efficaci e il libro ne suggerisce diverse; alcune di queste sono molto semplici, come il mostrare nelle etichette dei cibi ipercalorici l’immagine di persone obese invece che solo numeri o colori, altre richiedono un coinvolgimento attivo di produttori e retailer come interventi sul packaging dei prodotti e sugli assortimenti.

Ma allora come riuscire a divorare meno Pringles con benefici per la linea? Con un tubo di Pringles al formaggio in mano è quasi impossibile fermarsi, lo riconosce lo stesso Lugli; il “segreto” è allora non acquistare il solito formato da 165 g, ma procurarsi invece le confezioni da 40 g come quelle che si acquistano in aereo, in treno o nei distributori automatici. Quando ci saremo fermati dopo aver mangiato anche l’ultima patatina del tubo ne avremo mangiato evidentemente solo 40 g, un quarto del solito; le ricerche dimostrano che il tempo necessario per alzarci dal divano e andare a prendere un altro tubo sarà poi sufficiente per farci riflettere e fermarci. Industria e distribuzione ci daranno una mano rendendo queste confezioni diffuse anche sugli scaffali dei supermercati?

Un pensiero riguardo “Ecco il segreto per mangiare meno Pringles

  1. Credo che in primis per risolvere questo problema debba intervenire anche lo Stato promuovendo iniziative nelle scuole.
    Si partirebbe dai più piccoli proponendo loro nella pausa piccoli snack a base di frutta al posto delle solite merendine indicando come un’alimentazione più sana sia utile per la propria salute.
    Ritengo che così facendo, si potrebbe diffondere un’ idea diversa sul cibo aumentando i consumi di prodotti più sani a discapito di quelli meno salutari come patatine, merendine.
    Industria e distruzione in questo modo potrebbero pensare di rivedere l’offerta dei propri prodotti poiche’ la gente sarebbe più orientata verso un’alimentazione più equilibrata ed attenta alle calorie.

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