Cosa ha sbagliato Moncler sui prezzi

Il prezzo dei piumini Moncler è giusto o sbagliato? È questo uno degli interrogativi che aleggiano nel mondo della moda dopo la controversa indagine di Report di domenica scorsa. Su questo punto la tesi sostenuta dall’indagine televisiva è in sostanza che l’azienda pratichi dei prezzi esagerati, mentre il comunicato stampa emesso dLeica-Monclera Moncler precisa che “per quanto riguarda i ricarichi, il costo del prodotto viene moltiplicato, come d’uso nel settore lusso, di un coefficiente pari a circa il 2,5 dall’azienda al negoziante, a copertura dei costi indiretti di gestione e distribuzione. Nei vari Paesi la distribuzione applica poi, in base al proprio mercato di riferimento, il ricarico in uso in quel mercato”.

In realtà, però, chiedersi se moltiplicare per due o per tre il costo del venduto sia tanto o poco non ha molto senso perché in una prospettiva di marketing il prezzo è veramente giusto solo quando i consumatori valutano che l’insieme dei diversi benefici che ricavano dall’acquisto e dall’utilizzo di un piumino sia superiore al sacrificio che hanno compiuto per procurarselo. Se un piumino Moncler oltre a ripararmi mi piace e mi emoziona facendomi sognare la conquista del K2 sarò quindi ben contento di pagare un prezzo più alto rispetto alle alternative offerte dai concorrenti. Se invece cerco solo un indumento che mi tenga al caldo è probabile che io trovi sul mercato alternative a un prezzo inferiore.

Se c’è un errore nella strategia di Moncler sulla questione del prezzo (tratterò in un altro post alcune delle altre questioni sollevate dal servizio), questo è allora l’aver accettato il confronto sul terreno dei costi diretti e dei coefficienti di ricarico. È vero infatti che il prezzo di un prodotto deve coprire i costi sostenuti per realizzarlo, e che quindi il costo (stimato) è una delle variabili fondamentali da considerare per fissare il prezzo. Bisogna però considerare che da un lato i consumatori non si sentono in obbligo di garantire un profitto ai venditori e dall’altro non c’è necessariamente un legame diretto tra i costi che sostiene un’azienda e i benefici percepiti dai suoi clienti. Questo legame poi diventa estremamente labile nelle aziende lifestyle, nelle quali ciò che guida l’acquisto del prodotto non sono solo dei benefici tecnico-funzionali e nelle quali i costi diretti del venduto sono quindi spesso una percentuale esigua dei costi totali (nell’ultima semestrale Moncler il costo del venduto incide infatti per appena il 29% sui ricavi).

L’unica cosa importante è che il rapporto con il consumatore sia chiaro e trasparente, dopo di che solo quest’ultimo è autorizzato a giudicare se il prezzo sia “giusto” mentre tutto il resto è solo demagogia. In bocca al lupo quindi a Moncler, azienda nella quale sono impiegati tanti lavoratori italiani (e alcuni sono anche miei ex studenti …)

52 pensieri riguardo “Cosa ha sbagliato Moncler sui prezzi

  1. E’ difficile affermare se i prezzi di questi capi di abbigliamento siano troppo alti, soprattutto quando la quota di venduto continua a rimanere elevata.
    L’azienda mantiene i prezzi alti perchè sa che ci sono clienti disposti a pagare tale cifra per avere il prodotto in questione; gioca, quindi, sulla loro disponibilità a pagare.

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    1. Moncler é un mio cliente, ho letto x caso il post e voglio rispondere. Premetto che ho letto comunicati stampa ma nn ho visto la trasmissione. Mi occupo di placement e posso dire che la realtá quest’ azienda giovane, Industies Spa il gruppo quotato in borsa, é un esempio di azienda strutturata che funziona nel nostro Paese. Dispiace a prescindere, sapere che vengono strumentalizzati i media in favore anche solo del diritto di cronaca, si perché le ripercussioni poi di queste azioni pesano su tutto il sistema Lavoro e nn solo sulla responsabilitá sociale del gruppo. Ho una stima enorme della professionalitá con cui si svolgono le inchieste di Report, ma Le onde di clamore suscitate dai servizi giornalistici nn fanno mai bene anche se passano velocemente per fortuna. Ricordo servizi di informazione molto dettagliati sui laboratori cinesi e il “MADE in Italy” del settore Lusso e Grandi Firme. Di questi tempi peró in un Italia industriale che arranca sotto i costi degli ammortizzatori sociali abusati, sapere che aziende con tante posizioni aperte e sempre recettive ai cambiamenti e al confronto perché tese alla competitivitá sui mercati internazionali, finiscono sotto i riflettori per la causa ambientalista piuttosto che di valutazione del prezzo al cliente…beh scusate ma lo trovo ridicolo per chiunque abbia una coscenza sociale di medio livello. Invito alla riflessione anzi faccio di meglio rilancio e raddoppio: l’ altro giorno mi sono appunto recata presso il mio cliente, Moncler perlappunto, che gentilmente mi aveva invitata a visitare l’ azienda e sono passata per l’outlet trovandolo pieno invece che della vicina Treviso bene, di cinesi che caricavano carrelli pagando con migliaia di euri in contanti la merce alle casse. Ovviamente nn si tratta di ricchi cinesi con famiglie numerose fashon addicted quindi mi chiedo se nn ci sono fenomeni piú interessanti da indagare delle oche e che magari piú o meno direttamente tutelino il made in Italy, la questione prezzo, posti di lavoro, Pil etc. Scusate lo sfogo ma era da ieri che pensavo a dove dire la mia!Laura

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  2. I prezzi alti incontrano la disponibilità a pagare del consumatore proprio perché si reputano i capi “made in Italy”.
    Le regioni italiane sono 20, e non mi risulta la Transnistria sia una di queste.

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  3. La questione principale secondo me non è il prezzo giusto o sbagliato; Moncler essendo un brand di lusso è ovvio che ricarica il costo del piumino anche con il valore e i benefici percepito dai clienti. Ma appunto perché il cliente percepisce il piumino Moncler migliore degli altri sarebbe bene che scegliesse i materiali migliori e mantenesse una qualità superiore agli altri e non andasse a cercare un risparmio di 20-30 euro a piumino (che non incidono cosi tanto poi sul guadagno totale) utilizzando materiale scadente e mano d’opera all’estero. Dal punto di vista del consumatore in questo modo la qualità è inferiore e può non valere la pena acquistarlo ad un prezzo così alto. Non citando poi il problema della disoccupazione causata dal trasferimento della produzione all’estero. Se sei un brand di lusso secondo me dovresti rispettare e credere nel “made in Italy” e un tipico esempio ne è Cucinelli.

