Perchè in Veneto non si trovano giovani con voglia di lavorare

Cerco disperatamente persone da assumere con regolare contratto ma non riesco a trovarle! I ragazzi vicentini, ma lo stesso vale per padovani e veneziani, oggi non hanno più la fame giusta e rifiutano lavori scomodi! Non c’è nessuno che ha voglia di lavorare in agosto, nemmeno se può portarsi a casa fino a 2.000 euro netti! Tante volte sulla stampa abbiamo letto grida di dolore di questo tipo, l’ultima volta giP1080818usto qualche giorno fa con l’allarme lanciato dalla scledense TRN incapace di trovare dieci lavoratori veneti da assumere; ma come stanno le cose in realtà? I vicentini e i veneti sono diventati veramente dei pelandroni?

È opportuno ricordare che quello del lavoro è un mercato, un mercato con alcune specificità, ma anche con molte cose in comune con il mercato di qualsiasi altro prodotto. Molti imprenditori e manager sono tuttora convinti che sia sufficiente avere un buon prodotto da offrire al mercato per trovare (sempre che il prezzo sia giusto) i clienti disposti ad acquistarlo, dimenticando che il “prodotto che si vende da solo” è solo una leggenda mentre nella realtà una strategia di marketing efficace deve basarsi su tutte e quattro le P del marketing mix.

Lo stesso accade, mutatis mutandis, per i posti di lavoro: dando per scontato che la retribuzione sia giusta e che il lavoro sia un “buon” lavoro, per aggiudicarsi i lavoratori migliori le aziende devono avere la capacità di comunicare al mercato del lavoro la loro offerta nei modi e nei posti giusti. Le aziende più dinamiche questo lo sanno già, investono sistematicamente risorse in questo genere di attività e ad esempio proprio in queste settimane stanno prendendo contatto con le migliori Business School e Università per organizzare progetti didattici che possano comunicare in modo efficace ai futuri talenti del management le opportunità professionali che sono in grado di offrire. I miei corsi all’Università di Padova (che tutti gli interessati possono seguire liberamente) e al Cuoa in autunno ospiteranno così diverse occasioni di comunicazione di questo tipo con aziende come VF Corporation, Aspiag, Calzedonia, Diesel, Gruppo Pam, Procter & Gamble, OVS, Benetton e tante altre. Naturalmente le iniziative di comunicazione andranno tarate in funzione del target di potenziale collaboratore che si vuole raggiungere ma la logica non cambia.

Ecco allora che è bastato che la stampa diffondesse l’informazione sulla ricerca di personale da parte di TRN perché l’azienda venisse in poche ore letteralmente “assediata” (sono le parole dell’imprenditore) da curriculum, alcuni dei quali molto interessanti: evidentemente la penuria di candidature non era causata dalla pigrizia o mancanza di “fame”, ma solo dalla mancata conoscenza dell’opportunità. La morale della storia è che investire in comunicazione è importante e che questo vale tanto per i prodotti quanto per i posti di lavoro offerti perché sul mercato ci sono più giovani capaci e volenterosi (e anche più clienti) di quanto si tenda a pensare.

7 pensieri riguardo “Perchè in Veneto non si trovano giovani con voglia di lavorare

  1. Esattamente quello che pensavo anche io a inizio anno. Poi entrando più nel mercato del lavoro (che in realtà sono tanti mercati…come direbbe il prof. Gubitta) mi sono reso conto che i problemi sono molti di più. Per esempio, questa incapacità di tante aziende di fare comunicazione HR porta quelle che la sanno fare a offrire più “bidoni”…possono fare leva sul nome per non offrire stipendi adeguati rispetto alla mansione che offrono o non offrire prospettive di assunzione in cambio della “voce nel curriculum”. Allo stesso tempo ci sono le università che spesso non danno la capacità al laureato di saper valutare economicamente la sua professionalità o, peggio, non gli insegnano a fare “marketing di se stessi”. C’è il legislatore che si è inventato l’abominio degli “stage post laurea” incentivandoli pure…invece che spingere le aziende a investire nelle HR attraverso l’apprendistato. Lo stage infatti non è un contratto di lavoro…quest’ultimo invece sì. Il motivo per cui accade ciò? Semplice…le Università non formano le professionalità richieste nel mercato del lavoro…o meglio formano quelle (per esempio i corsi di economia e di marketing e di medicina), ma ne formano tanti altri non richiesti (lettere antiche…visto i problemi che ci sono nella scuola). Il legislatore quindi deve “inventarsi” qualcosa per dare una speranza anche a queste professionalità e fa e incentiva gli stage post laurea…portando alla svalutazione del lavoro fatto da chi si è scelto utilitaristicamente il percorso universitario da percorrere. In questi modo si va a “marcire” il mercato del lavoro giovanile.

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  2. non cedo l’articolo risponda alla questione sollevata dal titolo. Ma date le “condivisioni” sui social mi pare ovvio che il “vero” obiettivo sia stato raggiunto.
    Saluti

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  3. Gentile prof, forse é un problema della classe imprenditoriale veneta in primis, anche l’altro giorno sul corriere ne abbiamo avuto un esempio (Lettera aperta di un imprenditore padovano trentenne: «Assumo, ma trovo poche persone che vogliano fare fatica»), Siamo un popolo di “muli” come dicevano bene gli americani quando ci incontravano ad Ellis Island, e questo é stato il nostro punto di forza, ma vedendo la questione del ricambio generazionale, scopriamo che é pure la nostra rovina.
    La comunicazione prima che verso l’esterno deve essere fatta all’interno dell’azienda, e deve essere pervasiva come lo é il marketing. Vedere tanti capi d’azienda prospettare orizzonti nuovi per attirare talenti quando le loro logiche lavorative risalgono ancora al bene produttivo e non alla persona fa sinceramente sorridere.
    Il capitale umano é un asset strategico tanto quanto e forse anche più degli altri, Il paron ormai si deve rassegnare: non esistono più dipendenti, ma collaboratori. Questa deve essere la nostra rivoluzione copernicana.

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  4. Per un verso mi affascina pensare che il mercato sia quello delle “risorse” d’altronde anche la mia esperienza mi porta a pensare in questo modo (se trovi una buona” risorsa ” si cresce assieme) ma ci sono molte e dico molte altre esperienze negative riconducibili essenzialmente
    solo per sintesi espositiva provo a elencare (senza dare un ordine) solo expertise e senso pratico
    1 alcuni riversano nel lavoro tutte le proprie paturnie, chiamiamole anche ansie e “paure” della vita
    2 esistono prima i diritti e forse ma dopo forse …i doveri
    3 la motivazione “esistenziale” al lavoro e a LAVORARE – che ha un significato diverso del termine OCCUPARSI – gli deve essere fornita da qualcun’altro e quindi dall’esterno e non ce l’hanno dentro come “modus vivendi”.
    Sarò stata educata alla vecchia maniera ma vedo che funziona ancora ora che sono io datrice di lavoro
    In ogni ambito lavorativo le persone devono capire che devono dare il meglio di sé , essere di sani principi e con tanta voglia di fare. Solo chi non fa non sbaglia e quindi saper imparare dagli errori e chiedersi come mai si è inadeguati ad una occupazione?
    Non bisogna far finta di essere persone diverse da quello che si è
    mi sembra che talvolta si renda il lavoro una teoria un mondo virtuale… È appunto questo che fa vedere la realtà storpiata e questo è il vero virus che si sta instillando : come fare ad ottenere agiatezza SENZA lavorare

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