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  4. È da 40 anni che funziona così….
    Dovete metterlo in testa…ma purtroppo cosa volete..voi italiani non capire un cazzo….
    Ed è giusto che vi fate inculare….anzi devo metterlo ancora più alto il prezzo così vendono di più. ..volete il Brand di lusso allora lo pagate…loro producono hanno ragione guardare i 20 -30 euro devono guadagnarci sempre di più con imbecilli come voi…Alla grande
    Continuate così…top

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  5. Dal mio punto di vista, chi vuole comprare un Moncler lo comprerà lo stesso indipendentemente da questa fumata mediatica perché chi è disposto a pagare (almeno) 700 euro per una giacca Moncler è poco interessato a come viene realizzato il prodotto, ma lo è molto di piu allo status che il prodotto crea.
    Detto questo sarei curiosa di sapere se chi insulta tale azienda sono le stesse persone che fanno acquisti da H&M o Primark…sfruttare animali è più riprovevole dello sfruttamento di persone?

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  6. Moncler ha ragione,questo é il mercato, chi dice quale sia il giusto prezzo? Se loro fanno pagare tanto i prodotti e la gente li compra va bene cosí, il problema non é tanto Moncler quanto le persone poco in formate che si fanno abbagliare dal marchio molto mediatico più che concreto. Parafrasando l’articolo sopra ,nessuno indossa piumini Moncler a scalare il K 2, ci sono molte altre marche che producono piumini di qualitá anche piú alta di Moncler, ma sono conosciute solo in una nicchia di consumatori specifici che girano attorno al mondo della montagna e venduti solo nei negozi tecnici del settore a prezzi comunque elevati, ma decisamente inferiori a Moncler. Sta nelle persone informarsi,il fatto é che alla fine comprano comunque un Moncler perché in cittá “fa figo”,e va bene cosí, ma state sicuri che non vedrete mai un alpinista con un Moncler

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  7. Circa un anno fa ” Moncler andava in Borsa con una capitalizzazione (2,55 miliardi) (il doppio di quanto l’abbia comprata Eurazeo da Carlyle (1,2 miliardi, a 12 volte il Mol)) e addirittura 3 volte la valutazione implicita della tentata Ipo del 2011 (che era di 800-900 milioni).
    A fine giornata il prezzo iniziale di quotazione 10,7 era salito a 14,97 euro ( +46,76% ).”( Sole24ore)
    Questo basta e avanza a testimoniare il markup riconosciuto all’azienda!

    Certo, per una azienda sovrastimare la sensibilità al prezzo è pericoloso, tuttavia perchè se il mio cliente è disposto a pagare 1000 euro io devo vendere un prodotto a 100euro? Sarebbe contro ogni logica aziendale di profitto ! Ovviamente non c’è un prezzo giusto, ma c’è un cliente che riconosce per sè quale è il prezzo “equo”; certo, per una azienda sovrastimare la sensibilità al prezzo è pericoloso, tuttavia perchè se il mio cliente è disposto a pagare 1000 euro io devo vendere un prodotto a 100euro? Sarebbe contro ogni logica aziendale di profitto.

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  8. Come è scritto nel post, il prezzo è veramente giusto solo quando i benefici che il consumatore ha nell’acquisto e nell’utilizzo del prodotto sono maggiori dello sforzo fatto per procurarselo. Dopo il servizio di Report mi chiedo se nella valutazione del prezzo da parte del cliente non debbano rientrare anche parametri più “morali” o sociali. Indipendentemente dall’emozione che il consumatore può provare nell’acquisto di un capo, sapere che nella realizzazione vengono adottate certe tecniche dovrebbe incidere sulla percezione che si ha del prezzo del prodotto. Ecco quindi che diventa fondamentale la comunicazione dell’azienda; se la relazione con il cliente è chiara e trasparente fin da subito, alle inchieste e agli attacchi mediatici un’impresa dovrebbe essere in grado di far fronte in modo efficace. Nel caso specifico di Moncler, il brusco calo subito in borsa e l’aumento di tweet e commenti negativi (trascurando naturalmente quelli guidati da fanatismo infondato) lascia percepire una relazione non così chiara con il proprio cliente che, per un periodo più o meno lungo, guarderà al prezzo del piumino con occhi diversi rispetto al passato.

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  9. “il prezzo è veramente giusto solo quando i consumatori valutano che l’insieme dei diversi benefici che ricavano dall’acquisto e dall’utilizzo di un piumino sia superiore al sacrificio che hanno compiuto per procurarselo”
    game, set, match.
    quasi quasi mi ci faccio un tatuaggio.

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  10. Sono convinto che se esista un consumatore disposto a spendere 1000 euro per un piumino, il brand è legittimato fissare tale prezzo. Più preoccupante secondo me è il discorso sulla certezza della miglior qualità e dell’etica di un prodotto che ha come garanzia il made in Italy, quando etica, qualità e made in Italy vengono meno.

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  11. Anche secondo me la discussione non è tanto sulla giustezza del prezzo. Finchè ci saranno consumatori disposti a spendere per aquistare quel determinato bene, per autogratificarsi, per status o per emozioni che garantisce, il prezzo puó rimanere anche alto.
    Trovo già più opinabili le scelte di delocalizzare in Moldavia di un prodotto “made in Italy” e se quello che è stato riportato è vero, i metodi per produrre alcuni pezzi.

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  12. Scusate, se fisso il prezzo di un caffè a 50€ (magari anche di bassa qualità) e c’è chi me lo ordina, secondo voi, sbaglio io a metterlo a 50€ o sbaglia chi me lo ordina?
    Io propongo un prezzo indipendentemente dalla qualità se trovo chi lo compra tanto meglio.

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  13. Come hanno già detto molti in questo post, Moncler non sbaglia nulla, il prezzo che fissa è sì elevato ma a) tanti brand (basta citare quelli del lusso) hanno una marginalità elevata almeno quanto quella di Moncler e b) a me sembra che l’azienda continui a vendere parecchi capi (mi basta guardarmi in giro).
    Sulla questione morale, molte aziende note (cito Nike ed Adidas) non si sono certamente comportate in maniera migliore. Stiamo sempre a parlare delle solite cose, si critica tanto eppure tali aziende fatturano ed hanno mercato, evidentemente alla gente interessa relativamente il Made in Italy piuttosto che il trattamento ricevuto dalle oche. Finché ci sarà mercato, Moncler è legittimata dal mio punto di vista a praticare prezzi elevati come quelli attuali (qualora la domanda calasse, starebbe all’azienda scegliere se ridurre i prezzi pur di continuare a vendere posizionandosi su una fascia inferiore oppure se lasciarli invariati a discapito di minor volume di vendite).

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  14. Moncler è libera di applicare i prezzi che preferisce ai propri capi, cosi come ogni consumatore è libero di pagare anche un prezzo elevato se ciò lo aggrada. Non mi scandalizza il trattamento riservato alle oche,non è una novità, qualsiasi consumatore sensibile al tema può facilmente reperire informazioni in merito allo sfruttamento degli animali e indirizzare le proprie preferenze di acquisto su altri marchi come ad esempio Save the Duck. Ciò che invece non fa onore al brand è la mancanza di trasparenza nonchè l’incoerenza tra le parole di Remo Ruffini, “non ho mai guardato al numero, non ho mai guardato al fatturato, ho sempre cercato di creare valore” e l’effettivo comportamento assunto, con la delocalizzazione della produzione all’estero pur di aumentare i guadagni.

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  15. Anche secondo me la discussione non è tanto sulla giustezza del prezzo. Finchè ci saranno consumatori disposti a spendere per aquistare quel determinato bene, per autogratificarsi, per status o per emozioni che garantisce, il prezzo puó rimanere anche alto.
    Trovo già più opinabili le scelte di delocalizzare in Moldavia di un prodotto “made in Italy” e se quello che è stato riportato è vero, i metodi per produrre alcuni pezzi.

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  16. Alla domanda se il prezzo applicato da Moncler sui piumini sia giusto oppure no, risponderei tranquillamente si, poiché fin quando ci saranno consumatori che continueranno ad acquistare tali prodotti a tale prezzo non vedo il motivo per cui l’azienda in questione debba ridurre il proprio profitto abbassando il prezzo. Come ben si sa numerosi sono i brand del lusso che applicano un rincaro alquanto elevato sul prezzo, giustificato dai valori e dall’immagine che vengono trasmessi e di conseguenza acquisiti, e a tal proposito sarebbe più corretto chiedersi non se il prezzo applicato sia giusto o meno ma se a seguito ad esempio delle ultime notizie i valori trasmessi continueranno a giustificarlo.

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  17. Moncler è ormai da anni un brand di lusso e in quanto tale crea discriminazione sociale: chi ha una tale disponibilità a pagare e si rispecchia in tale marchio, nella sua storia, sarà ben lieto di acquistare il suo prodotto. Pertanto è il consumatore che decide se acquistare o meno un capo Moncler. L’azienda, quindi, non gonfia eccessivamente il prezzo, nel senso che questo rispecchia quello che vuole il mercato. Se c’è gente disposta a pagare di più perché non lasciarglielo fare? Ciò che probabilmente Moncler sta sbagliando, in base anche a quanto emerso dal servizio report, è questa eccessiva ricerca dei paradisi della manodopera a basso costo; è questa una tendenza purtroppo che accomuna sempre più le aziende italiane soprattutto nel ”Fashion”. Potrebbe essere infatti una strategia di differenziazione oramai, quella di tornare
    a produrre in Italia, affiancando al “made Moncler” il potentissimo marchio del “made in italy”, ma un made in Italy vero, potremmo dire “Gold”, non “fasullo” come quello che sempre più si sta vendendo per il mondo. È vero che il consumatore spesso è poco informato, ma quanto ancora potrà durare l’effetto assefuativo del made in Italy se tutte le aziende producono all’estero?

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  18. Personalmente credo che per capire o meno se il prezzo di Moncler sia giusto o meno occorre verificare una serie di circostanze.

    In primo luogo, facendo un analisi strettamente economica, il prezzo non dipende solamente dai costi delle materie prime, che sono soltanto una parte della voce di costi sostenuti da un’azienda, ma anche dalla domanda e dall’offerta del prodotto, e dal posizionamento nel mercato dell’azienda, che come sappiamo occupa una posizione rilevante, derivante anche dalla storia e dalla fama raggiunta dal marchio.

    In secondo luogo, mi pare opportuno sottolineare come il servizio sia poco “dettagliato” per quanto riguarda Moncler: con questo voglio dire che certamente il focus è incentrato sul trattamento barbaro che avviene a livello industriale per quanto riguarda lo spennaggio delle oche, ma reputo che nominare fugacemente Moncler a fine del servizio, senza ulteriori chiarimenti ma soltanto paragonando costo di una materia prima e prezzo finale sia molto superficiale e poco professionale…o almeno questo è il mio punto di vista.

    In terzo e ultimo luogo è doveroso soffermarsi sulla questione morale ed etica: innumerevoli sono i casi di aziende che registrano episodi di crudeltà verso animali (e non solo) o, ancora più in estremo, condizioni di conservazione del prodotto poco appropriate, che diventano ancora più importanti in maniera negativa nel caso di prodotti food ( McDonalds, tanto per citarne uno). Nel caso di Moncler penso che il polverone sollevato avrà un effetto negativo solo nel brevissimo periodo, perché noi consumatori tendiamo a dimenticarci ben presto questo di questo genere di episodi, soprattutto se non ci toccano direttamente.

    Per tutte queste ragioni ritengo dunque che il prezzo di Moncler sia giusto o per lo meno giustificabile, anche se sarebbe più opportuno soffermarsi più a fondo sull’azienda piuttosto che al trattamento della materia prima.

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  19. Credo fermamente che il prezzo “giusto” sia quello che un consumatore sia disposto a pagare. Ognuno quindi è libero di scegliere come impiegare i propri soldi. L’indagine di Report sui prezzi è basata solo su materie prime e manodopera, tiene conto di poco altro. Un po’ come quei siti dove fanno stime sui prezzi della componentistica di un iPhone e mostrano un ricarico esagerato. Sono troppe le variabili che si trascurano, a maggior ragione per le aziende lifestyle che hanno sicuramente una maggior discrezionalità nei prezzi; prezzi Moncler lega al brand.
    Per la questione morale spetta a chi acquista giudicare; questa situazione mi ricorda molto quella dell’anno scorso di H&M con i conigli di angora. Sicuramente l’azienda dovrebbe aumentare la sua trasparenza e basarsi su un made in Italy vero.

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  20. Finché i consumatori continueranno ad acquistare prodotti Moncler il prezzo può ritenersi giusto. Tuttavia Moncler dovrebbe ora rivolgere l’attenzione ai suoi potenziali clienti e chiedersi se l’indagine di Report abbia minato o meno la possibilità di acquisto. Di conseguenza potrebbe essere necessaria una campagna di trasparenza per fugare ogni dubbio sull’origine del proprio prodotto e allo stesso tempo per rassicurare i propri clienti sulla veridicità dei valori trasmessi fino ad oggi.

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  21. Chiedersi se il prezzo dei piumini Moncler sia giusto o sbagliato è, secondo me, un po come chiedersi se il prezzo di una Ferrari sia giusto o sbagliato…
    Questo perché sia un piumino che un automobile con le stesse caratteristiche del Moncler e rispettivamente Ferrari, si riescono a trovare sul mercato ad un prezzo minore di circa 30-40%…..la differenza sta nel fatto che Moncler e Ferrari non offrono solo prodotti, ma soddisfazioni, piaceri, sentimenti, passioni e valori che “colpiscono” le persone in modo differente.
    Il paragone possiamo farlo anche con Ducati, Lamborghini, Gucci o Dolce&Gabbana, che come Moncler offrono beni di lusso, non strettamente necessari ai bisogni primari dell’uomo ma di contorno, che migliorano lo stile di vita…
    Quindi, secondo me, l’azienda deve sentirsi libera di decidere il prezzo che vuole, tanto alla fine saranno le persone a decidere se acquistare o meno il prodotto…

    p.s Si è tirato in ballo anche il discorso del Made in Italy “fasullo”.
    A mio parere, che un bottone sia cucito in Italia, Germania, India, China o Moldavia non cambia nulla finché gli standard costruttivi e qualitativi rispettino quelli di progettazione… in questo caso quelli imposti dalla Moncler.
    La delocalizzazione delle imprese è un fenomeno sempre più diffuso, e non solo in Italia……tant’è che la BMW che sia prodotta in Germania o China sempre una BMW resta, sinonimo di qualità e tecnologia all’avanguardia.

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  22. Credo che molti dei consumatori Moncler non siano prettamente interessati alle proprietà tecniche del prodotto; chi ricerca capi di alta qualità per fare vie ferrate o scialpinistico ad esempio(attività in cui è strettamente necessario fare uso di indumenti con determinate caratteristiche), non acquista prodotti Moncler, ma si affida ad altri brand che, a prezzi comunque elevati, riescono ad offrire un prodotto consono all’uso. Mio padre scala da diversi anni, ma nel suo guardaroba non vi sono piumini Moncler.
    Coloro che acquistano Moncler, a mio parere, non lo fanno per avere un piumino che tenga più caldo e copra di più durante l’inverno, ma per entrare a far parte di un “mondo”, di un determinato stile di vita che provoca una sorta di eccitazione, comprandolo quindi indipendentemente dal prezzo applicato.
    Chiaramente vi sono moltissimi piumini che tengono caldo e costano meno, ma per molti consumatori indossare questi piumini non genera lo stesso tipo di emozioni.
    Perché allora Moncler dovrebbe diminuire i prezzi dei prodotti se il consumatore, pur di percepire determinati benefici al momento dell’acquisto, è disposto a spendere cifre molto elevate ?

    Penso inoltre che diverse trasmissioni televisive siano mirate ad ottenere il consenso e l’indignazione popolare, non tenendo conto però di alcuni aspetti importanti (con questo non voglio dire che il trattamento riservato alle povere oche sia legittimo).

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  23. Dal mio punto di vista, il problema non è il fatto che Moncler faccia pagare un piumino 1000 euro dal momento in cui ci sono consumatori disposti a spendere tale cifra, ma bensì il focus va posto su altre questioni quali la non-qualità dei piumaggi utilizzati (quindi non soltanto piume d’oca), la delocalizzazione di un brand che si definisce “made in Italy”, anche se di “made in Italy” non ha granché ed infine le pratiche di spiumaggio illegali.

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  24. La moda fomosa e ricercata nell’mondo è Made in Italy e non Made in Cina, Made in Moldova, Made in Transinistria …trovo fuori luogo che si voglia guadagnare grazie al Made in Italy, producendo altrove, con standard qualitativiolto più nassi! Ci vuole trasparenza e coerenza, non solo in Moncler, ma in tutto il sistema moda!

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  25. Io ritengo che molti consumatori, se avessero saputo prima ciò che è stato evidenziato da Report, non avrebbero mai comprato piumini Moncler.
    Ovviamente molti consumatori avrebbero continuato e continueranno ad acquistare da Moncler ma è vero che molti altri, magari anche più sensibili a queste tematiche, non avrebbero pagato e non pagheranno più somme così elevate per acquistare tali piumini.
    Penso che molti consumatori possano sentirsi traditi poiché l’ immagine dell’ azienda mostrata da Report probabilmente non è in linea con quella che essi si aspettavano ( o con quella che l’ azienda ha comunicato fino ad ora).
    Se fosse vero ciò che ha evidenziato Report ci sarebbe stata una mancanza di trasparenza che ha permesso all’ azienda di comunicare una immagine diversa, influenzando i consumatori che erano ben disposti a pagare anche prezzi elevati.
    Ora Moncler si ritiene estraneo ai fatti ed è ricorso a vie legali.Però io penso che il prezzo di un prodotto, soprattutto se di lusso, sia il riflesso non solo del know-how e della capacità di produrre dell’ azienda, ma anche dell’ immagine che essa si è creata nel tempo.Il prezzo quindi, a mio parere, sarebbe stato troppo elevato poiché avrebbe incorporato una immagine che in realtà non è quella che il consumatore si sarebbe aspettato.
    Molti quindi non avrebbero accettato di pagare prezzi cosi elevati probabilmente.

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  26. Proprio ieri pomeriggio sono passata davanti al monomarca Moncler di Padova e, con non troppa sorpresa, ho potuto notare come all’interno vi fossero parecchi potenziali clienti che stavano provando o osservando i capi. Credo, dunque, che questo “scoop”, giornalisticamente parlando, non abbia poi così tanto, per non dire per nulla, danneggiato la fama del brand in questione.
    Per quanto riguarda la faccenda dei piumaggi c’è poco da dire, credo che esistano davvero pochi marchi più o meno conosciuti e costosi che utilizzino piume naturalmente perse dall’oca o da qualsiasi altro animale considerato di più infimo valore. Certo, necessaria, come da lei anche detto, è la trasparenza. Trasparenza del brand nei confronti dei consumatori e specialmente nei confronti di quelli che per fedeltà sono disposti a spendere ingenti somme di denaro. Ovviamente, non dovrebbe, però, mai mancare il rapporto qualità/prezzo e questo, ad oggi, non so se venga rispettato da Moncler.
    Sono comunque d’accordo con quanto detto precedentemente da miei colleghi, ovvero che il prezzo corretto sia quello che il consumatore è disposto a pagare.
    Anche il caffè, se bevuto al Florian di Venezia, può essere pagato moltissimo; ha fatto appunto scalpore poco tempo fa anche un episodio del genere. Siamo consapevoli, però, che parlando di Marketing si parla anche di acquisto emozionale. Come, dunque, il caffè bevuto in Piazza San Marco può regalare un’emozione unica (e per ciò essere pagato 20 euro), così anche un Moncler dà ai clienti l’emozione di indossare un capo considerato d’élite e per questo di valore. La marca è ciò che interessa, spesso a scapito di una reale lavorazione artigianale o “made in Italy”. A dimostrare questo vi è il fatto che Brand di lusso continuino ad avere i propri clienti affezionati e a guadagnare, nonostante ormai sia riconosciuto come gran parte delle lavorazioni vengano delocalizzate, portate avanti a basso costo ed in situazioni di sfruttamento.

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  27. Condivido la posizione del Prof. Cappellari per quanto riguarda strettamente il marketing.
    Secondo me, però, un’azienda del lusso dovrebbe partire da un prodotto imprescindibilmente di pregio (che sia artigianale o meno). Qual è il valore aggiunto, per il cliente che spende 1000€, far confezionare un capo a 30€ in Transinistria (Moldavia), da manodopera non specializzata e di bassa qualità? Il gioco funziona fintanto che il consumatore finale non scopre l’inganno. Ecco perché nel servizio di Report, giustamente a mio avviso, si confronta Moncler e Prada con Brunello Cucinelli. Cosa ne pensate?

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    1. Sono d’accordo…
      Il mondo della moda di lusso dovrebbe offrire un prodotto di qualità eccellente nella realtà, non solo per costruire una strategia di marketing e ottenere un certo posizionamento sul mercato.
      L’azienda dovrebbe trasmettere certi valori, faccio riferimento quindi all’aumento della competitività del territorio e non alla delocalizzazione, alla valorizzazione delle professioni artigianali, al miglioramento e non al peggioramento generale del sistema economico.
      Questo, dal mio punto di vista, giustificherebbe il prezzo elevato, che poi ci siano consumatori disposti a comprare il prodotto o meno, è un altro discorso.

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  28. La cosa più brutta per me è che la maggior parte delle persone che hanno guardato il servizio di Report non ha recepito uno dei messaggi più importanti, ovvero che allo stesso costo, o di poco maggiore, è possibile produrre anche in Italia…e l’hanno ripetuto più volte. E questo sta alla base anche dell’iniziativa #backtoitaly. E’ un peccato che la gente non si sia resa conto di questo…

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  29. La discussione sul prezzo giusto o sbagliato è abbastanza ridicola ed è figlia della stupidità. Non è il venditore che vende a un prezzo corretto o meno, ma è chi acquista che decide quanto vale la propria vita e il proprio tempo. Mi spiego. Prendiamo un consumatore tipo, 1800 euro di stipendio mensile (per comodità di calcolo, in realtà saranno anche meno e quindi è pure peggio) su 22 giorni lavorativi. La giornata vale quindi sugli 80 euro. [Si, si, la vita non può essere calcolata solo sul lavoro ecc.. ma intanto il tempo libero che ti resta in un giorno lavorativo è si e no quello che passi a leggere sul water.] Ok, questo personaggio da 1800 euro al mese dovrebbe trovarsi qualcuno che, sul letto di morte, gli formula un breve riassunto. TIPO: Dunque.. melafonino 700 euro.. 80 euro al giorno per 9 giorni di vita.. quanti ne hai comprati? 10? Allora son 90 giorni, che hai vissuto per comprare telefoni (alias comunicatori ricetrasmittenti).. Piumino “di qualità” da 800 euro.. 5 piumini.. fanno 50 giorni vissuti per comprare piumini (alias copertura dal freddo). Ah, ma cosa vedo! Una bella borsa da 1600 euro.. ci siamo tolti lo sfizio eh? Ci siamo gratificati eh? 20 giorni di vita per un “contenitore di oggetti” quindi.. Ora, mentre stai morendo e vorresti un altro giorno da VIVERE, lo sai cosa vuol dire avere dato 20 giorni di vita per un contenitore eh, coglione? MORALE: è chi compra che decide se un mese della sua vita vale o meno un paio di scarpe. Il denaro è tempo (no, non ho sbagliato a scrivere, sono due cose diverse), da come investi il tuo denaro è facile capire quanto vali, e se vali come un piumino a mio parere sei inutile.

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  30. Il prezzo di un capo dovrebbe rispecchiare la qualità di questo in tutti i suoi aspetti, dal disegno alla produzione, ma non sempre è così. Detto ciò, dubito che il sedicenne, o anche il quarantenne in alcuni casi, presti attenzione al paese di produzione e al tipo di lavorazione di un capo (e alle oche spiumate, se non personalità particolarmente sensibili all’argomento).Non sono molto convinta che chi ieri voleva comprare Moncler oggi si asterrà dal farlo a causa della trasmissione Report o altri articoli giornalistici, in quanto le notizie “scandalo” vengono dimenticate nel giro di qualche settimana -o non prese proprio in considerazione-.
    Per quanto riguarda il prezzo giusto o sbagliato penso esso sia valutato in base a quello che ogni singolo consumatore vuole. Moralmente ci si potrebbe chiedere il senso di spendere tanti soldi per acquistare un piumino Moncler quando un altro piumino non griffato garantirebbe la stessa funzione, cioè riscaldare. E il punto è proprio questo: quello che importa principalmente è sfoggiare un brand che mi faccia sentire importante ed appagato.
    Infine, in merito al Made in Italy, è ormai un problema diffuso. Da Prada, ad Armani, a Dolce&Gabbana è noto il fenomeno della delocalizzazione della produzione all’est. Anche se eticamente sbagliato, ognuno fa i propri interessi. In questo caso i grandi imprenditori fanno i propri, sta a noi la scelta d’acquisto.

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  31. A mio parere, è necessario focalizzarsi su tre diversi aspetti:
    1) L’indagine effettuata da Report si è concentrata in particolare sul brand Moncler e ha rimarcato i prezzi esagerati praticati da questa azienda. Sarebbe probabilmente giusto che questa analisi venisse estesa a tutte le altre aziende appartenenti al settore.
    2) Moncler applica ai suoi prodotti un prezzo “giusto” perchè se i consumatori sono disposti a pagare 1.000 euro per un piumino non vedo perchè l’azienda dovrebbe abbassare il prezzo e trarre un minor guadagno da ogni pezzo.
    inoltre la maggior parte delle aziende che operano nel settore di lusso adottano questa tattica. Perchè Moncler dovrebbe fare diversamente?
    3) L’ultima questione riguarda nello specifico il consumatore: posto che Moncler mantiene il prezzo adeguato al suo posizionamento di mercato, è giusto pagare un prezzo così elevato solo in quanto prodotto di un brand di riferimento? Il consumatore dovrebbe essere pù consapevole di ciò che acquista e non guardare solo la marca in sè,

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  32. Essendo il valore di un prodotto dato dalla differenza di prezzo che il consumatore è disposto a pagare
    per avere prodotti di una determinata marca rispetto a quanto pagherebbe per gli stessi prodotti senza marca non è possibile stabilire che un prezzo è troppo alto rispetto ai prodotti simili nel mercato. Oggi l’esperienza d’acquisto è un processo cognitivo (Moncler è un brand che trasmette valori e emozioni) a cui ogni individuo attribuisce un valore differente, definire il prezzo solo in base ad un’analisi economica e finanziaria è sbagliato poichè non si tiene conto dell’analisi della domanda e di quei fattori intangibili che la influenzano. Quindi, più che ragionare sulla congruità del rapporto prezzo/qualità a mio avviso bisognerebbe indagare sui danni (se ci son stati) di immagine che questo evento può aver provocato al brand , abbassandone di conseguenza il valore percipito dai consumatori

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    1. scusami Stefano, ma secondo te Moncler dovrebbe pure chiedere i danni d’immagine alla giornalista per aver detto la verità? A mio avviso è colpa di Moncler se non ha prestato attenzione all’intera filiera (per il discorso maltrattamenti sugli animali, argomento che sempre più sta a cuore ai consumatori occidentali) e se non ha fornito la qualità che il consumatore giustamente pretendeva.
      Una marca del lusso fornisce beni di lusso o beni spacciati per tali? Moncler ha approfittato dell’ignoranza del consumatore nell’offrire i propri beni. Ora quanto sarà disposto a spendere il consumatore finale? Brunello Cucinelli mi sembra decisamente più trasparente, eppure i suoi prodotti sono altrettanto costosi ed altrettanto di successo.

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  33. Premetto che non condivido il modo in cui Report ha attaccato l’azienda Moncler e il suo presidente Ruffini, creando un grave danno all’ immagine (vedi i social media) e al capitale sociale di uno dei brand italiani di maggior successo a livello globale.
    Detto ciò, il consumatore che acquista un piumino Moncler non vuole acquistare un capo tecnico, ma uno “status” dato dal brand. Moncler,infatti,è un’azienda “lifestyle” e basa la sua forza sulla capacità di creare nel consumatore finale uno sogno, un’emozione che va oltre il semplice capo. Quindi, a mio avviso, chi comprava Moncler continuerà a farlo pagando un valore superiore a quello comunemente percepito.
    La sensibilità al prezzo, tuttavia, aumenta nella misura in cui il prezzo non viene utilizzato come indicatore di qualità. Questo, secondo me, è il nocciolo della questione. Il consumatore paga tanto perché si aspetta un prodotto comunque di qualità. Dall’inchiesta è emersa una non sempre chiara comunicazione tra Moncler e consumatore, testimoniata anche dal fatto che nel sito dell’azienda non sia presente una sezione dedicata ai temi della sostenibilità e della qualità.
    Infine, bisognerebbe anche porre l’accento sulla decisione dell’azienda di delocalizzare fasi della produzione all’estero ( anche se le competenze con più alto valore aggiunto rimangono in Italia) sminuendo così l’effetto “ Made in Italy”, l’elemento distintivo per eccellenza in un settore come quello della moda.

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  34. Il punto centrale della questione Moncler è secondo me, come accennato nell’articolo, la mancanza di trasparenza nella comunicazione al cliente del prodotto offerto. Se poi alla carenza e opacità delle informazioni si aggiunge un coefficiente di rincaro sul costo di produzione così alto è normale che sia il cliente fidelizzato quanto il consumatore comune si possano sentire traditi. Il primo infatti potrebbe vedere delusa la coerenza dei valori percui ha scelto Moncer, il secondo non è più portato a credere al prezzo come indicatore approssimato della qualità del bene offerto da Moncler. Oggi nella società dell’informazione, la trasparenza dovrebbe essere uno dei primi valori strategici per la sostenibilità del valore di un brand: Moncler forse l’ha capito.

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  35. Il prezzo di un capo dovrebbe rispecchiare la qualità di questo in tutti i suoi aspetti, dal disegno alla produzione, ma non sempre è così. Detto ciò, dubito che il sedicenne, o anche il quarantenne in alcuni casi, presti attenzione al paese di produzione e al tipo di lavorazione di un capo (e alle oche spiumate, se non personalità particolarmente sensibili all’argomento).Non sono molto convinta che chi ieri voleva comprare Moncler oggi si asterrà dal farlo a causa della trasmissione Report o altri articoli giornalistici, in quanto le notizie “scandalo” vengono dimenticate nel giro di qualche settimana -o non prese proprio in considerazione-.
    Per quanto riguarda il prezzo giusto o sbagliato penso esso sia valutato in base a quello che ogni singolo consumatore vuole. Moralmente ci si potrebbe chiedere il senso di spendere tanti soldi per acquistare un piumino Moncler quando un altro piumino non griffato garantirebbe la stessa funzione, cioè riscaldare. E il punto è proprio questo: quello che importa maggiormente è sfoggiare un brand che fa sentire importanti ed appagati.
    Infine, in merito al Made in Italy, è ormai un problema diffuso. Da Prada, ad Armani, a Dolce&Gabbana è noto il fenomeno della delocalizzazione della produzione all’est. Anche se eticamente sbagliato, ognuno fa i propri interessi. In questo caso i grandi imprenditori fanno i propri, sta a noi la scelta d’acquisto.

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  36. Molti dei consumatori che hanno acquistato almeno un capo del famoso brand nella loro vita ritengono che il prezzo applicato sia giusto. Ci si affida al marchio per la qualità che esso propone al consumatore (non economicamente quantificabile, ecco perché per alcuni i prezzi di Moncler sono adeguati e per altri sono troppo elevati) e anche per ciò che rappresenta nel mondo della moda e nella nostra società (quindi parliamo delle emozioni che si vivono acquistando e indossando il capo).

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  37. http://www.businesscommunity.it/m/Luglio_2013/fare/La_qualit_prima_del_prezzo_tra_i_criteri_dacquisto_degli_italiani.php guardando queste ricerca, sembra che almeno per il vestire, l’italiano dia più importanza all prezzo e meno alla qualità (motore delle critiche di quei giorni). i titoli della moncler stavano già andando giù vedendo la borsa di quei giorni ,a ma sono sicuro che saliranno (e saliranno le vendite) causa il freddo inverno che ci attenderà. c

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  38. Ma all’indomani della bufera scatenata su Moncler, l’azienda ha davvero fatto qualche cambiamento significativo per cercare di “normalizzare” i processi di produzione dei suoi giubbini, oppure i suoi clienti, con l’inverno ormai alle porte, hanno già dimenticato i fatti lasciando così l’azienda libera di agire come meglio le pare?

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  39. Non è difficile affermare se il prezzo di vendita di un giubbotto Moncler sia giustificato o meno, è sicuramente alto confrontato con un giubbotto tecnico in piuma d’oca da 500€, ma se confrontato con altri indumenti alla moda ed esclusivi, caratterizzati da un intrinseco lifestyle e condivisi dai componenti della comunità con la quale il convinto consumatore di Moncler si rispecchia e compete, non è affatto elevato. Negli ultimi anni, più un indumento è costoso, più è percepito di qualità e di moda, anche contrariamente a quanto si stia cercando di diffondere con lo slogan cheap is chic, che forse ha addirittura alzato ancora più l’asticella della fascia elitaria della quale Moncler fa parte.
    A riguardo delle povere oche spiumate illegalmente sono convinto che Moncler non sia l’unica e, come col passare dei giorni abbiamo notato, l’opinione pubblica ormai se ne è completamente dimenticata con l’avvento del freddo e il bisogno di sfoggiare un nuovo capo d’abbigliamento caldo e fashion.
    Infine, anche Sabrina Giannini ha provato a distinguersi nel mondo dell’informazione comportandosi da pioniera con il suo servizio “siamo tutti oche”, però ad oggi non sembra proprio che sia riuscita a creare una moda e un sentimento forte quanto quello che Moncler ha creato con i suoi prodotti.

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  40. “La Apple fa causa alla #moncler: hanno copiato il nostro brevetto di sfruttamento!”
    “Cresce lo sgomento! denunciato Mc Donald’s: ritrovate mucche morte nei panini #report”.
    Si scopre l’acqua calda insomma. Per cui, per quanto riguarda strategia di comunicazione, utilizzare tali argomenti (tecniche di produzione, giustificare i prezzi) come leve di comunicazione appare singolare (nel sito c’è totale assenza di sezioni dedicate ai temi sopracitati) proprio perché non sono mai rientrati nella strategia del brand, come ben dimostrano i tempi di reazione alle accuse: è stato impossibile replicare immediatamente perché mancavano i contenuti per farlo. Chi comprava Moncler continuerà a comprare Moncler.

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  41. Personalmente, sono del’idea che chi acquista un Moncler lo fa per due motivi: o è un consumatore fidelizzato fedele al brand oppure è un consumatore in cerca dell’ultimo grido, pronto a cambiare marca nel momento in cui un’altra azienda proporrà un brand di maggiore tendenza. In entrambi i casi si tratta di persone che non hanno (o non si fanno) problemi a spendere più 500 euro per un piumino.
    Moncler non sbaglia affatto a fissare prezzi alti. E’ un brand di lusso, dopotutto, è nella sua natura. Piuttosto dovremmo ricordarci che Moncler non è l’unica produttrice di piumini, ma ce ne sono molte altre, con caratteristiche diverse. E riguardo alle accuse di Report, come già qualcuno ha detto in questo post, stiamo scoprendo l’acqua calda. Quante volte grandi aziende come Nike, Microsoft, Samsung, etc hanno ricevuto accuse di vario genere? Eppure i consumatori non cambiano, continuano ad acquistare da quelle stesse aziende che ricevono inchieste mediatiche.
    A questo punto dovremmo chiederci:
    che consumatore sono io? Desidero un Moncler ad ogni costo o mi serve semplicemente un piumino?

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  42. Se parliamo di chiarezza e trasparenza nel rapporto con il consumatore, e tu Moncler scrivi nella mission del tuo gruppo:

    “Innovazione continua ed eccellenza qualitativa sono i cardini sui quali imprescindibilmente ruota la ricerca di uno stile proprio. Il risultato è un’offerta di totale accuratezza, garantita da metodi di lavorazione che guardano al tayloring e alla tradizione manifatturiera italiana come unico riferimento produttivo.”

    Allora mi aspetto che l’insieme dei benefit materiali e immateriali che compro insieme al prodotto siano soddisfatti (compresa la tradizione manifatturiera italiana).
    Non credo quindi che il problema riguardi tanto l’adeguatezza del prezzo, quanto la falsificazione del rapporto con il consumatore che si è venuta a creare.

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  43. Ovviamente i prezzi dei piumini Moncler vengono determinati dall’incontro di domanda e offerta e quindi l’azienda li vende al prezzo ritenuto più profittevole. La questione sollevata dalla trasmissione Report, però, riguarda la scarsa trasparenza dell’azienda riguardo l’utilizzo del marchio “made in Italy”, dato che la produzione avviene in Transnistria e la scarsa qualità del piumaggio utilizzato per la produzione, fatta da un azienda da cui ci si aspetterebbe la massima qualità. Probabilmente molti consumatori acquisterebbero ugualmente un prodotto Moncler al prezzo previsto dall’azienda, perchè lo acquistano per il marchio e l’acquisizione di uno status, tuttavia Moncler può essere incolpata non tanto dei prezzi dei propri prodotti quanto di avere taciuto su pratiche che, se dichiarate, sarebbero state dannose per la sua immagine.

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  44. Credo che la vicenda Moncler possa rappresentare un’utile lezione per retailer e produttori del settore.
    A mio parere, Moncler non ha sbagliato nulla sui prezzi: si tratta di un brand ad alto posizionamento che fa pagare caro il proprio marchio (dato che, come visto a Report, il prezzo non è dettato dai costi, che invece non sono molto alti) e chi é cliente Moncler ne è conscio e anzi compra Moncler anche per l’alto prezzo, che consente anche di ottenere implicitamente un certo status sociale tramite il capo stesso.
    Come detto anche in classe da una delle due socie di AllegriBriganti, il problema di Moncler é semmai la mancata coerenza tra il brand e la realtà: si spacciava come brand made in Italy ma il servizio di Report ha mostrato chiaramente che non era così, e questo potrebbe indurre a non ripetere l’esperienza d’acquisto per quella parte di clienti Moncler abituali che valutano in modo prioritario l’impatto ambientale della produzione e l’effetto paese di origine.
    Proprio stasera al tg hanno mandato in onda una breve intervista a stilisti di Allegri e Doriani, nella quale descrivevano la sostituzione delle piume del cappotto con un materiale nuovo e più “tecnologico”, l’ovatta termica. Penso che tale decisione, oltre che basata sull’innovazione per se, sia anche dettata dalle ricadute del caso Moncler: questi brand si presentano anch’essi come made in Italy e, nonostante il prezzo sia molto più contenuto, credo che certe innovazioni tecnologiche introdotte siano anche dovute dalla volontà di evitare di trovarsi in futuro a essere target di indagini giornalistiche come accaduto a Moncler. Se non altro, sebbene Moncler non abbia sbagliato nulla sui prezzi, a mio avviso, funge sicuramente da monito per altri retailer del settore, a prestare attenzione non solo ai prezzi, ma anche ai costi e rappresenta anche un incentivo a innovare.

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  45. L’obiettivo di ogni retailer è di far pagare ad ogni cliente il massimo che egli è disposto a pagare. E dato che Moncler non ha mai avuto problemi nel vendere il proprio prodotto, penso sia abbastanza difficile dire che la politica dei prezzi fosse sbagliata. Moncler appartiene al settore lusso e produce “high end clothing”, quindi il prezzo di vendita non incorpora solo i costi di produzione, ma anche un alto valore intangibile dato dal brand. I consumatori di prodotti Moncler sono consapevoli del fatto che i costi di produzione sono molto più bassi rispetto al prezzo di vendita, però continuano ad acquistarli per la passione, i sentimenti e le soddisfazioni che essi generano. Dal mio punto di vista, l’errore fatto da Moncler è stato quello di delocalizzare in altri paesi la produzione di questi prodotti che tutti consideravano “Made in Italy”. Quindi l’indagine in questione, non solo ha sottolineato l’enorme differenza tra prezzo di vendita e costi di produzione (differenza aumentata ulteriormente grazie al costo della manodopera molto più basso), ma ha messo in luce che in realtà in questo piumini di “Made in Italy” ne è rimasto ben poco. In questo modo, l’azienda ha perso una parte di credibilità davanti ai suoi clienti e ha visto anche scendere il prezzo delle sue azioni.

    Esiste, inoltre, un altro aspetto che Moncler dovrebbe cercare di controllare maggiormente soprattutto in questo momento, e questo è dato dall’indice di contraffazione dei suoi piumini. Questo è in continuo aumento e un brand i cui prodotti possono essere facilmente contraffatti perde valore e non è più apprezzato e voluto dai suoi clienti che sono molto sensibili.

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  46. Secondo me ogni azienda deve applicare il prezzo che ritiene giusto. Pensando da consumatore non comprerei mai una cosa che mi sembra troppo cara e a maggior ragione che non sia funzionale. Siccome la moncler produce uno dei migliori piumini in circolazione e ha gia una clientela molto fedele allora vuol dire che questo prodotto vende a discapito del suo prezzo (che ad alcuni sembra esagerato). Possiamo anche dire che un piumino del genere e a quei prezzi non sia accessibile a tutti ma questo vale per qualsiasi prodotto. Dal punto di vista della trasparenza è un problema che riguarda una grande parte di aziende. La stessa cosa e successa anche alla NIKE perché i suoi fornitori di terzo grado usavano il lavoro minorile. Queste aziende forse sapevano o forse no quello che stava succedendo ma una cosa del genere fa un grande danno al loro nome e di conseguenza ai loro ricavi. Sono comunque d’accordo con i miei collegi sul fatto che le aziende oggi giorno devono essere piu trasparenti possibile e dare al loro cliente il meglio.

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  47. Moncler, nel corso degli anni, ha investito molto sulla pubblicità, sulla seduzione e sulla experience, poichè innumerevoli sono le campagne pubblicitarie firmate da loro, cosi come i vari testimonial ingaggiati per sponsorizzare il brand. Per il marketing hanno quindi investito molto e su questo nessun dubbio dato che il messaggio è arrivato chiaro a coloro i quali sono disposti a comprare i loro prodotti arrivando a spendere una cifra tutto tranne che irrisoria…L’ accettare o meno un confronto sulla moralità di un prezzo alto è sbagliato perché fuorviante e fine a se stesso in quanto il prezzo elevato è di per sè giustificato dalla disponibilità dell’acquirente a comprare il prodotto, la quale di fatto è una scelta libera.

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